Musica
June 18 2020
Chuck D, leader dei Public Enemy, ha affermato anni fa che "L'hip hop è la CNN del ghetto". Una definizione per certi versi superata, visto che l'hip hop è diventato un linguaggio universale capace di trattare i temi più disparati e di arrivare a tutte le classi sociali. Un linguaggio che oggi ha il suo indiscusso re in Kendrick Lamar, vincitore nel 2018 del Premio Pultizer per la musica grazie all'album DAMN, che ha conquistato 5 Grammy Awards (ma non quello come migliore album dell'anno, andato a 24K Magic di Bruno Mars).
Lamar è il primo musicista non classico e non jazz, in 102 anni, a ricevere il prestigioso premio, perché "DAMN. è una virtuosistica collezione di canzoni unificate dall'autenticità vernacolare e dal dinamismo ritmico, che offre una serie di emozionanti vignette che catturano la complessità della moderna vita africano-americana". Il rapper di Compton è entrato così nel gotha della musica mondiale, accanto ad artisti del calibro di Aaron Copland, Charles Ives, John Adams, Bob Dylan, Duke Ellington, George Gershwin, Thelonious Monk, John Coltrane e Hank Williams.
In precedenza altri musicisti di ambito pop avevano ottenuto un riconoscimento speciale dal Pulitzer, ma non il Premio per la musica vero e proprio: Bob Dylan nel 2008 e Hank Williams nel 2010, benché postumo. Dopo la pubblicazione di DAMN, Lamar ha curato personalmente anche l'eccellente colonna sonora del film campione di incassi The black panther, lanciata dalla hit All the stars feat.SZA, che travalica il rapper per abbracciare il soul, il funk e l'afro beat. Nato il 17 giugno nel 1987 a Compton, uno dei quartieri meno raccomandabili di Los Angeles dove sono cresciuti altri rapper illustri come Eazy-E, Dr. Dre e The Game, Kendrick è forse l'unico artista hip hop di oggi a mettere d'accordo pubblico, critica e colleghi. Pharrell Williams lo ha addirittura paragonato a Bob Dylan per la sua abilità nello scrivere le liriche delle canzoni, mentre l'ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha affermato che How Much a Dollar Cost è una delle sue canzoni preferite, tanto da invitarlo nel 2016 nello Studio Ovale della Casa Bianca. Il giornalista Steve Marsh di GQ ha descritto Lamar come un «Ulisse nero, in grado di decostruire le violente figure retoriche del gangsta rap».
Il successo di Kendrick è figlio del travolgente successo del rap che, a differenza del rock, salvo alcune lodevoli eccezioni (Queens of The Stone Age e Foo Fighters su tutti), gode di ottima salute negli ultimi anni, merito anche della ritrovata consapevolezza politica cresciuta intorno al movimento Black Lives Matter. Lamar è un rapper atipico per Compton: non si è mai unito alle gang del posto e la sua vita è cambiata a soli cinque anni quando fu testimone di un omicidio. Decise di studiare invece che fare la vita di strada e fu lì che ad otto anni assistette alle riprese del video di California Love di Tupac e Dr. Dre, decidendo di puntare tutto sulla musica. La svolta arriva nel 2012 con l'album Good Kid, M.A.A.D City, un concept-album dove nelle 12 tracce viene raccontata dalla storia di un ragazzo di Compton che gira la città sul furgone della madre. Lamar si è guadagnato sul campo la corona di monarca assoluto del rap grazie soprattutto a un album straordinario come To pimp a butterfly del 2015, a nostro parere uno dei 10 migliori dischi hip hop di sempre, oltre che uno dei migliori album del terzo millennio, nel quale Kendrick ha dimostrato una maturità e una capacità descrittiva da grande narratore urbano. Liriche politiche e al tempo stesso personali, scandite con un flow torrenziale, rese ancora più indimenticabili da un gruppo affiatato di musicisti jazz (tra cui il pianista Robert Glasper e il bassista Thundercat) in luogo dei consueti campionamenti, qui ridotti al minimo. La supervisione dell'album è di Dr.Dre, un nome che non ha certo bisogno di presentazioni. Pitchfork, la bibbia delle recensioni musicali, gli ha dato un punteggio di 9,3/10; Billboard gli ha dato invece 4,5 stelle su 5, così come Rolling Stone.
Pur essendo ricco di singoli fortunati, To pimp a butterfly è un disco che funziona al meglio nel suo insieme e che va ascoltato dall'inizio alla fine, come un racconto, poiché alcune frasi particolarmente significative vengono ripetute in diverse canzoni, i temi musicali ritornano (un po' come accadeva in What's going on di Marvin Gaye) e i testi citano altri brani del disco. Dal funk anni Settanta di Wesley's Theory, con la partecipazione del leggendario George Clinton, al free jazz di For Free!, dalla trascinante King Kunta, con un basso che fa tremare il pavimento, all'r&b luccicante da These Walls impreziosito dall'inconfondibile voce di Bilal, dalla confessione con il cuore in mano di U alla psichedelia black di For Sale? e al frizzante soul-funk di I, passando dall'elettronica concitata di The Blacker The Berry e dalla poesia politica di How Much a Dollar Cost?, fino alla magnifica cavalcata soul di Mortal Man (un omaggio al suo idolo 2Pac), ogni brano del disco è una tessera che forma un puzzle affascinante, policromo, spiazzante e socialmente consapevole.
Il modo di rappare di Lamar è magistrale nei suoi cambiamenti di tono e di ritmo, che si inseriscono alla perfezione tra i ritmi spezzati della batteria, tanto da sembrare a volte un altro interprete: è come se lo spirito bebop di Charlie Parker, di Dizzy Gillespie e di Thelonious Monk si fosse reincarnato nell'artista di Compton. To pimp a butterfly si è aggiudicato meritatamente quattro Grammy Awards nel 2016 come miglior canzone rap, miglior performance rap, miglior disco rap e miglior collaborazione con un artista rap, superando Kanye West, Drake, Lil Wayne e lo stesso Dr. Dre.