Politica
May 10 2021
«Pd e M5S, alleanza strategica per battere il centrodestra». Era la seconda metà di marzo quando un euforico Enrico Letta, nel pieno dei primi giorni da neo segretario del Pd ha tracciato la linea del suo partito. linea che porta diretto a Giuseppe Conte e ai grillini, la nuova sinistra italiana.
L'entusiasmo di quei giorni era palpabile in entrambi gli schieramenti. «Concordo con Letta» aveva subito commentato Roberto Fico, prima dell'incontro con Giuseppe Conte che sanciva l'accordo a partire dalle amministrative.
Fare un'alleanza è semplice. Si trova un nemico (Berlusconi, Salvini, Meloni o il centrodestra in generale se non c'è nessuno di antipatico) e ci si mette assieme. Il resto si vedrà, si decide in corsa. Così i programmi, gli obiettivi, la visione del paese, o regione o città viene dopo. L'importante è fermare il nemico.
ma arriva un punto in cui una quadra tra gli alleati va trovata. A cominciare dai nomi. Tanto, anzi poco, è bastato per far schiantare contro uno scoglio in una domenica di maggio, la tanto decantata alleanza della nuova sinistra italiana.
Si, perché quando sul tavolo Letta ha messo il nome di Nicola Zingaretti come candidato unico è arrivato il «no» della controparte. I grillini infatti hanno un problema cioè che Virginia Raggi si è già ricandidata e gran parte del partito è con lei. A questo punto il buon Zingaretti ha fatto 10 passi indietro, anzi, adesso ci dirà che lui non ha mai pensato nemmeno per un minuto di correre per la poltrona di primo cittadino della capitale. Così al povero Letta, allibito e molto meno euforico di 40 giorni fa, non è restato altro che togliere dal mazzo quel Gualtieri che è buono per tutte le occasioni, la seconda scelta perfetta.
Quindi siamo allo stallo. E siamo solo a Roma. A Milano, ad esempio, altra grande città in cui si voterà tra pochi mesi il vincitore annunciato (anche per assenza di rivali di centrodestra) Beppe Sala ha appena smesso i panni del Pd diventando Verde. Una Milano dove i grillini hanno sempre contato meno di zero (anche in termini di voti).
L'alleanza della nuova sinistra quindi non c'è e non c'è semplicemente perché non basta avere un nemico. Serve un progetto, un'idea comune sui contenuti e poi, di conseguenza arrivano anche i nomi, anche la distribuzione delle poltrone. Ma la Raggi, coma Sala, hanno capito che da soli sono più forti dei due partiti messi assieme, così hanno sfidato tutto e tutti ed hanno vinto. Contro i loro stessi vertici: Letta, Conte, Bettini.
I vertici della «nuova sinistra», più debole che mai