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November 16 2012
A vederlo sembra “Mazinga”, il celerino rude e massiccio del film “Acab – All Cops are bastards”. Ma in realtà, del poliziotto “cattivo” interpretato da Pierfrancesco Favino, non ha nient’altro se non una sconcertante somiglianza fisica e l’appartenenza al corpo di polizia. Per il resto, niente odio o fanatismo. Ma solo un senso di rispetto e onore – fortissimo – per la divisa che indossa.
Manifestazioni studentesche, cortei di lavoratori, servizio d’ordine pubblico allo stadio. Marco (nome di fantasia), 45 anni, fa parte del Reparto Mobile della Questura di Milano da più di quindici anni. E nel corso della sua vita da poliziotto ne ha viste di tutte i colori. Ma dopo i fatti di Roma, dove per sedare una manifestazione durante lo “sciopero europeo” la polizia è ricorsa all’uso di lacrimogeni - contro la folla - che sarebbero stati lanciati dalle finestre del ministero della Giustizia, ora in forma anonima a Panorama.it decide di raccontare quello che – realmente – accade durante situazioni di questo tipo. Dove a Roma, secondo lui, “ai dirigenti è scappata la mano”.
Come si svolge e chi decide il servizio di ordine pubblico in una manifestazione?
Il numero degli agenti del Reparto Mobile viene deciso dall’Ufficio di gabinetto e ordine pubblico nei giorni prima dell’evento. Così come il loro posizionamento. E viene valutata l’eventualità di utilizzare anche i lacrimogeni.
Da chi parte l’ordine per il lancio dei lacrimogeni?
Innanzitutto va detta una cosa: l’uso dei lacrimogeni da parte della polizia è sempre l’extrema ratio. Così come l’uso delle armi, o dei manganelli. A deciderla è il dirigente di ordine pubblico, che è presente durante il servizio. Ovviamente, quest’ultimo è sempre in contatto via telefono con la Questura centrale, con la quale si consulta per qualsiasi decisione. Ma la scelta e l’ordine dato agli agenti tocca a lui. Quando lui dà il via, tutti eseguono. Questo per quanto riguarda le cariche, così come per i lacrimogeni.
Quand’è che si decide per l’uso dei lacrimogeni?
Quando la massa dei manifestanti è oggettivamente pericolosa, organizzata, a volte armata. E occorre disperderla. Ma l’uso dei lacrimogeni, così come a volte può essere indispensabile, altre volte è controproducente e dannoso. E prima di utilizzarli bisogna valutare molte cose. Per esempio osservare il vento da che parte tira, per capire se i gas avranno effetto oppure no. Il lacrimogeno genera il panico, il caos. E le persone perdono il controllo. Ecco perché, dicevo, è l’extrema ratio.
Che differenza c’è fra i lacrimogeni normali e quelli “a strappo”, che sarebbero stati utilizzati a Roma e che per altro non sarebbero in dotazione al reparto di polizia penitenziaria di via Arenula?
I lacrimogeni a strappo hanno un raggio d’azione più ampio. In pratica, hanno vari dischetti di munizionamento che si aprono, e dai quali esce la sostanza.
Le è mai capitato di svolgere servizio di ordine pubblico in fatti particolarmente delicati e tesi, come quelli di Roma?
Assolutamente sì. E comunque ogni situazione in cui si è chiamati a svolgere ordine pubblico è potenzialmente pericolosa, soprattutto nei cortei o negli stadi. Il problema è quando si perde il controllo, da entrambe le parti. Bisogna tenere presente che in un servizio di ordine pubblico tutto è imprevedibile e le disposizioni, magari studiate a mente fredda la sera prima, da un momento all’altro possono cambiare, ribaltarsi. E si può arrivare a scontri violentissimi. Tutto questo lo sanno di dirigenti, che se sono ben addestrati evitano gli scontri fino a che possono farlo, e lo sanno i poliziotti in tenuta antisommossa.
A Roma si è perso il controllo, dunque?
Bisognerebbe capire quale era realmente il livello di pericolo rappresentato dai manifestanti. Ma io personalmente credo che sia un po' scappata la mano, se è vero che i lacrimogeni sono stati lanciati dalle finestre del ministero e sulle persone in fuga. Forse c’è stato, come dire, un eccesso di legittima difesa. E ben ha fatto il ministro della Giustizia Paola Severino ad annunciare l’apertura di un’inchiesta interna. Con i manifestanti bisogna mediare, quando possibile. Però ovviamente noi poliziotti facciamo il nostro lavoro, anche se i manifestanti non lo capiscono. Quello che ho sempre fatto io, quando mi sono trovato in quelle situazioni, è stato mediare e mantenere la calma. Io odio la violenza. E quei ragazzi hanno poco più dell’età di mio figlio, che va al liceo. Come potrei essere felice di colpirli con il manganello? Ma il fatto è che non solo loro mai anche noi abbiamo paura per la nostra vita, in quei momenti. Nessuno a parte noi sa cosa significa trovarsi in mezzo a persone che lanciano pietre, hanno con sé bastoni, e potrebbero essere armati. La tragica morte dell’ispettore Filippo Raciti è ancora viva e cocente dentro ognuno di noi.