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November 04 2014
Questione di stile. E di attitudine. Febbraio 2013, vigilia di Juventus-Siena, tappa importante pure se non decisiva nella corsa scudetto. Antonio Conte, capitano di lungo corso della portaerei bianconera, sale sul palco e arringa la folla: “Lo stadio sia una bolgia, è la gara della vita”. Il popolo di fede juventina risponde presente e lo Stadium si trasforma in un'arena. La Juve vince e convince: finisce 3-0 e Conte ringrazia. Novembre 2014, vigilia di Juventus-Olympiacos, snodo cruciale della stagione per la Vecchia Signora al ballo della Champions League. Massimiliano Allegri, erede non designato dell'attuale commissario tecnico della Nazionale, incrocia il microfono e spiega: “Spero in un'atmosfera bellissima, di vera tensione sportiva, di grande attenzione”. Dalla chiamata alle armi in stile generale Custer al piglio elegante alla Richard Gere nell'evergreen “Ufficiale e gentiluomo”. Altro spartito, altra musica.
Allegri si è preparato all'esame di greco che vale mezza stagione con la serenità apparente che contraddistingue da sempre il suo approccio alle partite che contano. Allegri non seduce, propone e suggerisce. Non incanta, quasi mai, eppure produce. Ha raccolto le insegne di Conte con risultati di tutto rispetto. Con lui al comando, la Juve è inciampata soltanto tre volte, una in campionato (vedi il k.o da romanzo sul campo del Genoa) e due in Champions League, entrambe le volte lontano da casa. Prima nella tana dell'Atletico Madrid vicecampione d'Europa, poi a due passi dal Partenone nel salotto dell'Olympiacos. Due scivoloni nelle prime tre partite del girone. Il male peggiore. Sì, perché stasera è già sfida da dentro o fuori con la squadra che due settimane fa il prof con i guantoni Roberto ha messo in punizione dietro la lavagna. Il tormento inizia al 35' del primo tempo sulla linea Dominguez-Mitroglou-Kasami. La Grecia a strisce biancorosse esulta, l'Italia in maglia blu da trasferta sprofonda nel silenzio (clicca qui per leggere l'analisi della partita)
Sul Pireo la Juve annaspa e vacilla per 45 lunghissimi minuti, tornando negli spogliatoi come un pugile suonato e privo di energie. Poi, si rialza e prova a rimettere in riga la partita, sbattendo il muso contro le mirabilia del portiere Roberto, che una ne pensa e cento ne salva. La classe operaia va in paradiso e lascia la truppa bianconera a riflettere sulle sue colpe. Che fanno male come un calcio negli stinchi ma che per fortuna potrebbero trovare soluzione nelle prossime tre gare. Lo dice la classifica. Il girone A della Champions League vede al comando l'Atletico Madrid a 6 punti con un saldo reti di +5. Segue l'Olympiacos, che di punti ne ha sei ma vanta una differenza reti meno sfavillante (4 fatti e 4 subiti), quindi la Juve a punti 3 (2 fatti, 2 subiti), come il fanalino di coda Malmoe (2 fatti, 7 subiti). Conti alla mano, se la banda Allegri riuscisse a fare bottino pieno in almeno due partite, magari stasera contro l'Olympiacos e il 26 novembre in Svezia, potrebbe prendere a braccetto l'Atletico per un giro negli ottavi di finale.
E se vittoria deve essere, vittoria sia. Se possibile, con almeno 2 gol di scarto per far pendere nel verso giusto il bilancio degli scontri diretti. Peccato che la Juventus arrivi a questo appuntamento con l'infermeria colma di difensori. Caceres, Barzagli, Evra e Marrone sono ancora indisponibili per ragioni diverse e Ogbonna è a mezzo servizio. E allora, ecco che potrebbe prendere forma la rivoluzione varata da Allegri nei giorni del ritiro estivo: il 4-3-1-2. Con Chiellini e Bonucci al centro della difesa e Asamoah (è acciaccato, ma dovrebbe essere nell'undici titolare) e Lichtsteiner sulle fasce, pronti ad accendere la miccia in fase offensiva ma pure lesti a ripiegare quando il pallino del gioco sarà dell'Olympiacos. In mezzo al campo, il rombo delle meraviglie con il terzetto Pogba-Pirlo-Marchisio a dettare tempi e ritmi della manovra e Vidal libero di inventare e di scaldare le mani di Roberto. La coppia di attaccanti è insieme esplosiva e straripante, giovane ed esperta: Tevez l'assaltatore e Morata l'apprendista stregone. Il giovane spagnolo, anni 22, alla seconda da titolare dopo le ottime prove delle ultime settimane, potrebbe prendere il posto del connazionale Llorente al centro dell'attacco bianconero. Su questo Conte e Allegri la pensano allo stesso modo: gioca chi è più in forma. Sempre e comunque.