Calcio
September 25 2020
In attesa di comprendere fino in fondo e in maniera completa i contorni del caso Suarez e al netto dei soliti titoli innocentisti e colpevolisti a priori, alcune considerazioni si possono fare su una vicenda che sta riempendo le pagine dei giornali e i dibattiti tra tifosi.
Intanto è innegabile che ci sia un retrogusto amaro ed eticamente inaccettabile in quanto si legge (seppure parziale e da contestualizzare anche con l'aiuto degli accusati, così come si farà eventualmente in processo): la corsia preferenziale per l'attaccante famoso, il mettersi a disposizione di quello ricco con stipendio da 10 milioni di euro e quel contorno di allusioni e risatine è uno specchio fedele di larga parte d'Italia. Funziona così, purtroppo, in tanti ambiti della vita sociale e civile del nostro Paese: nelle liste d'accesso per gli esami, nel rapporto con la burocrazia e in mille altre situazioni quotidiane. E' rivoltante e il caso Suarez aggiunge solo una perla alla collezione del cialtronismo all'italiana da cui non riusciamo ad affrancarci.
Dire che va così per tanti non solleva i protagonisti della storia di Perugia dal biasimo per le proprie responsabilità. Non vale il "così fan tutti" per provare meno disgusto dalla lettura (parziale) delle carte a disposizione. Chi si è messo a disposizione e chi ha sollecitato o provato ad approfittare di questa sottomissione hanno compiuto un tradimento delle proprie funzioni e del proprio ruolo. L'inchiesta penale dirà cosa è successo, svelando fino in fondo le pieghe della vicenda. Ad oggi, vale la pena ricordarlo, la Juventus è ritenuta dai magistrati in una posizione marginale e non rilevante.
L'altro punto che appare fermo oggi è la necessità, quasi l'obbligo, che anche la giustizia sportiva provi a mettere a fuoco tutta la vicenda utilizzando i propri strumenti e parametri che sono, come ormai hanno compreso tutti, paralleli e spesso svincolati da quelli della giustizia ordinaria. Per intenderci, ci può essere assoluzione in un tribunale dopo anni e sanzione immediata in quello sportivo o viceversa. Detto questo, la sensazione è che chi immagina una Juventus alle prese con penalizzazioni o peggio resterà deluso. Lo raccontano i precedenti e il tariffario utilizzato dallo sport per giudicare storie che hanno a che fare con documentazioni, tesseramenti e affini. Magari non sarà una bolla che scoppia, ma alla fine la montagna dell'indignazione di questi giorni potrebbe partorire il topolino di una sentenza molto amministrativa e molto poco sportiva.
Ciò non toglie (ultima riflessione) che sorprende come la Juventus si sia fatta trovare incastrata in una vicenda al limite del surreale. Dal balletto dei numeri '9' al dibattito sull'esame di italiano di Suarez e sui tempi della cittadinanza, già dall'inizio era chiaro ai più attenti osservatori che ci si trovava davanti a una forzatura. Chi l'abbia commessa è materia per avvocati e giudici, ma dal punto di vista dell'immagine il club bianconero non ne esce bene. Abituato a programmare come un orologio svizzero, a muoversi sempre con attenzione e spesso coperto fino al momento degli annunci, il gruppo dirigente juventino ha vissuto per giorni allo scoperto inseguendo un traguardo che appariva distante e difficile da cogliere.
Le cronache raccontano che qualche giorno prima della data fatale del 17 settembre la Juventus abbia deciso di mollare Suarez al suo destino a procedere oltre, come poi è stato. Eppure c'era chi sollevava da fine agosto il tema dei tempi burocratici e, si è scoperto ora, il diretto interessato non era probabilmente nemmeno in grado di sostenere un esame vero in un arco temporale ristretto. Quindi Suarez è stata il canto di una sirena, una fascinazione pericolosissima che nessun ha avuto la lucidità di non ascoltare. Il prezzo di questo errore è la gogna mediatica di questi giorni, l'imbarazzo palpabile e quello che avverrà dopo, qualunque sia la forma della sanzione (se arriverà). Quello che è successo non è da Juventus. Prenderne atto è un primo passo.