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November 19 2019
Sergio Nazzaro è il massimo esperto italiano di mafia nigeriana. Lo rivelano il suo curriculum teorico (laurea all’Orientale di Napoli), pratico (è giornalista d’inchiesta internazionale) e di vita. Nazzaro è infatti cresciuto tra Mondragone e Castel Volturno, ovvero in Terra di lavoro. Per gli inesperti in geografia, si tratta di quell’area in provincia di Caserta dove le mafie straniere, a partire proprio da quella nigeriana, hanno i loro quartier generali.
Questo cronista di 45 anni d’età ha appena dato alle stampe un bellissimo libro, “Mafia nigeriana. La prima inchiesta della Squadra antitratta” (136 pagine, 16, Edizioni Città Nuova). Con Panorama oggi traccia un quadro finalmente credibile sulle losche attività dei clan africani in Italia e nel mondo.
Nazzaro, partiamo dal libro. Che storia è quella che racconta?
La storia della Sat, la “Squadra Antitratta” della Polizia locale di Torino guidata dal commissario Fabrizio Lotito. E dell’operazione Atheneum condotta dal pm Stefano Castellani.
Polizia locale? Cioè Vigili urbani?
Esatto, però distaccati presso la Procura. Capaci di dare un colpo mortale ai Maphite, uno dei meno conosciuti e più pericolosi gruppi criminali nigeriani. In primo come in secondo grado sono state confermate 44 condanne per mafia. Il libro contiene intercettazioni e documentazioni esclusive e inedite, che svelano come agisce la mafia nigeriana.
Questa organizzazione è legata alle tradizionali cosche meridionali, cioè mafia, ‘ndrangheta, camorra e sacra corona unita? Oppure ha margini di autonomia?
Le nostre mafie si fanno pagare dalla mafia nigeriana per la prostituzione e lo spaccio al dettaglio. Crimini che vedono l’uomo bianco cliente principale. È una questione di mercato. I delitti che destano più allarme sociale sono appaltati alle mafie straniere, mentre le nostre mafie infiltrano l’economia, le amministrazioni e i lavori pubblici.
Com’è strutturata la mafia nigeriana?
Sono diversi gruppi, molte volte in lotta tra loro, costituiti con riti di affiliazione anche molto brutali. La struttura è verticistica, come con i nostri clan. Tutti rispondono alle rispettive case madre in Nigeria, dove si esplica un alto grado di violenza nella conquista di spazi di potere. I gruppi criminali in Italia creano ricchezza che viene impiegata in Nigeria, finalizzata a infiltrare economia e potere. Nel mio libro riporto, per quanto riguarda i Maphite, tutti i ruoli e la complessa struttura criminale.
Quali sono i rituali di affiliazione?
Nei miei precedenti lavori avevo dedicato molto studio a questo aspetto, e così anche nell’ultimo lavoro. Ma siccome noto che sulla mafia nigeriana c’è un’enfasi di termini da film dell’orrore, preferisco concentrarmi sul fenomeno criminale, che è complesso. Le rappresentazioni esterne lasciano il tempo che trovano. È la stessa distanza che intercorre tra i santini bruciati delle nostre mafie e i miliardi euro che fatturano con gli appalti pubblici e la corruzione. Più del santino mi interessa il flusso economico.
Quand’è che i clan si organizzano in associazione mafiosa?
Da almeno due decenni. Nel mio testo ho dedicato un intero capitolo alla radici storiche della mafia nigeriana in Italia e ai i processi che l’hanno definita mafia. L’informativa “Restore Freedom” del commissariato di Castel Volturno del 2000, la prima informativa sulla criminalità nigeriana per 416 bis, è un caposaldo di questa storia.
Come vengono cooptate le nuove leve?
Come per ogni mafia, il denaro è il fattore trainante. La Nigeria, paese con una forte crescita economica ma anche una costante crescita della povertà, non crea nessuna classe media. Ci sono quindi le condizioni affinché le nuove generazioni siano disposte a tutte pur di arricchirsi.
Quali sono gli ambiti criminali più ambiti dai mafiosi nigeriani? Ovviamente spaccio e prostituzione. E poi?
Truffe online, clonazione carte di credito. Controllano le rotte dei migranti in Africa. Ed ogni ambito che crea denaro. In Italia, essendo mafia ospite, è stata relegata a crimine che si occupa di reati di strada. Ma in Nigeria hanno infiltrato economia e politica. E ricordiamoci che la Nigeria è ricca di risorse naturali. Quindi non è certamente una mafia povera.
In Italia siamo organizzati per contrastare anche questo tipo di mafie?
Le nostre forze dell’ordine da decenni conducono operazioni investigative complesse e di alto livello. Stiamo parlando di intercettazioni in lingue e dialetti africani che richiedono grande studio. Hanno inseguito strutture criminali ai quattro angoli del mondo. La mia proposta è quella di costituire una task force permanente. In Italia gli investigatori hanno acquisito un patrimonio di conoscenze che dovrebbe essere sfruttato al massimo. In Europa siamo eccellenza, perché non farlo? La Sat, per esempio, ha il suo focus decennale proprio sulla tratta di esseri umani.
Lei si è meritevolmente preso in carico la narrazione della mafia nigeriana, questo è il suo terzo libro sul tema. Quanto ha contato su di lei il fatto di crescere in Terra di lavoro?
Vivere a Mondragone, confinare con Castel Volturno ha segnato la mia ricerca. Lo studio delle nostre mafie e di quelle straniere è per me studio e analisi della società, delle sue trasformazioni ed evoluzioni. Attraverso le criminalità si comprende come e in quale direzione si muove una società, le sue comunità. E soprattutto è importante sottolineare sempre le risposte della società civile. Ad una realtà difficile si oppone sempre il bene, che non deve essere mai mortificato, anzi valorizzato.
Tuttavia la sensazione è che la pericolosità dei clan africani sia sottovalutata…
Perché se ne vuole fare un fenomeno mediatico invece che di studio. Ma ormai si sottovalutano anche le nostre mafie. Altrimenti non mi spiego come un rapporto di Banca d’Italia che stima solo per il Nord ovest del Paese 9200 aziende infiltrate, 8mila soci con legami o vincoli con la ‘ndrangheta e un fatturato di 42 miliardi di euro, non apra i telegiornali, ponga interrogativi e allarmi gravi. Il centro studi Transcrime nel 2010 indicava il fatturato della ‘ndrangheta a 3,5 miliardi di euro. Pochi ne parlano questa è l’amara constatazione.
Un ultima domanda. Sulla mafia nigeriana sento disquisire ultimamente tanti, forse troppi esperti della materia. Lo sono per davvero oppure si avventurano in cose che non conoscono?
Questo è il momento in cui si dovrebbe rispondere: non giudico il lavoro altrui. E invece lo si deve fare. C’è veramente tanta troppa improvvisazione, al limite della cialtroneria. Il mio primo libro è di quasi dieci anni fa, ultimamente vedo tanti testi e poca analisi. Anche questo è un vizio capitale della nostra società: inseguire un tema, pubblicare sempre e comunque senza mai provare a precorrere i tempi. E dico anche che ci sarebbe bisogno di testi seri, perché la materia è vastissima e abbisogna di tante teste pensanti. Non di quelle in cerca di facile sensazionalismi. Prevedo che a breve avremo anche i primi giornalisti minacciati dalla mafia nigeriana, sic…