La campagna elettorale comanda nel nuovo Patto di Stabilità europeo

Dimmi che se in campagna elettorale, senza dirmi che sei in campagna elettorale. Le elezioni europee dell’8 e 9 giugno si avvicinano sempre di più e i partiti iniziano a posizionare le pedine in modo da poter giocare su più fronti la propria campagna elettorale. Ovviamente l’Ue e le sue politiche saranno il fulcro su cui si giocherà la partita. Visto il clima, il voto sul nuovo Patto di stabilità non poteva arrivare in un momento peggiore. Ieri infatti la plenaria dell’Ue ha votato a maggioranza il nuovo Patto di stabilità, incassando l’assenso di soli quattro italiani: Herbert Dorfmann e Lara Comi del Ppe, Marco Zullo e Sandro Gozi di Renew, che, tra i banchi del Pe, siede nelle file dei macroniani. Il centrodestra e il Pd si sono astenuti mentre il M5S e i Verdi hanno votato contro.

Il compromesso raggiunto il 21 dicembre scorso dai ministri dell’Economia dei 27 non è dunque piaciuto ai partiti italiani. Da dire che il voto contrario dell’Italia era stato preannunciato lunedì sera, durante l’audizione sul Def, proprio dallo stesso ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Se da una parte è sicuramente vero che si tratta di un Patto di stabilità che non risponde a tutti i requisiti di flessibilità desiderati, dall’altra «quello che è stato ottenuto è sicuramente un passo in avanti rispetto alle regole di bilancio che sarebbero entrate in vigore esattamente a partire dall'anno prossimo. Questo patto di stabilità e crescita non risponde esattamente ai criteri di coloro che pensano che la crescita dipenda dal modello “LSD” e cioè lassismo, debito e sussidi"», ha replicato oggi Giorgetti durante le risposte in Aula alla Camera sul Def. Un Patto che ha fatto portare a casa tre piccole vittorie: l’estensione automatica dal piano degli investimenti del Pnrr, l’aver considerato un fattore rilevante la difesa (aspetto che non soddisfa il ministro della Difesa, Guido Crosetto) e lo scomputo della spesa per interessi dal deficit strutturale fino al 2027.

Un nuovo patto con gli stessi parametri

Il nuovo Patto di stabilità presenta delle novità restando ancorato a due principi basi del vecchio trattato, ovvero il contenimento del deficit al 3% e del debito al 60%. Novità sono invece i percorsi di rientro nei parametri che andranno dai 4 a 7 anni, in cambio dell’impegno dei paesi a fare investimenti e riforme sostenibili per la crescita. I partner Ue con un debito sul Pil superiore al 90%, come l’Italia, dovranno ridurlo di almeno l’1% all’anno, mentre se risulta essere tra il 60 e il 90% la riduzione sarà dello 0,5%. Per quanto riguarda il deficit, gli stati membri dovranno lasciare un cuscinetto fiscale pari all'1,5% del Pil, al di sotto della soglia obbligatoria del 3%, per far fronte ad eventuali crisi. Per costituire questa riserva, l'aggiustamento annuale dovrebbe essere pari allo 0,4% del Pil, in caso di piani di rientro da quattro anni, che potrebbe essere ridotto allo 0,25% del Pil, nei piani di rientro da sette anni. Sul tema Giorgetti in audizione ha dichiarato che lo scenario di finanza pubblica per il 2024 risulta essere già “compatibile con le nuove regole” e "i dati presentati mostrano che fra il 2025 e il 2027 l'Italia conseguirebbe un aggiustamento del saldo strutturale medio annuo di 0,7 punti di Pil e del saldo strutturale primario di 0,83 punti".

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