Calcio
October 10 2022
La crisi in cui si è avvitata la Juventus di Massimiliano Allegri, con il tecnico sul bando degli imputati e la società pronta anche al pugno duro pur di raddrizzare la stagione, non è solo una questione tecnica. Anzi. Non arrivare allo scudetto nell'anno del centenario della proprietà della famiglia Agnelli (luglio 2023) spiacerebbe certamente a Torino e farebbe riflettere sulle scelte degli ultimi anni ma non impatterebbe sul futuro. Cosa che, invece, accadrebbe in caso di clamorosa mancata qualificazione alla prossima Champions League chiudendo il campionato oltre il quarto posto già acciuffato in extremis con Pirlo nel 2021 e con il primo Allegri nel 2022.
E' questa la linea di trincea su cui alla Continassa ci si attesta pensando a cosa accadrà da qui a giugno, quando il campionato di chiuderà avendo consumato il calendario più anomalo di sempre. Ed è una linea che serve per evitare alla proprietà nuovi dolorosi interventi per garantire la continuità dell'azienda bianconera, già messa in sicurezza con il doppio aumento di capitale da 700 milioni di euro che ha coperto perdite sempre crescenti, causate dal Covid e non solo, culminate con il -254 da record dello scorso 30 giugno 2022.
E' scritto nei documenti di bilancio e nelle previsioni sui conti dei prossimi mesi. Il presupposto perché la Juventus torni ad avvicinarsi all'equilibrio (ora distantissimo) è che non venga meno l'apporto dei premi Uefa per la competizione più ricca. Dal 2012 al 2022, da quando cioè i bianconeri sono rientrati nell'Europa che conta, non è mai accaduto e il flusso di denaro da Nyon a Torino è stato enorme: 806 milioni di euro in 10 anni più gli incassi e i benefici nei rapporti con gli sponsor. Una montagna di denaro quantificabile in un centinaio di milioni per stagione senza i quali tutto va ridimensionato.
Nessuna azienda potrebbe incassare senza scossoni un crollo di un quarto del proprio fatturato, rimanendo a costi inalterati. La Juventus a maggior ragione dopo aver inanellato perdite per 612 milioni dal 2017 al 2022, per colpa della pandemia e non solo. Questa è la posta in gioco nei prossimi mesi ed è per questo che Allegri non può fallire e non possono sbagliare i dirigenti che devono decidere del suo futuro: esonerarlo? Costa tanto ma potrebbe essere la soluzione a patto di avere in mano un nome garantito sul quale investire, un po' come accaduto a gennaio anticipando l'arrivo di Vlahovic dopo l'infortunio di Chiesa.
Oggi questa certezza non c'è e anche per questo Allegri rimane saldo al suo posto. Se il girone della Champions League in cui i bianconeri sono spalle al muro, si dovesse risolvere con l'eliminazione il piatto piangerebbe per almeno 20 milioni di euro tra premi e incassi, costringendo la società a correggere le previsioni di bilancio che descrivono lo scenario del passaggio agli ottavi di finale come obiettivo minimo. Sarebbe, però, una perdita ammortizzabile con una piccola manovra correttiva a differenza della corsa al quarto posto in Serie A. Su questo la Juve si gioca presente e, soprattutto, futuro.