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March 03 2014
Lo speravo e lo avevo detto. “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino avrebbe portato a casa l’Oscar.
Un film si può amare o non amare, ma non si può condannare. Leggo in queste ore di fervente attività pro e contro sui social e mi verrebbe da dirvi, che avete tutti ragione. Si, perché Roma è così, si ama e divide. E’ una città parolaia, inconcludente, viziata, viziosa, satolla di gusto che alle volte si trasforma in rozza rappresentazione di se stessi, tutto si consuma velocemente. Tutto tranne la bellezza, che per virtù o per condanna ci attanaglia dal 753 a.C., perché quando qualcuno fondò l’Urbe non pensò di costruire una città funzionale, ma volle creare una città meravigliosa, sulle rive di un fiume che come una cintura lo attraversa. Non cercate quindi la funzionalità nei pensieri e nelle cose, non cercate di capire perché la grande bellezza di questi ruderi stordisce e quasi rende inabili all’ascolto di cose che abbiano senso compiuto.
E allora invece di perdere tempo a dire se l’Oscar lo meritava o meno, se vi è piaciuto di più questo film o quello prima, indossate qualcosa velocemente, che risponda a dei criteri di gusto ed eleganza ed uscite di casa immergendovi nei luoghi che hanno fatto da cornice a “La grande bellezza”.
Casa di Jep Gambardella: La casa di Jep è un meraviglioso attico in Piazza del Colosseo, un maestoso palazzo rosso, per l’esattezza al civico 6. Impossibile entrare, ma potete godervi l’androne bianco, con colonne imperiali e marmi importanti. Se arrivate dopo mezzogiorno potrete anche incontrare Jep che scende a far colazione.
Il giardino degli Aranci: Sul Colle Aventino c’è Piazza dei Cavalieri di Malta e troverete un portone verde. Accostate l’occhio sulla serratura e vedrete la Cupola di San Pietro, con un meraviglioso effetto ottico.
Prima potete anche darvi un bacio con chi amate se siete in compagnia, proprio all’interno del giardino, dove dalla terrazza potrete ammirare lo scintillio dei tetti poco sopra Trastevere. C’è anche un meraviglioso venditore di “fusaje”, molto grasso, molto romano, molto gentile.
Piazza Navona: Jep ci cammina di notte e proferisce una grande verità: “a 65 anni ho capito una cosa: di non avere più tempo per le cosa che non mi interessano”. E’ la Piazza della Befana, ma prima ancora delle battaglie navali con cui i nostri antenati si dilettavano allagando la piazza. Ora che le piazze si allagano da sole dopo venti minuti di pioggia possiamo affermare con tranquillità che quartiere che vai, piazza Navona che trovi.
La terrazza: E’ un luogo metafisico. Si vede un paio di volte ma è la vera protagonista del film. Le terrazze romane sono un mondo parallelo in cui si decidono in maniera consapevolmente frivola i destini della nostra Urbe. Si parla con depressione di tutto, scagliandosi contro qualche politico che magari fino a qualche mese prima era vicino di divano.
La fontana dell’Acqua Paola al Gianicolo: Anche detto “er fontanone”, in questo luogo ha inizio il film. Luogo ameno di giovanilistiche pomiciate e di visuali mozzafiato, fu anche assurto a loco per espletare a scommesse di tipo calcistico. Vi si ricorda Delio Rossi che si tuffò dopo aver vinto un derby contro la Roma. Alcuni maligni sostengo, che i supporter della squadra giallorossa qualche ora prima, andarono ad urinare nella prestigiosa fontana. Forse una leggenda, forse una verità. Non si saprà mai. Forse solo Delio Rossi potrà dircelo.
Parco degli Acquedotti: Sorge nei territori del Quadraro, Cinecittà, Porta Furba ed è uno degli spazi verdi più belli e suggestivi della città. Qui Jep assiste alla perfomance surreale dell’artista Anita Kravos che prende a testate un pezzo dell’Acquedotto Claudio. Luogo di gite domenicali e di corse in bicicletta, al tramonto regala uno degli spettacoli cromatici più intensi, mischiando il viola della rifrazione solare ai riflessi che giungono dai vicini Castelli Romani.
Godetevi questa Roma sorniona, che ha una certa nausea di se stessa, che crede ancora di essere la prima perché non sa essere seconda a nessuno. Godetevela perché l’amore quello assoluto non ha bisogno di giudizi estemporanei ma di una volontà certa di essere, di starci. Godetevi per una volta una vittoria netta, perché il film di Paolo Sorrentino non è un’americanata, è la rappresentazione di quel polpettone di santi e madonna, di intellettuali e di ruderi, di vita e morte che amiamo. Roma ti amo.