La Russa jr colpevole per la stampa senza processo

Forse sarebbe il caso di fermarsi un momento e riflettere. Il caso La Russa sta sfuggendo a tutti di mano: quella che è una vicenda delicata che dovrebbe indurre pazienza e prudenza, si è già trasformata in una guerra tra opposte tifoserie.

Bisognerebbe avere l’accortezza di separare il caso giudiziario dai suoi riflessi politici, ma a leggere i giornali sembra di capire che la sentenza nei confronti di Leonardo Apache La Russia sia stata già emessa dal tribunale del popolo. Come niente fosse, la stampa pubblica le chat private della ragazza coinvolta, hanno già la verità in pugno, il verdetto è già stato vergato. Dovrebbe essere interesse di tutti una celere ricostruzione dei fatti, per capire se la presunta vittima è davvero vittima, e il presunto colpevole è davvero colpevole: ma a tratti sembra quasi che certi giornalisti parteggino apertamente per la ragazza, ancor prima di conoscere i dettagli incontrovertibili di quanto sia successo quella notte a Milano. Si racconta in maniera generica di accertamenti medici, aggiungendo che tali esami farebbero propendere per una violenza effettivamente subita. Si confondono i fatti con le opinioni. Nessuno che ricordi alcune semplici verità: le prove si raccolgono nei processi, e non sui giornali, e prima ancora i processi devono essere chiesti e concessi da un giudice terzo. Secondo assioma: tutti sono innocenti fino alla sentenza definitiva, tutti, anche i figli dei presidenti del Senato.

Come si diceva, nella foga di voler crocifiggere, si mescola il piano giudiziario, quello in cui sul tavolo c’è una denuncia al vaglio della procura, con quello politico. E in questo caso nel banco degli imputati allestito in fretta dalla folla mediatica ci è finito il padre dell’accusato, vale a dire Ignazio La Russa. Il quale, anziché mantenere un basso profilo e limitarsi ad attendere gli eventi nutrendo fiducia nella magistratura, è intervenuto (poi ritrattando) con un comunicato rumoroso e controproducente. Certamente una gestione più avveduta a livello comunicativo avrebbe evitato un’ulteriore dose di partigianeria su tutta questa storia.

Ma ciò non toglie che il principio di fondo resta immutato. Al di là della polemica politica, non è accettabile una condanna a priori. In nessun caso. Non era accettabile per Ciro, il figlio di Beppe Grillo accusato di violenze durante una vacanza in Sardegna da una sua amica; non è accettabile neanche oggi nel caso di La Russa. Sembra che trent’anni di guerra tra politica e giustizia non abbiamo insegnato niente a nessuno. Le stesse storture, le stesse connivenze, gli stessi giudizi e pre-giudizi, avvelenano il clima. Chi farà il primo passo per uscire dalla barbarie e entrare nella civiltà?

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