Calcio
January 20 2021
Quattro giorni dopo la sconfitta più brutta degli ultimi dieci anni, attraversata dal dibattito sulla fine di un ciclo glorioso e lunghissimo, la Juventus si è ritrovata per una sera e ha alzato al cielo (freddo) di Reggio Emilia la Supercoppa Italiana. La nona della sua storia e con un gusto particolare perché rappresenta il primo trofeo per Andrea Pirlo allenatore, arrivato alla panchina numero 25 della sua vita. Piange il Napoli, incapace di riproporre la qualità espressa contro la Fiorentina, a tratti troppo timoroso e tradito dall'errore di Lorenzo Insigne dal dischetto quando una dormita di McKennie gli ha consegnato la palla del pareggio. Il capitano dei partenopei ha sbagliato, Ronaldo no e il suo sinistro sotto misura dopo rimpallo su Bakayoko non ha lasciato scampo a Ospina. Il raddoppio di Morata nell'ultima azione ha messo il sigillo.
Non è stata una bella partita. Anzi. Lenta, bloccata, una serie di lunghi fraseggi orizzontali con pochissime occasioni da una parte e dall'altra. E se per la Juventus era comprensibile il timore di bucare l'appuntamento, attirandosi addosso altre critiche e riflessioni dopo l'inizio altalenante di stagione, non è semplice spiegare perché il Napoli abbia rinunciato al calcio verticale che Gattuso gli ha insegnato. I bianconeri hanno vinto meritatamente pur non potendo dire di aver superato problemi e difetti. Due volte sono stati salvati da miracoli di Szczesny, ma in generale hanno messo in campo un'attenzione e un atteggiamento totalmente mancati nel match di San Siro contro l'Inter. Fare peggio era impossibile e la squadra di Pirlo ha dato l'impressione di aver fatto tesoro degli errori.
Il successo regala a Pirlo altro tempo, proprio quando sul suo orizzonte si addensavano le nubi della critica e dei nostalgici di Allegri e della Juventus cinica e feroce che non c'è più. Ha vinto dove perdere avrebbe rappresentato il primo fallimento della stagione. "L'importante era vincere e acquisire fiducia" ha detto Ronaldo alla fine con una lettura lucida della situazione, perché il lavoro che attende il tecnico bianconero è lunghissimo, ma ha bisogno soprattutto che si rinnovi il credito iniziale che si stava consumando col passare delle settimane. Se basterà questa Supercoppa lo diranno i prossimi mesi. A occhio la Juventus resta una squadra a metà di una traversata tra passato e futuro, con uomini chiave ormai lontani dal meglio e i più giovani che mancano della stessa qualità e, soprattutto, dell'abitudine a giocare con addosso una maglia così pesante.
Le lacrime di Insigne sono, invece, la fotografia di questo Napoli. Una sorta di vorrei ma non posso, una costante promessa disattesa. Gattuso ha preso la squadra da Ancelotti e l'ha ricostruita, ma davanti al peggior Barcellona del decennio non è riuscito a fare l'ultimo passo. E in questa stagione ha già perso tanto. Troppo. Sia in campionato (5 partite) che nella gara che valeva molto anche per le polemiche che l'hanno accompagnata. Capita spesso e non può essere solo un caso.