La Germania elegge un parlamento virato a sinistra, ma in realtà a crescere è solo la destra
I titoli dei giornali sono tutti per lei: Angela Merkel. Ha vinto, è stata l’unica a farlo veramente alle elezioni di ieri con un aumento del 7,7% rispetto al 2009. L’Spd ha guadagnato una manciata di punti (2,7%), ma è comunque al suo secondo peggiore risultato di sempre. I Verdi sono scesi non solo sotto quel 15% che a lungo i sondaggi gli avevano fatto cullare durante il periodo post-Fukushima, ma anche rispetto al loro risultato del 2009 (con l’8,4% di ieri hanno perso il 2,3%), la die Linke sarà diventata pure terza forza del parlamento, ma ha perso addirittura il 3,3%. Dei liberali, che oggi formalizzeranno l’azzeramento, o quasi, di tutti i propri quadri dirigenti, se ne può parlare solo in termini drammatici: meno 9,8 %, per la prima volta fuori dalla Parlamento. Gli unici a guadagnare quindi, oltre al tandem Cdu/Csu (la Csu è la sorella solo bavarese della Cdu), sono quelli del partito antieuro, Alternative fuer Deutschland che con il 4,7% hanno rischiato di entrare in parlamento e hanno registrato il migliore risultato di sempre per una formazione appena formatasi.
Insomma, a volere le cose da una prospettiva diversa, nonostante il parlamento tedesco si sposti a sinistra se si vedono i quattro partiti rappresentati (Cdu, Spd, Linke e Verdi), gli unici a salire veramente in termini di voti sono quelli di destra (AfD) e centrodestra (Cdu/Csu). (da qui il titolo di questo articolo: La Germania elegge un parlamento virato a sinistra, ma in realtà a crescere è solo la destra). Basta osservare la mappa qui sopra, in cui il nero rappresenta le circoscrizioni elettorali vinte dalla Cdu, il rosso quelle dell’Spd, il viola quelle della die Linke (come al solito più forte ad est) e verdi quelle dei Gruenen (che hanno vinto solo nel distretto di Kreuzberg-Friedrichshain di Berlino). Ai tedeschi lo status-quo va bene. In un momento di crisi internazionale e, ancor più specificatamente, europea, meglio rimanere sull’usato sicuro che avventurarsi altrove. L’astensionismo è leggermente calato, ma nel 2009 aveva raggiunto il suo minimo storico. Il successo della Merkel è il frutto prima di tutto della voglia dei tedeschi di non impegnarsi più di tanto nella discussione politica: votarla significa rimettersi al suo buon senso con buona pace delle ideologie o di un possibile cambiamento peraltro certo non reso affascinante dal suo sfidante Peer Steinbrueck, capace di sbagliare quasi tutto durante la campagna elettorale, dai pianti in diretta accanto alla moglie alle foto in copertina del magazine della Suddeutsche Zeitung con gesto dell’ombrello e dito medio alzato per non parlare di quando, poco dopo l’endorsement del suo partito se ne uscì con la storia che il cancelliere tedesco guadagna troppo poco. Cosa aspettarsi quindi da un capo di governo come la cancelliera, sempre attenta a non andare contro il proprio elettorato? La probabile Grosse Koalition che formerà con l’Spd la porterà su posizioni più di centro (non che non lo fosse prima, ma certamente lo sarà ancora di più dopo la scomparsa dell’Fdp dal governo), oppure seguirà le indicazioni generali date da queste elezioni, ovvero che c’è quasi un 5% di tedeschi contrari all’euro e un altro 41,5%, ovvero i suoi elettori dell’Unione a cui è andata sostanzialmente bene la gestione sia della moneta unica che dell’Unione Europea tenuta fino ad oggi? Difficile a dirsi, purtroppo quel tema Europa che sembra tanto importante per noi italiani che cercano di interpretare il voto tedesco, non è stato al centro della campagna elettorale e probabilmente c’è poco da leggerci dietro, escluso il caso di AfD. I tedeschi per ora pensano prima di tutto a sé stessi. Inutile e stupido chiamare la Merkel la Hitler o la nazista dei nostri tempi A ruoli invertiti, probabilmente faremo anche noi allo stesso modo.
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