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La politica estera di Obama è coerente. Quella dell'Europa non esiste

E se avesse ragione Barack Obama?

E se l’Occidente non fosse più uno solo, come recitava il mantra del dopo 11 Settembre e poi, ancora, come si diceva ai tempi della guerra di coalizione all’Iraq di Saddam Hussein, all’Afghanistan del misterioso Mullah Omar e, ancora più inopinatamente, alla Libia del tragico Colonnello Gheddafi?

Gli interessi Usa sono diversi da quelli dell'Europa
Già, perché l’impressione che circola tra molti analisti “occidentali” o, meglio, europei, è che il presidente degli Stati Uniti, a dispetto della mediocre immagine di politica estera che sta comunicando, stia realmente facendo gli interessi del suo Paese. Che però non coincidono più con gli interessi dei Paesi europei e in qualche modo se ne distanziano, addirittura li contraddicono.

Basta guardare i risultati della politica americana di apparente, progressivo disimpegno dai conflitti in Medio Oriente e nel Mediterraneo.

Basta vedere lo stato nel quale oggi versa l’Unione europea nella sua proiezione globale, in confronto con lo stato di grazia dell’America.

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Barack Obama con il primo ministro Hailemariam Desalegn
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Nairobi, Kenya, 25 luglio 2015. Il Presidente Barack Obama al termine della conferenza stampa congiunta con il Presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta.
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Nairobi, Kenya, 23 luglio 2015. Un messaggio di benvenuto a Barack Obama su un cartellone, lungo una strada della capitale.
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Il Presidente Usa Barack Obama con il vice presidente Joe Biden alla conferenza stampa sull'accordo per il nucleare iraniano
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Nel montaggio il Presidente Russo Vladimir Putin e quello americano Barack Obama
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Washington, DC, USA, 26 giugno 2015. Nel giardino della Casa Bianca, il Presidente Barack Obama pronuncia una dichiarazione di benvenuto alla sentenza della Corte Suprema.
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Le caricature di: Angela Merkel, cancelliere tedesco, Francois Hollande, presidente francese, David Cameron, primo ministro britannico, Matteo Renzi, presidente del consiglio italiano, Shinzo Abe, primo ministro giapponese, Barack Obama presidente Usa, Stephen Harper, primo ministro canadese,
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Da sinistra: il presidente francese Francois Hollande, il Presidente Usa Barack Obama e il cancelliere tedesco Angela Merkel al G7 di Elmau Castle vicino Garmisch-Partenkirchen in Germania - 8 giugno 2015
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Il Presidente Usa Barack Obama beve birra a Kruen in Germania in occasione del G7 - 7 giugno 2015
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Barack Obama e Matteo Renzi durante la conferenza stampa a Washington, 17 aprile 2015. (Mark Wilson/Getty Images)
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Il Presidente Usa Barack Obama al Summit delle Americhe a Panama City - 10 April 2015
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Il Presidente Usa Barack Obama al Summit delle Americhe a Panama City - 10 April 2015
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9 aprile 2015. Dopo quasi mezzo secolo di gelo i ministri degli Esteri di Stati Uniti e di Cuba si incontrano a Panama, dove è in corso il Summit delle Americhe. È il primo passo verso la fine dello storico conflitto tra l'isola caraibica e il suo ingombrante vicino. Nella foto dell'11 aprile, la stretta di mano tra il presidente americano Barack Obama e il presidente cubano Raul Castro.
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Benjamin Netanyahu e Barack Obama
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La storica stretta di mano tra il presidente Usa Barack Obama e Raul Castro sotto lo sguardo compiaciuto del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon - Vertice delle Americhe a Panama - 10 aprile 2015
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L'incontro tra il presidente americano Barack Obama e Raul Castro al vertice delle Americhe a Panama City - 11 aprile 2015
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La stretta di mano tra il presidente americano Barack Obama e Raul Castro al vertice delle Americhe a Panama City - 11 aprile 2015
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Il Presidente Usa Barack Obama al Summit delle Americhe a Panama City - 10 April 2015
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Havana, 12 agosto 2014
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Barack Obama parla al telefono con il presidente iraniano Hassan Rouhani

Cominciamo dall’Europa
I Paesi europei sono divisi fra loro su quasi tutto: flussi migratori, rapporti con Mosca, Libia, crisi israelo-palestinese, Grecia.

Anche quando esprimono alla fine una posizione comune, questa è il frutto di estenuanti trattative che partoriscono non-decisioni oppure labili compromessi che sostituiscono le formule diplomatiche alla sostanza delle scelte.

Inoltre l’Europa, vittima di se stessa e delle proprie indecisioni e divisioni, è in balìa dell’esodo migratorio, della minaccia terroristica islamica, delle crisi interne (Grecia) e di quelle a ridosso delle frontiere esterne (Russia-Ucraina).

Di fatto, il mondo stabile di prima delle rovinose primavere arabe si è trasformato in un cumulo di macerie di Stati che uno dopo l’altro sono crollati senza rinascere con un volto nuovo, democratico e insieme forte.

Imperversa il terrorismo dello Stato islamico. E le sanzioni contro Mosca, fortemente volute proprio dagli Stati Uniti, penalizzano un mercato potenzialmente gigantesco di interscambi UE-Russia (per l’Italia circa 1 miliardo di euro l’anno). Senza contare le conseguenze energetiche.

Sul fianco sud-orientale, poi, la Turchia islamista di Erdogan e la Grecia post-comunista di Tsipras minano l’assetto dell’Unione. Ancora l’Europa si dibatte nelle sue difficoltà di approvvigionamento energetico, mentre subisce la colonizzazione finanziaria del Golfo. Ed è, al suo, interno, in profonda crisi economica a dispetto della locomotiva tedesca.

Sulla scena internazionale, l’Europa è politicamente inesistente.

Le mosse di Washington
E gli Stati Uniti, invece? Hanno raggiunto l’autosufficienza energetica e non dipendono perciò dal petrolio e dal gas di altri Paesi (vedi il Golfo). Possono quindi relativamente disinteressarsi di quanto accade nel Medio Oriente e concentrarsi piuttosto sulle dinamiche commerciali asiatiche, le più promettenti e, si direbbe in inglese, “challenging”.
Impegnative come sfide.

Obama ha detto di non avere una strategia in Medio Oriente, ma è proprio l’assenza apparente di una strategia univoca a essere a suo modo una strategia.

La filosofia obamiama degli equilibri regionali, che include addirittura i governi di quello che una volta si sarebbe chiamato “asse del male”, legittima pure le frange islamiste dei fratelli musulmani (gli Stati Uniti sostennero Morsi e hanno disapprovato i sistemi di Al Sisi), così come sdogana l’Iran attraverso l’accordo nucleare di Vienna. E consente in ogni caso a Obama di non lasciarsi intrappolare nel pantano politico di un esercito che combatte sul terreno in Siria o Iraq, con morti e rapiti, ma senza prospettive certe di vittoria.

In un mondo frammentato, l’Europa che per sua natura è parcellizzata, ha tutto da perdere. E mentre la sospensione americana delle strategie atlantiche dirette alla stabilità di Europa, Medio Oriente e Mediterraneo è una strategia, l’assenza di visione comune da parte dell’Europa è solo caos, babele, anarchia.

La domanda è: a che gioco gioca Barack Obama? E soprattutto: siamo ancora così intrinsecamente e coerentemente alleati – noi europei e gli americani - come una volta?

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