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July 02 2018
Nicola Zingaretti si prepara a scalare il Pd. Da tempo il suo nome è in circolazione e a quanto pare negli ultimi quattro mesi il governatore del Lazio ha intensificato i rapporti con quel pezzo di Pd e di centrosinistra che vorrebbe archiviare la stagione renziana.
Anche se quella della Regione Lazio è stata una vittoria, solo sulla carta, quello di Zingaretti è stato da subito ribattezzato un modello di inclusione da contrapporre ai giochi delle scissioni caldeggiate dalla segreteria nazionale. Insomma, meglio una vittoria sulla carta che una batosta inappellabile alle urne.
In questi mesi Zingaretti ha incontrato gli altri sindaci di centrosinistra che sarebbero pronti a rifondare la sinistra insieme a lui. Oltre ai sindaci del Lazio, Beppe Sala e VirginioMerola.
“L'alternativa deve vedere protagonista una nuova generazione, un partito che deve rimescolare le carte e produrre un congresso di svolta e mettere in campo nuove sfide. Dobbiamo essere protagonisti di un nuovo progetto di innovazione dell'Italia e fare un processo congressuale aperto che abbia all'ordine del giorno un nuovo progetto di innovazione per il Paese".
Così Zingaretti si è rivolto a 800 giovani qualche tempo fa rendendo palese la sua idea di scendere in campo, non tanto per il Pd, ma per tutto il centro sinistra contro la deriva populista imboccata dal nostro paese.
Non tutti vedono in lui un leader, forse perché nelle sue scelte si è sempre mosso con passo felpato, senza troppi colpi di scena. Forse quello che manca al governatore è il carisma dell'uomo di comando.
Anche se nei suoi anni alla Pisana si è fatto notare poco, Zingaretti ha arginato i conti in rosso della sanità laziale e i bilanci di alcune partecipate destinate al fallimento. Ma di fronte al baccano arrivato dal Nazareno, dove un ipertrofico Renzi erodeva a colpi di hashtag il suo consenso, Zingaretti costruiva sapientemente una rete di consenso che andasse oltre il Pd e tenere stretto il contatto con quegli ex compagni confluiti in Leu.
Oggi chi scommette su Zingaretti, scommette soprattutto su questa capacità di ricostruzione e di ascolto che il governatore ha sempre mostrato.
Perché se come scriveva il diretto interessato, all’indomani della sconfitta delle amministrative, sull’Huffington Post che “un ciclo storico si è chiuso” e non bastano semplici aggiustamenti è anche chiaro che per ricostruire dalle macerie ci vuole umiltà e abnegazione.
Così Zingaretti poco avvezzo alla spettacolarizzazione sempre il più adatto per ricucire con pazienza quel terreno della sinistra che in questi anni è stato calpestato in ogni modo da un gruppo di politici rampanti, che forse in una sezione non sono entrati mai.
Da ex Ds, potrebbe aiutare tutte quelle forze di centrosinistra che in Renzi e in questo Pd non si sono mai riconosciute, oltre a quella parte dell’elettorato 5 stelle proveniente dalla sinistra che dopo questa alleanza con la Lega potrebbe abbandonare Di Maio, a rifederarsi sotto un alfabeto nuovo che aggiorni i valori della sinistra tradizionale alle sfide del nuovo millennio, avvicinando così anche quei giovani che il Pd non ha mai attratto.
La sfida posta dal governatore del Lazio è più grossa e va oltre il Pd. L’ambizione è quella di creare un terzo polo alternativo alle forze populiste, da combattere sul piano dei contenuti e delle azioni da intraprendere.
Tanto che l’unico ad aver dato un cenno al governo Di Maio-Salvini è stato proprio lui, varando per primo in Italia, una legge regionale per assicurare tutele ai lavoratori della gig economy.
L’unico scatto di reni arrivato dal Pd dal 4 marzo è arrivato dal Lazio e senza alcun tipo di annuncio, hashtag o proclama. Il Lazio ha adottato in poche settimane dall’insediamento del consiglio regionale una legge che il Movimento 5 stelle ha sempre annunciato e mai realizzato. Zingaretti ha capito che l’opposizione al populismo si fa con i fatti e che per ricostruire la sinistra non bastano le analisi, ma bisogna tornare tra le persone e ricostruire empatie.
Un lavoro che non conosce protagonismi, ma gioco di squadra. Quello che è mancato con Renzi.