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May 22 2018
I governi passano, le burocrazie restano e talvolta crescono, incuranti dei cambiamenti politici. È il caso dell’Agenzia delle entrate dove è appena stato nominato capo ufficio stampa Salvatore Padula, già vicedirettore del Sole 24 Ore. La sua competenza è fuori discussione. Quel che non si capisce è perché nelle agenzie fiscali si debbano ignorare allegramente le regole valide in tutta la pubblica amministrazione, ossia che per nominare un dirigente si fa un concorso, o almeno un interpello (forma semplificata di selezione fra più candidati). Specie quando anziché ricorrere ai dipendenti interni si va a pescare fuori, con l’inevitabile conseguenza di un aumento di esborso di denaro pubblico.
Nel caso in questione a cedere il posto a Padula è il precedente capo ufficio stampa ad interim Sergio Mazzei, contestualmente nominato capo della comunicazione (con competenze su sito internet, comunicazioni ai contribuenti ed eventi istituzionali), assegnando d’ora in poi a due persone il lavoro che per una decina d’anni è stato svolto da una sola. Peccato che nessuno si sia preso la briga di spiegare le motivazioni che hanno suggerito il cambiamento proprio ora né di vagliare in modo pubblico e trasparente se altri fossero in grado di occupare quella posizione fra i dipendenti dell’Agenzia, interni o esterni all’ufficio stampa (che a quanto risulta a Panorama.it conta almeno una decina di persone).
Si potrebbe obiettare che l’amministratore delegato o il direttore generale di una grande azienda, cui è senz’altro assimilabile per complessità e ampiezza l’ente che vigila sulle nostre dichiarazioni dei redditi, si riservano normalmente di scegliere una persona di fiducia come capo dell'ufficio stampa; cosa che il direttore dell’Agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini non aveva ancora fatto nei quasi dodici mesi trascorsi dalla sua nomina. Già, ma anche sorvolando sulla distinzione fra prassi normali nel privato e nel pubblico, c’è il fatto che al momento della nomina di Padula, all’inizio di maggio, il governo Gentiloni era agli sgoccioli, e non è affatto peregrina l’ipotesi che il nuovo esecutivo decida di collocare qualcun altro nella posizione oggi occupata da Ruffini.
Era opportuno, per non dire lecito, l’arruolamento di un nuovo capo ufficio stampa proprio in quel momento? A giudicare dall'andazzo consueto alle agenzie fiscali si può escludere che qualcuno si sia posto questa domanda. Sono passai più di tre anni da quando la Corte costituzionale ha decretato la decadenza di oltre mille dirigenti (800 solo nell’Agenzia delle entrate) perché promossi in modo discrezionale, invitando le amministrazioni a tenere al più presto i relativi concorsi e non si è ancora tenuta una sola prova.
Di più. Negli ultimi mesi si è avuto addirittura un aumento delle procedure che violano l’obbligo di effettuare concorsi per gli incarichi nella Pubblica amministrazione, stabilito all’ articolo 97 della Costituzione, con l'assegnazione di posizioni operative a tempo di cui sono beneficiari spesso dirigenti già promossi in modo discrezionale e per questo decaduti nel 2015. I loro incarichi sono temporanei e si rinnovano per la maggior parte ogni tre anni, creando di fatto una dirigenza parallela, priva dei requisiti di legge ma pienamente operativa nei fatti.
È una prassi che imperversa da sempre all’Agenzia delle entrate, dove in 15 anni, vale la pena di tenerlo ben a mente, non si è tenuto un solo concorso per dirigenti. A marzo c’è stato l’ennesimo annuncio di una selezione pubblica che avrebbe finalmente dovuto sanare la situazione di illegalità dovuta al mancato rispetto della sentenza della Corte costituzionale del 2015. Ma anche di quest’ultimo ipotetico concorso si sono perse le tracce.