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June 27 2018
Il lobbismo mi va benissimo. Regolamentarlo, cioè ammetterlo tra le attività di sviluppo economico attraverso la disintermediazione istituzionale, senza bustarelle e consulenze improprie, è da tempo un dovere non assolto dalla politica. E si capisce perché, anche troppo bene, alla luce dei fatti recenti di Roma Lanzalone, Casaleggio, Lega e circonvicini.
L'unica lobby ammessa è quella del moralismo straccione a spese dello Stato, cioè l'appello in nome del popolo bue, vaffa e ruspa alleati per infinocchiare la loro constituency prendendosela con i negher, gli imprenditori del cibo o della siderurgia, magari prendendosela a giorni con quella diavoleria che è Mediaset.
Viva la faccia di Melania, che si è fatta una lobby del cuore per difendere i bambini messicani da quell'odioso suo coinquilino arancione. Best wishes, Melania, and God bless you.
C'è il lobbismo politicamente ispirato, quello di Verdini e del patto del Nazareno. Stabilizzare il governo, fare le riforme, prima l'italiano. C'è stato il lobbismo di Fininvest, che ha salvato l'Italia dai bolliti della carovana progressista e ha rilanciato nientemeno che il tema delle libertà. E ce n'è uno schiavo della demagogia, quello dei moralizzatori che vengono sistematicamente moralizzati, in questo benedetto Paese, da un quarto di secolo.
Quando ho perso contro Di Pietro nel Mugello, e non posso dire che non me l'aspettavo, non sapevo ancora che sarei stato vendicato dopo appena qualche anno, perfino dalla Gabanelli, a cui auguro ogni bene spero alla testa del Tg1, basta che la finisca con la sua dubbia competenza in economia e finanza.
Ora è il turno di quelli che ereditano i partiti con tutte le loro cattive abitudini, Casaleggio Davide e Salvinimi, come si chiama su Twitter, uno che dovrebbe essere subito cacciato perché fa il ministro dell'Interno come un caudillo sudamericano, e pensare che il Viminale è sempre stato un luogo di accoglienza politica per gli italiani tutti, perfino ai tempi della guerra fredda, ora è stato trasformato con le nostre tasse in un fortino alle dipendenze del Ras di via Bellerio.
Il lobbismo è l'altra faccia del capitalismo, serve a dare un senso ai conflitti di interesse che ne sono l'anima, serve alle industrie e alle banche, alle cooperative e alle start-up, prima che Di Maio le faccia fuggire tutte dall'Italia, magari alle Ong che salvano la gente africana in mare e la portano dove i ricchi la fanno lavorare a tre euro l'ora nelle campagne, salvo fucilate di quando in quando, e razzie di voti in nome del razzismo, ma diventa una truffa quando serve i governi e le amministrazioni "5 Stecche", quando si combina con l'afflato rivoluzionario degli amichetti italiani del licenziato Bannon e delle sue fregnacce per la gola su valori del giudeo-cristianesimo (che lascino perdere le cose serie, tra le quali non si contempla Sua Eminenza Reverendissima Burke Cardinal Leo).
Nei sindacati c'è un elemento buono di lobbismo, quando funzionano e fanno aumentare i salari, non quando si appecoronano dietro agli statalisti. Lo stesso per la Confindustria, che dovrebbe tutelare gli imprenditori dai devastatori.
Per i giornali, che dovrebbero difendere la cultura e la coscienza di sé degli italiani, se esista. E questo è il lobbismo buono.
Poi ci sono i sistemi d'inganno, quelli dei Marra e dei Lanzalone, quelli dei Casaleggio e delle Raggi e dei Di Maio e dei Salvini: fanno i buonisti con Rousseau, come ha ricordato Antonio Polito, e i cattivissimi con l'altro filosofo contrattualista, Hobbes, quello che "homo homini lupus",e senza conoscere l'unoo l'altro.
Allevano nel loro seno tigri di carta moneta, licenziano i giornalisti antipatici che dicono qualcosa almeno di giusto, si accomodano come sempre con i cortigiani, rovinano la piazza del paese. Queste non sono lobby, sono i partiti antipartito, le caste anticasta, i demagoghi pronti a tutto pur di comandare, perché non sanno governare. E nei sistemi d'inganno si trova sempre un Parnasi di passaggio, e un numero strabordante di amichetti del medesimo, perché in Italia come diceva Mario Missiroli ci conosciamo tutti, e dunque la rivoluzione non si può fare, si può solo fare della demagogia da accozzaglia.
Bisogna separare la fuffa dal grano, essere sempre e comunque garantisti, d'accordo, ma quando praticano l'intimidazione le lobby antisistema vanno prese per il colletto e accompagnate alla porta. A Milano non si usa, è una delle frasi felici della nostra epoca, e non l'ha pronunciata un leghista di quelli che si presentano cornuti a Pontida. Invece a Roma si usa, come nel caso dello stadio da costruire a Rebibbia. E se la capitale è infetta, come dicevano quelli dell'Espresso grande ai tempi d'oro, un Manlio Cancogni per esempio, allora la nazione è corrotta.
Il lobbismo è al confine con l'associazione per delinquere, per definizione; io sono contro i reati associativi e favorevole al lobbismo, ma bisogna che i nuovi arrivati della Greppia non facciano saltare ogni distinzione, sennò il garantismo diventa una trappola per ruffiani o per gonzi.
(Articolo pubblicato sul n° 27 di Panorama in edicola dal 21 giugno 2018 con il titolo "Chi di ghigliottina ferisce di ghigliottina perisca")