Economia
August 27 2018
“Non abbiamo avuto nessun contatto, tranne quello che abbiamo letto dalle agenzie di stampa. Siamo in attesa”. Lo rivela Francesca Re David, segretaria nazionale della Fiom-Cgil che in queste ore sta seguendo da vicino il “giallo” della vicenda Ilva.
Segretaria, siete riusciti a leggere il parere dell'Avvocatura?
Assolutamente no. Secondo quello che dice Di Maio, fino al 7 settembre è segretato. Come Fiom abbiamo più volte denunciato, anche rispetto al governo precedente, il fatto che trattassimo a carte coperte, senza conoscere i contratti.
Questo ha ovviamente falsato tutta la trattativa precedente perchè diciamo che la conclusione era già prevista e da noi si aspettavano solo la sottoscrizione. Questo si sta replicando anche oggi. Di Maio ci dice di continuare a trattare, ma se la gara sarà valida o no, si saprà solo dopo che avrà discusso con il ministro dell'Ambiente. È abbastanza paradossale.
Il 15 settembre scadrà l'amministrazione straordinaria di Ilva. Il tempo stringe...
I tempi sono molto stretti e se si arriva al 15 settembre senza un nulla di fatto, il governo dovrà garantire che lo stabilimento non fermi la produzione.
Nel caso si protraesse questa situazione di stallo, qual è lo scenario che si configura?
Una cosa è sicura, se i tempi si allungano bisogna metterci delle risorse e quindi c'è bisogno di un intervento pubblico. Siamo contrari a qualunque ipotesi di chiusura dell'Ilva.
Ogni tanto se ne torna a parlare...
Da questo punto di vista ci opporremo perché quello dell'acciaio è un settore strategico. L'Italia è il secondo paese manifatturiero d'Europa e che l'acciaio è strategico. Il problema è che dal 15 settembre, se le cose non cambiano, non ci saranno più le risorse per andare avanti sia per quanto riguarda gli stipendi che per gli interventi di manutenzione e quindi pensiamo che dopo 6 anni di amministrazione straordinaria, una vertenza che dura da più di due anni e mezzo non si può rimanere nel vago. Il governo deve assumere una posizione chiara sul come andare avanti.
Quindi ora quali sono le prossime mosse?
Solleciteremo il ministro Di Maio ad un tavolo sull'occupazione con una presenza attiva del governo perché abbiamo bisogno che Mittal cambi posizione sulla piena occupazione, senza esuberi.
Non c'è il rischio che Mittal si tiri indietro?
Mittal ha un grosso interesse a prendere Ilva. Perché Ilva ha subito sei anni di amministrazione straordinaria, senza investimento industriale serio. Però Taranto, e gli altri stabilimenti che ruotano intorno, è il più grande d'Europa e in grado di produrre acciaio di grande qualità quindi io credo vi sia un interesse molto grande. Anche rispetto ai vincoli imposti dall'Antitrust, Mittal è pronta a vendere quattro stabilimenti in Europa.
Quello che molti pensano sbagliando è che fare l'accordo sindacale sia questione di attimi, ma non è così. Soprattutto perché l'accordo sindacale prevede il referendum dei lavoratori che a Taranto vuol dire due settimane di assemblee.
Nelle ultime settimane, soprattutto dopo il crollo del Ponte Morandi, c'è chi torna a parlare di nazionalizzare alcuni settori produttivi del nostro Paese. È questa una delle possibili soluzioni?
Il termine nazionalizzazione sa di passato, ma non c'è dubbio che l'intervento del pubblico nell'industria sia fondamentale anche come volano di investimenti privati. Io penso che in questi anni sono mancate totalmente le politiche industriali e che le privatizzazioni sono state fatte senza guardare all'interesse pubblico.
In Italia, più che in altri Paesi, è mancato il controllo sui settori privatizzati.
Quindi potrebbe essere applicato anche a Ilva?
La siderurgia è un asset strategico del Paese e come viene detto in questi giorni vale un punto di pil, se ci fosse nella proprietà Cassa Depositi e Prestiti che potesse garantire anche una fase di transizione non la vedrei come un fattore negativo.
Quindi non ci resta che aspettare fino al 7 settembre per conoscere il futuro di Ilva?
No, noi chiederemo che il governo ci convochi al più presto e che svolga un ruolo attivo. C'è bisogno che il governo faccia cambiare posizione a Mittal. Di Maio ha detto più volte che questa gara ha dato più valore alla parte finanziaria, piuttosto che a quella occupazionale o ambientale. Nulla vieta al Ministro di chiedere a Mittal di pagare meno l'industria e di garantire maggiore occupazione, perchè è nel suo potere.