Calcio
July 02 2021
Con l'aumento di capitale che sarà perfezionato nei prossimi mesi il conto sale a 820 milioni di euro. Tanto hanno investito gli Elkann/Agnelli attraverso la Exor nella Juventus negli ultimi dieci anni, con l'accelerazione dal 2019 perché la quasi totalità della cifra messa dentro il club dall'azionista di maggioranza è recente: 300 milioni nell'autunno 2019 e ora i 400 massimo che dovranno coprire le perdite della crisi pandemica e rilanciare il progetto sportivo. Una montagna di denaro e non è tutto, perché sul mercato c'è anche un bond da 175 con scadenza nel 2024 che i maligni hanno ribattezzato 'Ronaldo bond' e che nella realtà è stato lo strumento utilizzato dalla società bianconera per razionalizzare parte del debito in un momento di vacche grasse.
Perché la Famiglia continua a investire e spendere nella Juventus, malgrado i numeri degli ultimi anni siano negativi? Dopo un rosso di circa 90 milioni nel 2020 la situazione non è migliorata, anzi. La stima è stata messa nero su bianco dagli amministratori bianconeri: 320 milioni persi in tre anni causa Covid in una condizione già di forte stress perché l'operazione Ronaldo, estate 2018, per la Juventus aveva il duplice significato di inseguire il sogno della Champions League e, soprattutto, rappresentare un volano per l'ultimo step di crescita nell'olimpo delle multinazionali del pallone. Al di là delle parole ufficiali di Andrea Agnelli, che continua a giudicare positivo il dossier CR7, la verità è che il Covid ha rappresentato per lui e per il club "la tempesta perfetta" (frase utilizzata nel giorno della presentazione del nuovo amministratore delegato Maurizio Arrivabene). Per uscire dalla quale la proprietà non ha potuto fare altro che ricorrere a uno sforzo straordinario.
Prima dell'all in su Ronaldo e sull'espansione commerciale del brand e prima ancora dello tsunami pandemico, però, le cose sono andate diversamente. E alla Juventus, ma non solo, non necessariamente il calcio è stato sinonimo di soldi buttati via. Anzi. L'aumento di capitale del 2011, ad esempio, è stato il carburante per un ciclo di vittorie e bilanci progressivamente sempre più in ordine fino al triennio 2014-2017 dei tre esercizi chiusi in positivo. Il decennio, firmato Andrea Agnelli, in cui il fattura è quasi triplicato da 172 a 621 milioni di euro senza più chiedere nulla alla proprietà. Quello è il modello che la Famiglia ha storicamente imposto al club e che dovrà tornare a essere il riferimento sotto l'occhio vigile di Maurizio Arrivabene, uomo di fiducia di John Elkann e vecchia conoscenza anche di Andrea Agnelli.
L'altra chiave è che il football è, nel suo complesso, un'industria cresciuta vertiginosamente negli ultimi vent'anni e che ha davanti teoricamente un ampio margine di ripartenza dopo il Covid. Una delle poche costantemente anticiclica come amano ricordarne i massimi dirigenti. Il fatturato globale del pallone in Europa è salito da 6 a 24 miliardi di euro all'anno dal 2000 al 2020 con tassi di crescita media del 12% annuo; lo ha fatto anche durante le crisi dei subprime nel 2008 o quella del debito sovrano del 2011. Solo il Covid l'ha fermata, alla vigilia di una rivoluzione che - nel pensiero degli investitori in mezza Europa - avrebbe potuto moltiplicarne diffusione e ricavi. Una sfida che attira capitali anche a costo di metterli in un sistema oggi sull'orlo del default. Non è un caso che i fondi made in Usa si siano mossi per entrare nel calcio europeo, attirati dai margini di rendita e sviluppo del business che dal 2022 ricomincerà a crescere.
Ultimo tema, la grande visibilità che la Juventus regala ai suoi padroni. E' sempre stato così, anche nell'epoca dell'identificazione totale con la Fiat e con la famiglia Agnelli. Ora i tempi sono passati, ma il legame resta saldo. La Juventus rappresenta insieme alla Ferrari uno dei due capisaldi dell'universo sportivo della Famiglia. Impossibile rinunciarci e immaginare uno scenario differente dopo un secolo vissuto insieme.