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September 04 2018
"Silenzio e preghiera per rispondere agli ipocriti che tentano di dividere la Chiesa". Papa Francesco reagisce così - finora - ai duri attacchi che da qualche giorno sta subendo dall'ex nunzio negli Usa, l'arcivescovo Carlo Maria Viganò.
Un atteggiamento prudente, di grande "pazienza" - si apprende dai più stretti collaboratori di Jorge Mario Bergoglio, fortememnte impegnati a calmare gli animi di quanti – e non sono pochi – dentro le sacre mura, invece di affidarsi al "silenzio e alla preghiera", sono pronti a far volare stracci contro le prese di posizione di Viganò. Mentre ambienti giudiziari vicini alla Penitenzeria Apostolica (il dicastero che giudica i grandi peccati commessi dai chierici contro la fede e la persona del Papa) incominciano a pensare seriamente a verificare la posizione dell'ex nunzio. Vale a dire, se avviare un'indagine giudiziaria sia dal punto di vista ecclesiale che disciplinare a livello di Congregazione della Dottrina della Fede (l'ex Sant'Uffizio), o di Tribunale Vaticano previa inchiesta del Promotore di giustizia (il pm della Santa Sede).
Sviluppi che, comunque, non sono nell'agenda del pontefice il quale - filtra dal Vaticano - si augura "ardentemente" che il litigioso arcivescovo - dopo essere stato per 4 anni capo della nunziatura di Whashington e, in precedenza, segretario generale del Governatorato entrando in rotta di collisione con la Curia pontificia, a partire dall'ex segretario di Stato di Benedetto XVI, il cardinale Tarcisio Bertone - si "calmi" e sotterri l'ascia di guerra. In caso contrario, i vertici vaticani sarebbero già pronti a rispondere punto su punto a tutte le accuse lanciate da Viganò, prime fra tutte la presunta copertura papale al cardinale Theodore Edgar McCarrick (88 anni), ex arcivescovo di Whashington, accusato di presunti delitti sessuali, al quale, però, proprio per questo papa Francesco ha recentemente tolto la porpora. Un provvedimento gravissimo che nella storia della Chiesa contemporanea ha un solo precedente per gli stessi capi di accusa con Giovanni Paolo II che nei primi anni del 2000 tolse la dignità cardinalizia all'ex arcivescovo di Vienna Hans Herman Groer, successivamente scomparso in un monastero austriaco dove era stato segregato in clausura su ordine del Vaticano.
Sulla vicenda Viganò il papa non nasconde la sua sofferenza. Lo ha detto in pubblico e lo confida spesso e volentieri in privato. Significativo, inoltre, che commentando il Vangelo di domenica e di lunedì scorso, ha messo in risalto i "danni" alla fede e all'unità della Chiesa che "ipocriti e sepolcri imbiancati fanno quando si ergono a giudici e lanciano accuse infondate".
Fin troppo chiaro, anche se indiretto, il riferimento all'ex nunzio che però sembra sempre più ostinato a portare avanti quella che lui chiama la sua "battaglia" personale per "pulire la Chiesa".
Dalla Penitenzeria Apostolica non giungono, in verità, segnali incoraggianti per Viganò, che "al di là della velleitaria, discutibile ed inconcludente richiesta avanzata al papa di dimettersi, potrebbe essere fatto oggetto di eventuali procedimenti per altri motivi, vale a dire l'aver disatteso al giuramento di riservatezza e di segreto che tutti i dipendenti della Santa Sede, laici ed ecclesiastici, sono tenuti a rispettare", ragiona l'arcivescovo Francesco Girotti, giurista, collaboratore di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e di papa Francesco, reggete emerito della Penitenzeria. Ma il primo a non voler aprire procedimenti giudiziari sul suo accusatore è proprio Francesco, che, prendendo a modello il Gesù dei Vangeli che reagì col silenzio a chi lo contestò nella Sinagoga di Nazareth, sta cercando di sedare gli animi invocando moderazione, calma, bocce chiuse, rispetto, niente offese alle offese.
Un atteggiamento di paziente misericordia tipico di un padre verso un figlio piuttosto "discolo" che finora è stato fatto proprio da gran parte delle componenti ecclesiali. Come la Conferenza episcopale italiana col presidente, il cardinale Gualtiero Bassetti, che rivela di aver incontrato "il Santo Padre recentemente e l'ho visto molto sereno. Di fronte a ogni avversità il Papa reagisce dicendo: 'L'importante è fare ciò che ci chiede il Vangelo'. Riguardo a questi dossier le parole pronunciate da Francesco sono stupende: 'Silenzio e preghiera con chi cerca scandalo'. Le faccio mie e le propongo a tutta la Chiesa italiana".
Questo sul caso Viganò. Sulla vicenda della nave Diciotti e suo rischi di spaccatura per la Chiesa in tema di immigrazione, Bassetti, in perfetta sintonia col papa, assicura che "noi non ci tiriamo indietro" perchè "la Chiesa, sin dalle sue origini, si prende cura dei forestieri e dei migranti: è una missione evangelica", e "non è certo un progetto politico da valutare co un sondaggio di opinione", "la Chiesa non ha interessi politici, e men che meno di governo".
Infine sugli scandali su chi specula sull'accoglienza, "ogni ingiustizia deve essere sanzionata", "ma la retorica del business sui migranti non mi appassiona".
Anche i Frati francescani di Assisi sono vicini a papa Francesco e ne condividono l'invito. "Coltiviamo il sentiero che ci ha indicato, nella circostanza (il caso Viganò, ndr): silenzio e preghiera", garantisce padre Enzo Fortunato portavoce del Sacro Convento di Assisi. "Papa Francesco ha giustamente raccomandato silenzio e preghiera; atteggiamento - ricorda padre Fortunato - che trova la sua forza anche nelle parole di San Francesco d'Assisi, quando di fronte allo scandalo di un confratello, nella lettera a un ministro, raccomandava appunto misericordia, silenzio e preghiera".
Difficile dunque immaginare di vedere l'ex nunzio dietro le sbarre di un tribunale vaticano, "specialmente se si darà una calmata2, sperano i collaboratori di papa Bergoglio. In caso contrario, la giustizia pontificia non sta con le mani in mano.