La sanità "spaccata" dei Pronto Soccorso
Il dottor Rosarino Procopio, primario del Pronto Soccorso di Lamezia Terme, stava dialogando con i familiari di una paziente che intendeva dimettere dal reparto di Osservazione breve intensiva, quando uno dei tre congiunti della donna ha iniziato a inveire e a insultarlo: non era d'accordo sulle dimissioni. Erano le 21 di ieri sera, lunedì 11 novembre: nemmeno il tempo di girarsi per tornare nella sua stanza che il parente della donna l'ha colpito alle spalle con un manganello che teneva nascosto sotto la giacca. Immediato intervento delle Forze dell'ordine, denuncia dell'aggressione da parte del medico, e solito copione di solidarietà da istituzioni ed esponenti politici: per fortuna Procopio non ha riportato fratture, ma l'episodio riaccende l'alert su una delle maggiori problematiche che riguarda i reparti di Emergenza-Urgenza. Nonostante, infatti, il recente decreto legge che prevede l'arresto in flagranza, anche differito (entro le 48 ore), per chi commette violenze o minaccia il personale sanitario i casi non accennano a diminuire. Questo ennesimo caso di violenza arriva proprio pochi giorni dopo la presentazione del report dell’Accademia dei Direttori di SIMEU (Società Italiana Medicina di Emergenza e Urgenza, che riunisce ogni anno i primari dei Pronto Soccorso italiani: In questa occasione sono stati presentati i risultati di una rilevazione che descrive la situazione attuale dei nostri reparti di emergenza. Hanno risposto 80 centri, che rappresentano quasi 4 milioni di accessi all’anno, cioè il 22% dei totali. Il quadro è desolante: carenze di organico, reparti di degenza che non accolgono i pazienti provenienti dai Pronto Soccorso, che così sono costretti a rimanere anche per giorni ricoverati in barella (il cosiddetto fenomeno del boarding), poca collaborazione da parte dei medici di famiglia, conflitti tra medici e pazienti, aggressioni fisiche, insulti.
TROPPO POCHI I MEDICI IN PRONTO SOCCORSO
Dall’indagine emerge chiaramente quello che è il problema principale dei Pronto Soccorso: la carenza di personale, indicata come gravemente impattante dal 29% delle strutture. Altre criticità sono -appunto-il boarding e gli accessi impropri (cioè le troppe persone che si recano in Pronto Soccorso per problemi risolvibili dai medici di base o dalle guardie mediche). E pesa anche il fenomeno delle aggressioni, anche se ridimenzionato rispetto ad altre problematiche. «I temi maggiormente dibattuti» afferma Beniamino Susi, Vice Presidente SIMEU. «Come gli accessi “impropri” o le aggressioni, sono considerati dai professionisti di minor importanza rispetto alla necessità di rinforzare gli organici con lo scopo di garantire una migliore qualità di cura ed assistenza e di diminuire il carico di lavoro sui singoli operatori e, di conseguenza, anche lo stress psicofisico dei professionisti». E’ molto interessante andare ad analizzare cosa chiedono, i professionisti dell’Emergenza, alla medicina del territorio: innanzitutto una maggior attività di filtro da parte della medicina generale, l’attivazione di ambulatori ad accesso diretto, una presa in carico più efficace e precoce di pazienti dimissibili e la diminuzione dei tempi d’attesa per gli esami diagnostici. «Le liste d’attesa» spiega Fabio De Iaco, Presidente SIMEU. «Cioè l’argomento centrale degli ultimi anni, sono considerate meno impattanti rispetto ad altri elementi quali la possibile azione di filtro della Medicina Generale o la presa in carico precoce di pazienti in uscita dall’Ospedale».
SERVIZI INSUFFICIENTI E CARENZE DEI MEDICI DI BASE
Ma i dati importanti riguardano anche i pazienti che si rivolgono ai Pronto Soccorso e i loro parenti, che grazie al progetto “Aver Cura” portato avanti da SIMEU sono stati parte di un progetto di compartecipazione, analisi e condivisione di intenti che mira a costruire un’alleanza virtuosa tra medici, infermieri, operatori sanitari e cittadini che sono costretti a ricorrere alle cure dei Pronto Soccorso italiani. Dai questionari è emerso che il 72% degli intervistati si era recato in PS almeno 3 volte in un anno, che il 41% non ha ancora compreso a cosa serve il triage, che quasi il 59 ha atteso più di otto ore prima di essere ricoverato e che il 61% non ha avuto nemmeno un pasto durante la permanenza. Il 37% dei casi, nemmeno un ristoro, fosse solo una bottiglia d’acqua.I problemi sono enormi, ed è evidente che la situazione -visto anche il fenomeno della disaffezione dei giovani medici che ormai non scelgono più le specializzazioni in emergenza-urgenza preferendo altre branche più redditizie e meno impattanti sulla qualità di vita- non può essere gestita contando solo sui professionisti che ancora resistono, nelle corsie dei Pronto Soccorso. Sempre più vuote. Non sarebbe quindi più opportuno un maggior coinvolgimento dei medici di base? E' ancora sostenibile un contratto nazionale che prevede la possibilità di chiudere gli ambulatori di medicina generale anche nei giorni pre-festivi, con il risultato (solo per fare un esempio) che in occasione del recente "ponte" di Ognissanti i cittadini si sono trovati con gli studi dei propri medici di base chiusi dal mercoledì sera al lunedì mattina? Ci sono le guardie mediche, rispondono i medici del territorio: ma sappiamo bene come funzionano: poco, e spesso male. Con il profondo cambiamento della epidemiologia, della cronicità e con l’evoluzione delle soluzioni diagnostiche e terapeutiche, risulta ormai anacronistico un modello di cure che troppo spesso si traduce in un’azione complessivamente insufficiente, con le dovute ma sempre più rare eccezioni, sul primo livello assistenziale dei cittadini.
PROBLEMI DI COMUNICAZIONE MEDICO-PAZIENTE
Sicuramente, c’è da riflettere anche sulle modalità di comunicazione, dato che quasi il 20% dei pazienti ha lamentato disagi riconducibili al comportamento dei professionisti sanitari e a una comunicazione non sempre all’altezza della situazione e delle aspettative. C’è però anche un dato confortante, al riguardo: più i codici di triage sono alti, e quindi il rischio clinico grave, più i pazienti hanno dichiarato di aver avuto la percezione di cure adeguate e comunicazioni esaustive. Questa sensazione invece scende tra i codici bianchi, il 21% dei quali dichiara anche di aver ricevuto informazioni insufficienti. Questo significa, chiariscono da SIMEU, che le risposte alla vera emergenza urgenza, grazie allo sforzo di medici ed infermieri, continuano ad essere eccellenti nonostante il contesto. Nel complesso emergono criticità sempre più evidenti, sia nella relazione tra cittadini e professionisti, con una chiara compromissione del necessario rapporto fiduciario, sia nel rapporto tra professionisti ed istituzioni, percepite come non in grado di arginare i problemi.Occorre uno sforzo organizzativo e comunicativo non da poco, per affrontare un inverno che per i Pronto Soccorso si preannuncia molto complicato. L’influenza australiana è alle porte, e con essa arriveranno il sovraffollamento delle corsie, con i relativi rischi per i pazienti, i turni sempre più pesanti, i casi di burnout e gli abbandoni da parte dei medici dei reparti di emergenza urgenza: sempre più numerosi, sempre più preoccupanti.
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