Tecnologia
August 21 2012
Tra un paio di settimane la software house Kaspersky Lab presenterà in Italia la collezione antivirus 2013 e lo farà con la testa altrove. Giusto un mese fa Wired aveva lanciato delle frecciatine al co-fondatore Eugene Kaspersky considerato come capo di un team che “non ufficialmente” lavora per i servizi di sicurezza russi. Il bello è che è lo stesso Eugene ad ammettere che “è normale per una società antivirus collaborare con le autorità governative per sconfiggere i criminali informatici”. Per far ingoiare la pillola paragona il suo lavoro (quello dei Lab) a quello dell’archeologo Indiana Jones che si trovava di frequente a consultarsi con il governo degli Stati Uniti.
I dubbi sul lavoro del CEO, come spia del KGB, erano sorti già un paio di anni fa quando anche il Guardian aveva titolato “l’uomo che combatte i cyber criminali è un ex-KGB” in un articolo per il quale il quotidiano britannico ha poi dovuto pubblicare delle scuse.
Perché allora distanza di un mese la stampa ritorna sulla questione? Attualmente sui media di tutto il mondo impazzano messaggi di solidarietà e di critica al caso delle Pussy Riot, condannate per aver cantato una canzone anti Putin nella cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca.
Poche ore fa è stato rivelato che il sito del tribunale Khamovniceski di Mosca, dopo la condanna delle giovani musiciste, è stato hackerato. Cosa c’entra in tutto questo Eugene? Pare che (a detta di Wired USA) nel sistema antivirus utilizzato dal governo russo (e agenzie connesse) ci sia proprio la mano dei Kaspersky Lab.
La homepage del sito istituzionale è stata sostituita con uno slogan di solidarietà e un video musicale di carattere omosessuale di un artista bulgaro (qui uno screenshot). Certo Wired non poteva sapere dell’attacco hacker di qualche ora fa, ma le frecciatine lanciate nell’articolo di Noah Shachtman ora assumono un rilievo maggiore. In particolare, l’autore ricorda come anni fa il capo del settore "vendite e marketing" di Kaspersky, Garry Kondakov gli avesse detto che la società sarebbe potuta andare in bancarotta se non fosse stato per una serie di accordi sulla fornitura di software anti-virus alla Banca Centrale della Russia. Sembra che gli accordi di collaborazione tra governo e software house siano cominciati allora. Oggi i Kaspersky Lab sono tra le poche aziende autorizzate dal Servizio di Sicurezza Federale Russo (FSB) a vendere software di sicurezza antivirus al governo e alle agenzie strettamente connesse.
Sarà per questo che Kaspersky è sempre stato restio a parlare di eventuali rapporti con la Mosca ufficiale: ora che si riesce a comprendere qualche intreccio in più lo sarà ancora di meno.
Non è un caso poi che Eugene abbia preso posizioni sulla politica internet praticamente identiche a quelle assunte dal governo russo che ha di recente approvato un disegno di legge che prevede una black list di siti che promuovono temi “estremisti” e “attività illegali”.
Lo stesso Eugene aveva affermato in una conferenza dello scorso febbraio: “I social network danno troppa libertà consentendo alle persone di manipolare gli altri pubblicando notizie fasulle”. Quando il figlio di Kaspersky è stato rapito nell'aprile del 2011 (il 19 del mese per l'esattezza), il giornalista di Wired afferma di aver avuto una chiacchierata con Eugene che gli aveva rivelato come le sue conoscenze con il governo avevano dato i loro frutti: infatti Ivan Kaspersky venne liberato nel giro di tre giorni. La polizia e l’FSB avevano immediatamente cominciato a lavorare per rintracciare i rapitori, arrestati immediatamente. Lo stesso Eugene aveva poi accettato di apparire in un documentario nel quale il rapimento del figlio veniva usato come primo esempio sul fatto che i social network sono pericolosi.
In una risposta all’articolo su Wired, Kaspersky afferma dal suo blog: “La missione della nostra azienda è quella di combattere la criminalità in tutto il mondo insieme ai colleghi del settore. Noi non lo facciamo solo perché sembra è la nostra attività ma anche perché crediamo che proteggere il mondo dai malware sia estremamente importante e continuerà a permetterci di vivere in una società migliore, più sicura, più aperta ed efficace . E’ il nostro principio di base per cui lavoriamo con fermezza e lo sarà sempre.”
Ci sono un sacco di motivi per i quali Eugene Kaspersky e il Cremlino starebbero lavorando assieme. Quello di porre rimedio al dilagare di dissensi sul web sociale è solo uno. Di certo di mezzo potrebbe esserci un banale accordo di fornitura di software di sicurezza al governo, il che sarebbe anche normale vista la fama e il modo di lavorare dei Kaspersky Lab, sempre pronti a fronteggiare le minacce più incombenti. L’interrogativo semmai è un altro: può succedere che una società assieme ad un governo possa sviluppare un software che dice di proteggere il computer e magari traccia tutto quello che gli utenti fanno sul web? Non sono semplici “paranoie da guerra fredda” (come le ha apostrofate Eugene), ma veri dubbi sulla sicurezza e la privacy di tutti noi.
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