Dal Mondo
August 26 2021
La crisi afghana sta determinando delle ripercussioni sempre più negative per Joe Biden in politica interna. I sondaggi danno la popolarità del presidente americano in caduta libera, mentre parlamentari bipartisan lo hanno criticato per non aver prorogato il ritiro delle truppe oltre il 31 agosto. È in questa situazione particolarmente difficile che iniziano a farsi largo ipotesi di una sua uscita di scena. Va da sé che simili scenari siano avanzati (e auspicati) prevalentemente dal Partito Repubblicano. Tuttavia il fatto che stiano man mano montando rischia, per Biden, di rivelarsi un problema politico non di poco conto. Giusto ieri, il potente senatore del South Carolina, Lindsey Graham, ha aperto alla possibilità di un processo di impeachment contro il presidente. "Penso che dovrebbe essere messo sotto accusa", ha dichiarato. "Penso", ha aggiunto, "che Joe Biden meriti di essere messo sotto accusa perché ha abbandonato migliaia di afghani che hanno combattuto con noi e abbandonerà alcuni cittadini americani perché si è arreso ai talebani fino alla scadenza del 31 agosto".
Cominciamo col dire che è al momento improbabile che un eventuale processo di impeachment possa avere successo: la Camera – che deve istruire il procedimento a maggioranza semplice – è infatti attualmente in mano (per quanto risicatamente) ai democratici. Resta però il fatto che ad avanzare una simile proposta sia stato proprio Graham: una figura fortemente influente nel panorama politico americano e, tra l'altro, amico di vecchia data di Biden. Inoltre, non bisogna dimenticare che, nel novembre del 2022, si terranno le elezioni di metà mandato: dovessero nell'occasione i repubblicani riconquistare entrambi i rami del Congresso, avrebbero allora la possibilità quantomeno di avviare il procedimento. Anche perché, va detto, non ci sarebbero chissà quali impedimenti di natura tecnica. E questo soprattutto dopo il primo impeachment a cui è stato sottoposto Donald Trump nel 2019: un impeachment che, tirando in ballo un capo di imputazione vago come l'"abuso di potere", ha – come si suole dire – aperto il vaso di Pandora.
Ma l'impeachment non è l'unica ipotesi ventilata dalle parti dell'elefantino. Molti suoi esponenti stanno infatti chiedendo direttamente le dimissioni del presidente. Tra i primi a esprimersi in tal senso è stato, la settimana scorsa, lo stesso Trump. Una richiesta che, negli ultimi giorni, è stata condivisa anche da vari deputati repubblicani (da Byron Donalds a Jefferson Van Drew, passando per Andy Biggs). La presidentessa della Conferenza repubblicana della Camera Elise Stefanik ha dichiarato inoltre che Biden non sia adatto a ricoprire la carica, mentre il senatore Josh Hawley ha esortato l'intero team di politica estera del presidente a fare un passo indietro. Ricordiamo che finora l'unico presidente americano ad essersi dimesso sia stato Richard Nixon nel 1974, appena poco prima che la Camera si esprimesse su un eventuale processo di impeachment.
C'è poi un fronte ulteriore. Il senatore repubblicano Rick Scott ha infatti ventilato l'ipotesi di invocare il venticinquesimo emendamento per destituire Biden dall'incarico. "Dopo i disastrosi eventi in Afghanistan, dobbiamo affrontare una domanda seria: Joe Biden è in grado di adempiere ai doveri del suo ufficio o è giunto il momento di esercitare le disposizioni del venticinquesimo emendamento?", ha twittato il senatore la scorsa settimana. Ricordiamo che la sezione 4 dell'emendamento prevede che il presidente possa essere dichiarato inabile ad agire e possa quindi essere destituito. Non dimentichiamo in tal senso che, negli scorsi giorni, siano stati avanzati nuovi dubbi sulla lucidità mentale di Biden (un po' come avveniva già ai tempi della campagna elettorale dello scorso anno). Ora, l'eventualità che si riesca a procedere con il venticinquesimo emendamento è tecnicamente piuttosto difficile. Tuttavia – come nel caso dell'impeachment – il solo fatto che se ne stia parlando con sempre maggiore insistenza rappresenta un problema significativo per Biden. Certo: è pur vero che siano al momento solo i repubblicani a tenere posizioni tanto dure. Ma, come si accennava prima, l'Afghanistan ha notevolmente incrementato il malcontento dei democratici nei confronti del presidente.
Ma che cosa accadrebbe se quest'ultimo dovesse uscire ipoteticamente di scena prima dello scadere del mandato (vuoi per dimissioni, vuoi per destituzione)? La Costituzione prevedrebbe, in caso, una sua sostituzione con il vicepresidente Kamala Harris: un'altra figura che la crisi afghana ha gettato in una forte difficoltà politica. E che – forse – in questo momento tanto caotico non sta esattamente scalpitando per arrivare alla presidenza.