L'Italia riscopre il suo sottosuolo. Al vaglio il piano per riaprire le miniere

A.A.A cercasi terre rare.

Parliamo di un gruppo di elementi chimici che sono fondamentali per la transizione energetica, su cui l’Unione europea sta puntando. Alcune di queste risorse sono infatti indispensabili per la realizzazione e il funzionamento di turbine eoliche, pannelli fotovoltaici e veicoli elettrici. Di conseguenza, le terre rare stanno acquistando sempre più rilevanza nell’economia mondiale. Secondo l’International energy agency saranno due i mercati che trascineranno la domanda: le reti elettriche e le batterie (per la produzione di macchine elettriche). Lato commerciale il report sottolinea come il rame rappresenterà circa un terzo del valore totale dei minerali rari, mentre il litio e il nickel avranno una quota di quasi il 25% a testa. Percentuali che per il momento rappresentano delle previsioni, ma che evidenziano l’importanza crescente di questi elementi, tanto che per la Iea nel 2050 il 50% del valore delle commodities legate al mondo dell’energia sarà rappresentato dalle materie prime critiche.

Questo rende importante la produzione delle terre rare. Il progetto dell’Ue della transizione verde si scontra con la forte dipendenza di questi materiali da paesi terzi. Il primo della lista è la Cina che rappresenta il principale produttore di terre rare al mondo, nonostante la sua quota di mercato, negli ultimi dieci anni, si sia progressivamente ridotta, passando dal 98% del 2010 al 60% del 2021. La percentuale sale all’85% nella fase di lavorazione. La Cina infine produce ben il 90% dei magneti a base di terre rare, usati nei dischi rigidi dei computer e che fanno parte anche dei meccanismi di azionamento di motori elettrici e ibridi.

Proprio per questo che l’Ue sta cercando di rendersi sempre più indipendente. Entro il 2030 l’obiettivo è avere il 10% dei minerali critici estratti dal territorio comunitario e un ulteriore 15% proveniente dal riciclo dei prodotti già presenti in Ue. A questo si aggiunge anche la volontà di avere almeno il 40% della lavorazione dei minerali sul suolo dell’Ue.

In questo contesto si inserisce dunque la caccia alle terre rare avviata da Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy che ha spiegato come l’Unione europea ha definito 34 materie prime critiche, di cui 16 considerate strategiche per la transizione ecologica e digitale, l’aerospazio e la difesa. “In Italia possediamo 16 di queste 34 materie prime critiche, ma si trovano in miniere che sono state chiuse 30 anni fa". Occorre dunque Dunque, “investire e riattivare queste potenzialità, riaprendo le miniere", sottolinea il ministro.


Situazione italiana

Secondo l'Atlante dei dati ambientali 2023 realizzato dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) dal 1870 ad oggi sono stati in attività 3.016 siti minerari. Nel 2020, a fronte di sole 94 concessioni minerarie ancora in vigore, 76 risultano realmente in produzione. Le regioni dove ci sono più miniere attive si trovano soprattutto in Sardegna, Piemonte e Toscana ma non si concentrano sull’estrazione di minerali metalliferi. Secondo l'Ispra "le attività minerarie chiuse o abbandonate prima dell'entrata del Dlgs 117/08 hanno lasciato grandi quantitativi di rifiuti estrattivi stoccati in strutture di deposito (cumuli e bacini) anche di notevoli dimensioni". Per esempio "solo nel distretto minerario sardo ne esistono" grandi quantità, "con un elevato impatto ambientale ma anche con notevoli quantitativi di materiali recuperabili, tra cui anche diversi CRMs (materie prime critiche)”. Attualmente - rileva l'Ispra - "sono stati censiti 562 siti. Per recuperare materie prime seconde si devono superare gli attuali vincoli normativi". Per quanto riguarda le materie prime critiche metalliche - fa presente l'Istituto - "l’Italia è totalmente dipendente dai mercati esteri” dato che “la coltivazione di minerali metalliferi è stata progressivamente abbandonata". Secondo il governo sul nostro territorio ci sarebbero dunque alcune terre rare importanti come il cobalto, il nichel e il litio, ma anche “rifiuti minerari abbondanti”, che servono per le batterie elettriche e pannelli solari. La caccia alle materie prime rare è dunque aperta.

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