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October 13 2014
Il dilemma della Turchia: tra Pkk e Isis
La Turchia smentisce gli Stati Uniti: Ankara non ha ancora deciso se concedere le basi sul suo territorio, compresa postazione a 130 kmdal confinesiriano,per le operazionicontro i militanti dello Stato islamico in Siriae in Iraq. Avrebbe dato invece la sua disponibilità ad addestrare 4 mila combattenti dell'opposizione siriana per combattere contro l'Isis. Al contempo ha frenato sulla possibilità di aprire un corridoio lungo il confine turco-siriano per far passare uomini e armi adducendo motivazioni che spiegano, meglio di qualsiasi altro esempio, in quale dilemma si dibatta oggi Ankara. «La Turchia non può dare armi e né consentire il ritorno (a Kobane) dei civili (curdi) che chiedono di andare a combattere con gruppi terroristi» - ha detto il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu - laddove «i gruppi terroristi» non sono gli uomini dell'Isis, ma i militanti della resistenza siro-curda a Kobane legati a doppio filo al Pkk, i guerriglieri curdi contro cui Ankara combatte da decenni una guerra sanguinosa. Due passi avanti, uno indietro.
La presa di Kobane, questione di immagine
Per un movimento che si è alimentato finora attorno al mito dell'«invincibilità», che sa fare un uso cinico e disinvolto dei mezzi di comunicazione di massa grazie anche alle «competenze» fornite dagli jihadisti cresciuti in Occidente, la presa di Kobane, la città siro-curda a poche centinaia di metri dal confine turco, è al di là del suo significato militare (che Washington definisce non prioritario) il miglior biglietto da visita per vincere la battaglia decisiva: quella della comunicazione. E che questo sia uno dei campi di battaglia preferiti dai miliziani lo dimostra l'ultima provocazione messa in pagina dalla sua rivista online Dabiq (scaricala qui, ndr): una bandiera dell'Is che sventola sul'obelisco in piazza San Pietro. Ecco spiegato il motivo dei rinforzi in massa inviati dall'Isis per conquistare questa città, che sarà anche - come dice il segretario di Stato Usa John Kerry - «non strategica» militarmente ma lo è diventata da un punto di vista mediatico, non solo in Occidente ma anche tra le masse arabe ancora incerte.
Alle porte di Baghdad
È impossibile sapere quanto sia realistica la notizia - rilasciata dal Telegraph, che cita un anonimo alto funzionario iracheno - di «10mila jihadisti dell'Is alle porte di Bagdad, pronti a sferrare un attacco alla capitale irachena». Secondo quanto ha rivelato il capo di stato maggiore interforze Usa, generale Martin Dempsey alla Abc, i jihadisti dello Stato islamico hanno nel mirino l'aeroporto di Baghdad. In guerra le informazioni - vere, presunte, false - non sono mai imparziali. Le incertezze sul terreno ci sono, ma risulta difficile immaginare una presa di Baghdad oggi, senza che Washington e il governo locale muovano un dito.