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October 31 2017
In Sicilia tira una brutta aria e per questo Matteo Renzi è volato a Chicago da Obama. Meglio sparire che dare ulteriori argomenti a chi vorrebbe metterlo in discussione anche nel suo ruolo di segretario.
Certo è indicativo che Renzi abbia passato le ultime settimane lontano da Roma, pur provando a dettare una linea alle sue truppe per quanto riguarda l'affaireBankitalia, che in Sicilia in piena campagna elettorale si sia fatto vedere pochissimo e che ora scelga l'altro continente pur di non assistere ai risultati di domenica. Inoltre, oltre a quella siciliana pesano sul Pd anche le elezioni del consiglio municipale di Ostia sciolto dopo l'inchiesta su mafia capitale.
Apparentemente si tratta di una piccola cosa, ma che misurerà la capacità di ripresa del PD sui territori dopo il commissariamento di Matteo Orfini che aveva promesso di ripulire il partito con la ruspa all'indomani dell'inchiesta della procura di Roma. Ad Ostia oggi Casapound cresce nei consensi e ha persino il pubblico sostegno degli Spada, una delle famiglie della Suburra del litorale. Quella di Ostia rischia di diventare la cartina tornasole della politica romana, delusa dall'operato dei 5 Stelle e sempre più spostata verso l'estrema destra. Senza contare che il prossimo 4 novembre, alla vigilia degli appuntamenti elettorali, a Roma Forza Nuova ha organizzato una manifestazione che attraverseranno le vie del quartiere dell'Eur.
E in questo clima il segretario del maggior partito dov'è? Lontano. Come lo è sempre stato dalle beghe romane e come lo è sempre stato da tutto quello che non riguardasse la corsa a Palazzo Chigi. E se ancora può contare su una truppa di fedelissimi che al momento del bisogno disertano anche un consiglio dei ministri pur di lanciare un segnale a Paolo Gentiloni, c'è chi di questo atteggiamento non ne può più soprattutto adesso che elezioni si avvicinano ed è necessaria la massima lucidità.
Perchè non si può rivendicare ogni giorno la bellezza di un viaggio in treno tra la gente e poi sparire quando nell'aria si comincia ad avvertire puzza di bruciato. Ieri il senatore Massimo Mucchetti ha chiesto di riflettere sul “dopo Renzi” alla segreteria del PD. Più pacati i toni del Ministro della Cultura, Dario Franceschini, uno stratega della politica in grado di assicurarsi una posizione in ogni stagione. Da tempo anche lui invita il partito (e il segretario) ad una riflessione più ampia su alleanze, sulla legge elettorale e su altri nodi cruciali. Franceschini che è stato anche segretario del Pd dopo l'uscita di Veltroni, ha sempre accusato Renzi di aver gestito il partito in maniera divisiva.
Oggi il vero nemico di Renzi è Paolo Gentiloni. Il premier supplente che senza colpi di mano è stato in grado di traghettare il Paese negli ultimi dieci mesi e lo porterà al porto di fine legislatura con la stessa calma utilizzata finora. Un clima rasserenato che ha fatto intendere anche a molti renziani che la stagione di Renzi a Palazzo Chigi è finita e che il Paese per le condizioni in cui versa ha bisogno di un profilo più simile a quello dell'ex ministro degli Esteri.
Un rassicuratore. Il tempo dei mattatori è sfumato, soprattutto per chi ha conquistato Palazzo Chigi con l'hashtag #staisereno disarcionando un compagno di partito come Enrico Letta. Quel tempo è passato. Ora è la stagione dei treni, dei comizi in Chiesa e della fuga in America mentre tutti i partiti hanno gli occhi puntati sulle elezioni siciliane. Questo è il leader del PD, quello che è altrove al momento decisivo. Forse faceva bene Franceschini quest'estate a consigliargli la lettura di “Cent'anni di solitudine”, capolavoro di Gabriel Garcia Marquez dove si narra la storia di sette generazioni, dove la chiaroveggenza tiene uniti i vivi e i morti, tutto sullo sfondo di un drammatico messaggio di isolamento e arretratezza.