Strazio Juventus: presa la Champions ora bisogna rifondare

Max Allegri si è rifiutato di definirlo il punto più basso della sua avventura juventina. A caldo, dopo lo sconfortante pareggio con la retrocessa Salernitana, il tecnico ha preferito ricordare come la qualificazione ottenuta alla Champions League significhi per i bianconeri la 13° partecipazione consecutiva alla massima competizione europeo (una cancellata dai giudici), ma la sensazione di essere arrivati in fondo alla discesa è stata forte per tutti.

Seppure col fiatone, la Juventus si è presa l'obiettivo stagionale: rientrare nell'Europa che conta. Risultato vitale per programmare con più calma il futuro grazie ai ricavi da almeno 60 milioni di euro che aiuteranno la società dopo stagioni di passivi di bilancio spaventosi. Non ci sarà Allegri, a meno di sorprese non più pronosticabili, mentre per Cristiano Giuntoli che da un anno lavora alla Continassa sarà arrivato il momento di lasciare il segno sul progetto per il quale è stato chiamato da Elkann al capezzale della Vecchia Signora.

Al netto del dibattito sui colpe e meriti di Allegri, la verità è che da tempo immemore la Juventus non si presentava ai nastri di partenza con una squadra così limitata e mediocre come quantità e qualità. Per mezza stagione ha sognato in grande, poi è implosa. Demerito del tecnico, certamente, ma limitarsi alla figura dell'odiato Max rischia di far perdere di vista l'agenda dei lavori che dal giorno dopo la prossima finale di Coppa Italia - qualunque sia l'esito - deve rappresentare la road map della rifondazione bianconera.

1 - Da giovedì 16 maggio non ci saranno più scuse per arrivare al punto sul futuro della panchina. Se non per l'annuncio del prossimo tecnico (Thiago Motta quasi sicuro), almeno per far cadere il velo sulla bugia pietosa del confronto necessario con Allegri per discutere della prossima stagione e di un sempre meno eventuale prolungamento di contratto. Prima si chiarisce che il toscano saluta, meglio è per tutti visto che l'ambiente intorno a lui è tossico da troppo tempo;

2 - Giuntoli ha vissuto un anno al riparo di una situazione non creata da lui ma semplicemente gestita. E' arrivato tardi nel luglio scorso, senza risorse e con uno staff per metà suo. Ora tutti gli alibi sono caduti e si deve cominciare a vedere il senso del suo lavoro partendo dalla comunicazione. La verità è che non basteranno una sessione di mercato e la suggestione di un nuovo allenatore al posto del ripudiato Allegri per far colmare alla Juventus il gap con l'Inter e non solo. Dunque, bisognerà spiegare che il progetto prevede passi interlocutori (obiettivo qualificazione Champions League) e non l'assalto allo scudetto, ma bisognerà farlo trovando le parole giuste;

3 - Vlahovic e Chiesa: il nodo dei contratti non è più rinviabile. O si torva un accordo o devono partire. Il serbo sembra essere la pietra angolare su cui Giuntoli vuole costruire il nuovo attacco mentre l'azzurro va verso un rinnovo ponte per poi vedere cosa riserva il futuro. Se sarà così, bisogna scoprirlo a giugno perché non ci siano fraintendimenti e perdite di tempo;

4 - Qual è il titolare sacrificato sull'altare del bilancio? Il mercato dovrà essere in buona parte auto finanziato e, dunque, qualcuno deve partire. Non basta il tesoretto dei giovani che hanno fatto bene in prestito in giro per l'Italia. L'indiziato è Bremer che aprirebbe, però, una voragine in difesa;

5 - Il centrocampo è da rifare da cima a fondo. La rosa di quest'anno ritroverà Fagioli e perderà Rabiot, nel senso che scade e va 'riacquistato' o sostituito. E' il cuore di tutto, la zona di campo dove Allegri ha avuto il materiale più scarso possibile e ha fatto miracoli. Nessuno dei suoi colleghi nelle prime 6-7 posizioni della classifica avrebbe fatto cambio. Forse il solo Thiago Motta che, però, difficilmente si accontenterà di ereditare da Max quello attuale o poco più.

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