"L’albero del vicino": storie di famiglia - Recensione
L’albero del vicino (in sala dal 28 giugno, durata 89’) non è come l’erba, cioè sempre più verde. Anzi. Lo si vorrebbe veder disseccato, sparito, defunto, segato. L’islandese Hafsteinn Gunnar Sigurðsson lo mette al centro di una faida tra famiglie contigue che diventano rivali per colpa di un’ombra troppo estesa che quell’albero proietta sulla vita dei confinanti. Nelle sostanze di una commedia nera a suo modo sorprendente, giocata su esiti imprevedibili di conflittualità estese e perfino misteriose, su cadenze narrative sempre più nervose col progredire della pressione e una terza famiglia, come si vedrà, risucchiata nel vortice rabbioso.
Un filmino porno galeotto. E la crisi è servita
Come inizio, difatti, non c’è male. Lei, Agnes (Lára Jóhanna Jónsdóttir), becca lui, suo marito Atli (Steinþór Hróar Steinþórsson), che in piena notte, dopo essersi alzato dal letto, si gusta un porno e si masturba. E già sarebbe un problema. La situazione però degenera quando lei scopre, guardando meglio, che nel porno - evidentemente è un filmino rovente fatto in casa - c’è lui con una sua vecchia fiamma. Risultato: “Vattene fuori di qui”. E Atli se ne va a casa dei genitori, con una figlia piccola di mezzo che la coppia si litiga in maniera furibonda.
Quella guerra di confine dai risvolti carogneschi
Ma da mamma Inga (Edda Björgvinsdóttir) e papà Baldvin (Sigurður Sigurjónsson) le cose, se possibile, vanno ancora peggio: perché un albero piantato nel loro giardino, dal grande tronco e straripante di fronde, dilaga con la sua ombra sulla villa dei vicini Konrad (Þorsteinn Bachmann) e Eybjorg (Selma Björnsdóttir) scatenando una guerra di confine dai risvolti carogneschi, dispetti macabri tipo animali che spariscono, cani impagliati e gomme di macchina bucate in una rivalità carica di odio sordo e feroce sotto i cieli di Reykjavik.
E all’apice del dramma spunta una motosega
Dove Atli, pure lui sempre in lotta a distanza con la moglie, diventa testimone (e alla fine anch’egli vittima) di un contagio rissoso dove sono soprattutto le donne - la madre di Atli e la compagna del vicino – a scambiarsi colpi proibiti e frasi da trivio: franando verso un epilogo - anche beffardo - del tutto fuori controllo con la comparsa di una fatale motosega all’apice di un dramma conservativo/distruttivo, mescolato con la commedia più acida e scura, che Sigurðsson mette in scena in una escalation di ferocia e striature prossime all’horror.
L'incomunicabilità sociale e la sua degenerazione
Vi si rappresentano con chiari riflessi allegorici la degenerazione progressiva dei conflitti sociali, dell’insofferenza e dell’incomunicabilità urbana attraverso reazioni a catena incontrollabili e spesso immotivate; in un film ansiogeno, intrigante e recitato nelle sfere del perfezionismo teatrale: attorno a quell’albero cui certe sfumature sonore e prospettive di ripresa sembrano attribuire vita propria e influssi nefasti con invito alla disputa sanguinosa.
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