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October 05 2018
Ero curioso di incontrare Davide Casaleggio. Così, dopo l'incontro, gli ho dedicato la copertina. L'ho scritto tante volte, alcuni lettori hanno apprezzato, altri no: non ho votato per i due partiti oggi al governo e molte cose che fanno non mi piacciono perché preferisco la moderazione all'estremismo, il realizzabile all'irrealizzabile.
Però non ho tessere di partito in tasca, non sono seduto in parlamento sui banchi dell'opposizione. Sono seduto in un giornale e ficcherei il naso ovunque. Mi piace raccontare, analizzare, offrire punti di vista, polemizzare anche. Mi piace raccogliere idee e farle circolare. Mi piace farlo perché è la mia indole e perché ho avuto la grande fortuna di fare un lavoro che quell'indole può alimentare.
Quando qualche mese fa ci fu il contatto con la Casaleggio Associati, capii subito che le nostre e le loro esigenze potevano convergere. Noi partivamo da una domanda: chi siete e che cosa siete? Loro, da un'affermazione: non siamo quel che i giornali vogliono far credere.
Erano diffidenti, il ghiaccio ci ha messo un po' a rompersi ma alla fine si è rotto. E devo dare atto che averci aperto le porte, essersi seduti con noi a parlare per una mattinata, avere deciso di farlo nonostante le mie riserve e le mie critiche di questi mesi, è stato un gesto che ho apprezzato.
Quante volte si è letto che il movimento grillino è eterodiretto dalla Casaleggio Associati? Quante volte si è indicata questa società come un Grande fratello che vuole impossessarsi del Paese?
Ero dunque molto attratto dall'idea di entrare nel cuore della Spectre populista. Quando sono uscito, ho capito quel che vado a illustrare. All'inizio fu Gianroberto Casaleggio, morto a 62 anni nel 2016. Un visionario della comunicazione, un guru attento alla rivoluzione tecnologica, un manager concentrato sui processi di partecipazione diretta che internet ha completamente rivoluzionato.
C'era molto di "politico" in quest'uomo che però con la sua società si occupava di spiegare alle aziende come tenersi al passo coi tempi in campo di comunicazionee di marketing. Semplificando: spiegava come farsi conosceree come vendere (e vendersi) meglio ai tempi della Rete. Era un consulente-pioniere in Italia, uno che intercettava in anticipo gli stravolgimenti che internet ha portato nella nostra vita quotidiana.
Oggi il messaggio della Casaleggio associati è: noi siamo rimasti quella cosa lì. La politica con la P maiuscola è entrata prepotentemente quando Casaleggio padre e figlio conobbero Beppe Grillo. Pensarono che il messaggio del comico trattato col loro approccio avrebbe potuto diventare "virale". Diventato "virale", capirono che anche la sua discesa in campo e il malcontento dilagante che cavalcava potevano diventare "virali".
Se Di Maio è ministro lo deve a quell'intuizione, se Di Maio è ministro quell'intuizione era evidentemente indovinata. Ma per la Casaleggio Associati, quella che era stata una straordinaria operazione di marketing visionario-tecnologico applicato alla politica è poi diventato anche un vincolo da sciogliere. Tranne che per un socio, il più ingombrante visto che porta il cognome del fondatore.
Da qui la "separazione delle carriere" con la piattaforma Rousseau che mantiene il filo diretto col Movimento Cinquestelle e la casa-madre che vuol fare il mestiere per cui è nata.
Davide Casaleggio mi ha dato l'impressione di essere convinto, come il padre, di non avere solo una visione ma anche una missione. Come il padre, crede che internet porterà a una partecipazione decisionale diretta dei cittadini e consentirà ai cittadini di autogovernarsi con sempre meno filtri intermedi (mi si perdoni se semplifico troppo).
Personalmente non ho paura di più partecipazione degli elettori ai poteri decisionali però credo nelle istituzioni, nei partiti per quanto rinnovati, nella classe politica se preparata e onesta, nei pesi e contrappesi istituzionali, nelle regole da rispettare. Ho paura di una rete e di una piazza unica voce in capitolo, ho paura di una classe dirigente selezionata con i like di pochi amici, ho paura del giacobinismo che non prevede prigionieri. Ma non dico che Casaleggio è un mascalzone pazzo, dico che molte cose non mi convincono.
Non credo neanche che sia assetato di potere, che voglia mettere i suoi uomini nei posti chiave per interessi economici personali. Vuole che la sua visione-missione conquisti il mondo, appoggia e consiglia i grillini perchéi grillini sono la dimostrazione che la sua vision e missione è quella giusta.
Io ho molti profondi dubbi, ma nella nostra chiacchierata (come si può leggere a pag. 24 del numero 42 di Panorama in edicola dal 4 ottobre), dice una cosa sacrosanta: se la politica non avesse snobbato quell'onda montante dal basso, se non avesse nascosto nei cassetti le radicali richieste di pulizia, se avesse dialogato con quel mondo nuovo invece di demonizzarlo, se si fosse rifondata davvero, il movimento Cinquestelle non sarebbe diventato un partito e non saremmo oggi col governo che abbiamo.
Se un Piero Fassino, che è ancora lì a dar lezioni, non avesse sbeffeggiato Grillo dicendogli "fai un partito se sei capace", se in tanti non si fosse pensato che un comico era buono solo per le comiche, quel grido sarebbe potuto diventare consenso invece che un vento di rabbioso dissenso.
Mi è sembrato lucido Davide Casaleggio in questa lettura e mi ha rafforzato nella convinzione che la politica si vince con la politica. Che se si vogliono sconfiggere le sue idee si deve farlo con idee migliori (e ce ne sono), che gli incompetenti si battono con le competenze, che un ragionamento può disarmare le grida se non si dice "zitti voi".
Ho sempre pensato che i populisti siano figli dell'incapacità dei vecchi partiti. Per contrastarli, per riconquistare credito bisogna essere capaci e bravi. Con persone, visioni e linguaggi nuovi all'altezza della sfida.
raffaele.leone@mondadori.it
(Questo articolo è stato pubblicato sul numero di Panorama in edicola il 4 ottobre)