Viaggi
September 10 2020
Sabato 29 agosto, nel primo giorno di riapertura del "Metropolitan Museum of New York"- uno dei più importanti musei al mondo che proprio quest'anno celebra i 150 anni dalla sua fondazione- la fila di persone intenzionate a non mancare allo storico re-opening dopo quasi 6 mesi di lockdown a causa della pandemia di Covid-19 arrivava quasi ai prati di Central Park, appena alle spalle dell'enorme struttura.
Durante la giornata, però, le file sono sparite e alla chiusura il bilancio dei visitatori si è fermato a 8.500 presenze, contro le 25.000 di un normale sabato estivo dell'era pre-Covid: quando il 70% dei 7 milioni e mezzo di visitatori annuali erano turisti internazionali.
Del resto, la riapertura quasi solo per i newyorkesi di questo straordinario museo, che nel frattempo ha licenziato o collocato in pensione il 20% dei suoi dipendenti, è stata più che altro –come ha dichiarato il capo della comunicazione del MET, Kenneth Weine - "Un messaggio per New York City": un messaggio di speranza e di normalità del quale la città, e la nazione intera, hanno più bisogno di quanto in Europa si possa anche solo immaginare.
I "nuovi States" infatti, ancora sotto il fuoco del Covid-19 (ad oggi sono la nazione più colpita al mondo, con più di 27 milioni di perone che si sono ammalate e 893.000 morti) sono qualcosa di molto diverso da quelli che abbiamo conosciuto durante gli ultimi anni, quelli dell'orgoglio post 11 settembre che hanno reso le metropoli americane le città più desiderate, visitate e amate dai turisti di tutto il mondo. Solo per rimanere nel settore dei musei, l'American Alliance of Museums calcola che uno su tre non potrà mai più riaprire, e che comunque il 40% di quelli che riusciranno nell'impresa di continuare le attività dovrà tagliare il numero dei dipendenti e i servizi ai visitatori.
Il virus proveniente dalla Cina ha portato povertà, disoccupazione, criminalità e un enorme cambio di paradigma in quelle che erano le città dalle mille possibilità di business, di cultura, di divertimento e di svago. Capitali –anche- del food: dove ai ristoranti è stato imposto di allestire i tavoli solo all'esterno, vietando categoricamente la ristorazione indoor.
Questo ha creato problemi enormi: tanto che il governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo, ha annunciato che dal 30 settembre bar e ristoranti potranno aprire le sale interne, ma con una capacità massima del 25% dei posti a sedere.
:" Nonostante tutto, io cerco di essere ancora ottimista" spiega Michele Casadei Massari, chef di origini bolognesi che a New York ha costruito un vero e impero del cibo italiano, fondatore del ristorante "Lucciola" e della catena "Piccolo Cafè" con 4 sedi a Manhattan "e confido in una ripresa di questa straordinaria città dalle mille risorse. Io ho dovuto reinventare tutto: ho chiuso per sempre 3 delle 4 sedi di "Piccolo Cafè" e trovato soluzioni alternative per i rimanenti due locali: ho allestito il ristorante all'esterno, cercando sedie che si asciugano subito, ombrelloni antivento, posate pesanti che non volano via, tovaglie in carta resistente, ho ristrutturato tutto il servizio. Ma adesso con l'arrivo dell'autunno non sappiamo come si evolverà la situazione: io all'interno potrò allestire solo 12 sedute".
Non si pensi però che l'economia non "giri". Dei tre locali di Casadei Massari che lo chef ha dovuto chiudere, nel giro di 72 ore due di essi erano già nuove attività:" Uno è diventato una gioielleria –non per niente la Borsa ci dice che l'oro è di nuovo un bene rifugio, come sempre durante i periodi di incertezza- e l'altro un centro servizi. Anche la mia clientela è cambiata: sono tutti più attenti alla narrazione e alla qualità, vogliono sapere la storia dei piatti, della pasta, della mozzarella di bufala: spendono di più in vino di qualità. E' come se l'impossibilità di viaggiare li abbia resi più curiosi dei Paesi che al momento non possono visitare".
Casadei Massari, che fa della resilienza il principio guida della sua permanenza a NY al tempo del Covid, ammette però che la città si sta svuotando:" Nel condominio dove vivo io, a Brooklyn" spiega lo chef " sono liberi 14 appartamenti, e in quello dove ho il ristorante, in Upper West side, ben 35. Non riescono a ri-affittarli, e questa è una cosa che a New York non è mai successa. Ci sono intere zone della città, per esempio Midtown, diciamo dalla 59* strada alla 37*, tra la Sixth e la Eighth Avenue, praticamente deserte."
Ma a parte chi –come Casadei Massari- ha attività in zone di New York particolarmente fortunate (i suoi locali sono in Upper West Side, ricco quartiere residenziale dove la gente ha comunque soldi da spendere) il problema della ristorazione consentita solo all'aperto è talmente grave e impattante sull'economia americana, che la città di Chicago –vera capitale del food - ha lanciato "The winter design challenge": si tratta di un vero e proprio concorso di idee rivolto a tutta la popolazione per individuare soluzioni creative per la ristorazione invernale all'aperto.
Il sindaco Lori Lightfoot ha fatto appello all'intera comunità della "windy city" per presentare idee e progetti tramite una piattaforma creata appositamente, mentre il CEO della Illinois Restaurant Association, Sam Toia ha rilasciato un comunicato stampa con l'invito ai funzionari governativi ad essere creativi, a pensare fuori dagli schemi permettendo l'uso di cupole, tende, e di tutto ciò che può essere di aiuto per sostenere un settore vitale come quello della ristorazione.
I vincitori del Challenge saranno resi noti a metà settembre, dopodiché la città dovrà correre, per allestire tutte le strutture in tempo per l'inizio della stagione autunnale, che a Chicago è tanto splendida quanto gelida, mentre a Philadelphia, la ristorazione al chiuso è consentita già dall'8 settembre, con rigide linee guida: al massimo 4 persone per tavolo e la capacità interna, anche qui, ridotta al 25%.
Non va meglio al settore dei teatri e dell'entertainment: tutto il circuito di Broadway rimane chiuso fino a data da destinarsi, con attori, cantanti e addetti ai lavori ancora sotto shock per la morte della star Nick Cordero, 41 anni, ammalatosi di Covid-19 a Los Angeles, mentre portava in scena il musical "Rock of Ages", e deceduto dopo mesi di sofferenze all'ospedale Cedars-Sinai della città.
In compenso c'è un grande ritorno dei mitici drive-in che tutti noi abbiamo ammirato nei film americani: proprio a San Francisco, per esempio, aprirà il 18 settembre il "Fort Mason Flix", un cinema all'aperto pop-up con la baia di Alcatraz e il Golden Gate come sfondo: per iniziare, rimarrà aperto per un mese e trasmetterà tutti i tipi di film, dai "vecchi" classici alle ultime uscite.
Un unico biglietto "coprirà" tutte le persone che possono prendere posto –secondo le normative anti-Covid- nella macchina.
Per cinema e teatri al chiuso, la strada è in salita: la NATO (National Association of Tehatre Owners) ha da poco presentato le linee guida per tornare al cinema in sicurezza, con un programma che ha denominato CinemaSafe, ma da molti governatori degli Stati non arrivano riassicurazioni sulle riaperture: Cuomo, per esempio, non ha mai fornito info certe per la ripartenza nello stato di New York, mentre nel New Jersey un giudice ha addirittura respinto un'ingiunzione della stessa NATO, portata avanti allo scopo di far riaprire i cinema: secondo l'ente Comscore, compagnia di misurazione e analisi dei media, tuttavia, a partire dall'ultimo fine settimana di agosto circa 1.500 location tra gli Stati Uniti e il Canada hanno ricominciato ad accogliere–poco-pubblico.
Il tutto in uno scenario che ha visto le maggiori catene di cinema chiuse da marzo, con perdite che –come nel caso del colosso AMC- arrivano anche ai 600 milioni di dollari.
Anche il grande business dei parchi di divertimento a tema degli USA è in enorme sofferenza.
In Florida, Disneyworld e Universal hanno riaperto: il primo, avvisa già nella home del sito che il modo di divertirsi nel parco "Potrebbe essere diverso dall'ultima volta che l'avete visitato. Ma insieme possiamo trovare nuovi modi per creare momenti magici - e ricordi di cui fare tesoro": ma è ovvio che in uno Stato dove il Covid 19 infuria ancora, le preoccupazioni sono altissime.
Universal Orlando, che ogni anno rientra tra i tre migliori parchi a tema del mondo –il cui fiore all'occhiello è il magico regno di Harry Potter- ha riaperto con maggiore ottimismo, con il direttore Bill Davis che punta tutto su quelle che chiama "le tre S": screening (con la misurazione della temperatura), sanitization (con la pulizia continua di tutte le superfici che le persone possono toccare, impresa che in un parco di divertimento è praticamente titanica e forse impossibile) e spacing, l'ormai celeberrima "distanza sociale" da rispettare, in tutto il mondo.
I parchi a tema di Orange County e di Los Angeles, invece, rimangono ancora in attesa:
Disneyland, Knott's Berry Farm, Universal Studios Hollywood, Legoland California SeaWorld San Diego, e molti altri altri sono chiusi da marzo e aspettano ancora un allentamento delle linee guida per le riaperture.
Giochi di ruolo e A.I. in aiuto dei parchi
Ma c'è anche chi cerca di inventarsi soluzioni diverse: Knott's, per esempio, che proprio quest'anno festeggia il suo centesimo anno di attività, non potendo far funzionare le sue attrazioni si è trasformato in qualcosa di più simile a un parco nazionale che a un parco di divertimento, con eventi all'insegna del "food" (Taste of Knott's, fino al 13 settembre) incastonati tra cascate e boschi, segnando un vero e proprio cambio di visione e invogliando le persone a vivere nella natura più che a cercare divertimenti "artificiali".
E c'è chi immagina, sui giornali locali e nei dibattiti online tra gli esperti dei parchi a tema, quanto la tecnologia, la realtà virtuale e l'intelligenza artificiale potranno aiutare i parchi di divertimento a diventare qualcos'altro: magari con app che aiutino i visitatori a "sparpagliarsi" in immaginarie caccie al tesoro verso zone poco battute dei parchi, spostando e distanziando le masse qualora si verifichino assembramenti: O con ologrammi che facciano da attrattori per determinate categorie tra i visitatori –sempre per "spalmare" le persone su più spazio possibile senza rinunciare al "funny". L'evoluzione dei grandi parchi divertimento in "tavoli da gioco" manovrati a distanza che consentano di tenere le persone in movimento facendole interagire nei modi e nei tempi giusti, è un futuro strano e immaginifico che però è forse più vicino e reale di quanto pensiamo.