Lifestyle
March 23 2017
"I due fratelli sono stati arrestati. Rocco è incensurato, parliamo con Rocco". Parole che Andrea Agnelli ha (avrebbe) detto ad Alessandro D'Angelo, security manager della Juventus, contenute in un'intercettazione citata dal procuratore della Figc Pecoraro davanti alla Commissione Antimafia e che proverebbero la conoscenza da parte del presidente del club del profilo malavitoso di Rocco Dominello e la sua storia familiare di rapporti con la 'ndrangheta.
Il giallo delle carte apparse nell'inchiesta sui presunti legami tra la Juventus e gli ultras, con sospetto di infiltrazione della malavita organizzata nella gestione dei biglietti dello Stadium per garantirsi la pace con la curva, ruota intorno a quelle dodici parole. Stralcio di un'intercettazione che non compare nelle migliaia di pagine di atti messe a disposizione dalla Procura di Torino e che la Commissione Antimafia e la Juventus hanno studiato. Ma che il procuratore Pecoraro ha citato nella sua audizione secretata a inizio marzo - così ha detto Stefano Esposito nel corso dell'audizione in Commissione - e che, se vera, inchioderebbe Agnelli. Oppure, al contrario, andrebbe spiegata perché su di essa poggia gran parte del teorema sul legame tra la Juve e le cosche.
IL PROCESSO SPORTIVO: ECCO COSA RISCHIANO LA JUVENTUS E AGNELLI
Un vero giallo che ha spinto alcuni componenti la Commissione a chiedere di verificare con la Procura di Torino l'esistenza di intercettazioni non fornite. E che rappresenta il cuore della vicenda. Perché un conto è ammettere e ricostruire i rapporti con i capi ultras - circostanza peraltro non negata nemmeno dal presidente della Juventus -, un altro è avere la prova che il numero uno sapeva di essersi affidato alla 'ndrangheta per non avere problemi allo Stadium.
L'intercettazione inedita e le domande senza risposta
Se l'intercettazione esiste davvero, giustificherebbe quanto scritto dalla Procura Figc nel deferimento per Agnelli e la Juventus, con il sospetto di "collaborazione" con la criminalità per gestire la curva. Ma allora non è chiaro perché il procuratore Pecoraro non l'abbia inserita nelle venti pagine del dispositivo di cui ne è stata resa pubblica solo una parte qualche ora dopo che lo stesso Agnelli in conferenza stampa aveva informato i giornalisti sul ricevimento dell'atto.
E se l'intercettazione esiste - circostanza che metterebbe Agnelli in posizione di forte imbarazzo - è anche necessario capire perché non sia andata ai legali e alla Commissione Antimafia e sia finita, invece, nelle mani della Procura Figc.
Se, invece, quanto riportato da Pecoraro e citato dal senatore Stefano Esposito prima della richiesta di desecretare gli atti non corrisponde ad alcun documento esistente o ne è una interpretazione forzata, cadrebbe la ricostruzione della consapevolezza di Agnelli di avere a che fare con un personaggio dalla storia familiare legata alle cosche e Pecoraro dovrebbe spiegare come sia stato possibile citarla. Di conseguenza verrebbe meno la parte più dura e del deferimento, quella che ha spinto il legale della Juventus a dire "ammettiamo quanto viene contestato sulla gestione dei biglietti, ma quello che non consente di andare dal procuratore federale a chiudere la partita (patteggiando ndr) è che c'è un'affermazione non vera". Ovvero che la Juve era a conoscenza del profilo di Dominello.
Il duello davanti all'Antimafia sulla conoscenza Agnelli-Dominello
Il caso è scoppiato nel corso della seconda e ultima audizione dell'avvocato Chiappero davanti alla Commissione Antimafia che si sta occupando dei rapporti tra i club di calcio e il mondo degli ultras. Davanti all'ennesima negazione di "rapporti amicali" tra Agnelli e Rocco Dominello con traccia di un unico possibile incontro avvenuto alla presenza del presidente, ma nessuna intercettazione diretta o indiretta che provi la consapevolezza del profilo dell'interlocutore, la presidente Rosy Bindi ha citato intercettazioni e documenti forse non in possesso della difesa.
LA DIFESA DI AGNELLI: "ACCOSTAMENTO INACCETTABILE, INFANGATO IL NOME DELLA JUVENTUS"
Poi l'Huffington Post ha pubblicato un estratto del deferimento della Juventus e di Agnelli da parte della Procura Figc con due intercettazioni e il riassunto di un interrogatorio dello stesso Dominello. Prima una telefonata tra Agnelli e il security manager Juventus, Alessandro D'Angelo, dell'agosto 2016 per ricostruiore l'incontro avvenuto con i capi ultras alla presenza del presidente ("So che erano lì.. io ogni volta che li vedevo, quando li vedevo a gruppi, facevo scrivere sempre le cose sui fogli perché nella mia testa era dagli importanza").
Poi un'intercetteazione del marzo 2014 nella quale Agnelli, parlando di Loris Grancini capo del gruppo dei Viking, dimostra di conoscere bene il suo curriculum criminale ("Il problema è che questo ha ucciso gente" dice a D'Angelo che risponde: "Ha mandato a uccidere"). Non Dominello, ma comunque un malavitoso con accesso - secondo la Procura Figc - ai più alti livello della società torinese per la gestione dei biglietti da dare ai gruppi ultras per garantirsi la pace.
"Strumentale associare il nome Juventus alla 'ndrangheta"
Che il clima sia teso lo dimostra anche l'iniziativa di due componenti della Commissione Antimafia (Stefano Esposito e Massimiliano Manfredi) che, oltre a chiedere chiarimenti sugli atti 'fantasma' citati a Pecoraro, hanno messo nero su bianco una smentita dell'accostamento tra il nome della Juventus e la 'ndrangheta. "Spiace rilevare come si continui, da parte di molti, ad avvalorare l'idea di una contiguità tra vertici della Juventus e la 'ndrangheta" è scritto in una nota che parla di "campagna mirata" e di interpretazione "strumentale" del contenuto delle audizioni.
Tra l'altro tutto avviene nelle ore in cui il Gup di Torino ha negato alla Questura il Daspo di 8 anni chiesto per Loris Grancini, ritenuto elemento pericoloso da chi si occupa dell'ordine pubblico allo Stadium. Libero di tornare in curva anche subito.