Calcio
March 17 2025
Juventus, i conti non tornano in campo e anche dietro la scrivania. La fallimentare stagione targata Cristiano Giuntoli e Thiago Motta rischia di allungare le sue ombre anche sul piano di riequilibrio economico e finanziario che la proprietà del club considera, non a torto, prioritario dopo aver immesso 900 milioni di euro nel capitale e registrato perdite per 861 dal 2020 al 2024. La ragione è semplice: nel business del calcio moderno stare dentro o fuori dalla ricca Champions League fa tutta la differenza del mondo e determina il budget a disposizione per il futuro. Soprattutto se le stagioni successive sono già state gravate dal peso di investimenti onerosi concentrati in pochi mesi e dilazionati per quattro anni.
Non deve sorprendere, insomma, che alla voce "Evoluzione prevedibile della gestione" in coda alla semestrale al 31 dicembre 2024 i manager della Continassa abbiano messo nero su bianco l'attesa di un "miglioramento rilevante rispetto all'esercizio 2023/2024" (quello del -199,2), ma anche la considerazione che lo stesso "sarà influenzato principalmente dai risultati sportivi" oltre che dal calciomercato. Nei primi, il rischio del flop totale è concreto se Thiago Motta non riuscirà a risollevare una squadra scivolata fuori dalla zona Champions League. Per i secondi, il rischio è di dover passare alla vendita dei gioielli di famiglia dal momento che l'estate scorsa Giuntoli ha già stressato notevolmente l'apporto delle plusvalenze e il player trading, esploso del 289,6% con un balzo di una cinquantina di milioni.
Ecco, le questioni di campo non sono disgiunte da quelle di bilancio e vale la pena analizzare da vicino la semestrale della rinascita per comprendere come la Juventus sia lontana dall'aver davvero intrapreso un percorso virtuoso. Il netto miglioramento del risultato, da un rosso di 95,1 a un utile temporaneo di 16,9 milioni di euro che ha fatto gridare al miracolo per l'opera di razionalizzazione e sutura degli errori del passato da parte di Giuntoli 'mani di forbice' contiene una verità dimostrata dai numeri.
Solo una piccola parte di quel saldo positivo di 112 milioni di euro è, infatti, legata alla riduzione dei costi. Quanto? Poco più di 12 milioni di euro di costi operativi che salgono a poco più di 18 considerando il personale tesserato. A parità di peso degli ammortamenti e delle svalutazioni che 60 milioni era e 60 è rimasto. Punto. A spingere la prima metà della stagione verso l'utile sono stati i ricavi e, dunque, il già citato player trading che ha portato un beneficio complessivo di 50 milioni di euro su cui si sono innestati i premi per la partecipazione alla Champions League (64,1 più 5,2 di incassi da stadio per le gare giocate nella prima fase).
Assorbite le voci negative della mancata presenza di uno sponsor di maglia e di un aggiustamento al ribasso nella vendita di prodotti e licenze, ecco che la quasi totalità dell'origine del miglioramento dei conti viene da voci non strutturali. E che ad oggi non si possono garantire come replicabili, soprattutto se la Juventus non riuscirà a riagganciare il quarto posto in classifica mettendosi alle spalle la crisi tecnica e tattica in cui è precipitata.
Il paradosso, insomma, è che l'attuale opera di sistemazione dei conti passa in larga parte dalla Juventus del passato: la scelta di puntare sulla Next Gen, cassaforte con le cessioni di tanti talenti, la qualificazione alla Champions League acciuffata da Allegri e quanto fatto nelle ultime due stagioni per valorizzare i giovani portati in prima squadra dalla Under 23. Molti tagli di stipendio erano solo scadenze fisiologiche di contratti (Alex Sandro, Rabiot) o prodotto di squalifiche (Pogba) mentre le cessioni che hanno alleggerito il monte ingaggi sono state bilanciate dagli investimenti sui cartellini.
Risultato? Senza Champions League si dovrà mettere mano a un nuovo Anno Zero bianconero, ma anche fosse agganciato il quarto posto per risalire dal -199, scontando gli errori di mercato delle ultime due sessioni, servirà lavoro duro perché la ristrutturazione dei costi non ha inciso in maniera determinante. Per intenderci: la sforbiciata agli stipendi è stata comparabile a quella prodotta nel 2023 quando ad Allegri, senza investimenti di mercato, si rinfacciava di guidare una rosa ricca che ricca non era.