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December 17 2019
La vittoria di Cagliari, ottenuta con una clamorosa rimonta in tempo di recupero, allunga a otto la striscia di successi consecutivi dalla Lazio e iscrive i biancocelesti alla corsa scudetto con Juventus e Inter. Con quante chance di compiere fino in fondo il miracolo? Bisogna essere sinceri. Poche, pochissime, quasi nulle.
Del resto anche due anni fa a dicembre la Lazio stava lì in alto con le grandi, a quota 35 punti in un campionato in quel momento comandato dall'Inter e con tutte le big racchiuse in 5 lunghezze. Poi la stagione si chiuse con la beffa dell'Olimpico e della qualificazione Champions gettata al vento nelle ultime giornate a favore dell'Inter di Spalletti.
Insomma, non è una novità che la squadra di Inzaghi abiti i piani alti del calcio italiano. Ma pur essendo un copione già letto (si spera per la Lazio con un finale differente) non finisce di sorprendere perché il club di Lotito oggi rappresenta per la Serie A una sorta di provinciale appena un po' più ricca. Competente, attenta a spendere bene i propri danari ma lontanissima dalle dimensioni economiche di Juventus e Inter.
Piaccia o no, il personaggio chiave di questa storia è Claudio Lotito, proprietario spesso scomodo per il suo modo di rapportarsi all'esterno e al mondo del pallone e, allo stesso tempo, presidente capace di far funzionare come un orologio la sua azienda. Si è preso la Lazio nel 2004, in uno dei tanti momenti difficili della sua storia, e l'ha portata a essere una presenza costante in Europa oltre che il secondo club per trofei vinti nell'era del dominio della Juventus.
Ha messo in fila tre successi in Coppa Italia e due in Supercoppa Italia, ha fatto una volta la Champions League e ben otto l'Europa League, perso due finali di Coppa Italia e tre di Supercoppa. Un'altra la giocherà a Riad sfidando la solita Juventus dopo averla bastonata recentemente in campionato allo stadio Olimpico.
Il tutto partendo dai suoi 121 milioni di euro di fatturato (bilancio 2019). I soldi non possono sempre spiegare tutto, ma nel caso della Lazio sono la misura del miracolo perché le avversarie incassano cinque volte tanto (Juventus) o tre volte di più (Inter). E quei soldi li riversano sul calcio mercato dove, invece, la parola d'ordine di casa Lotito sono misura e competenza.
Gli acquisti sono territorio esclusivo di Igli Tare, ex attaccante laziale inventato dirigente da Lotito e via via cresciuto sino a diventare uno dei più bravi. Lo voleva il Milan di Elliott ma ha preferito restare nella Capitale. Sulle cessioni interviene anche il presidente, noto per essere bottega cara e osso durissimo. Anche per questo Milinkovic Savic è rimasto alla Lazio per due estati di fila: o l'offerta è quella giusta, oppure nessuno va via.
Qualche volta Lotito si è sbagliato (Felipe Anderson venduto in ritardo di un anno), spesso ha avuto ragione. E' l'unico, ad esempio, ad essere riuscito a farsi pagare profumatamente giocatori a pochi mesi dalla scadenza del contratto. Un'arte nota a pochissimi, forse a nessuno.
L'altra chiave è la continuità. Simone Inzaghi, il suo allenatore, spesso brontola e immagina un futuro lontano da Roma. Anche Lotito spesso brontola, lo richiama, ci litiga e a volte lo manda a quel paese. Però alla fine la panchina biancoceleste è una delle più longeve della Serie A (quasi quattro anni) e come con Tare l'intuizione di lanciarlo senza rete è stata del padre e padrone della società.
Il miracolo della corsa scudetto nasce così. Il resto della stagione dirà fino a quando la Lazio ha fiato per correre vicina alle grandi, ma già da oggi il primo obiettivo è stato raggiunto. Resta tutto il percorso da compiere al di fuori del campo, dallo stadio alle dimensioni di una società oggi condannata a competere con un bastone contro potenze che usano bocche di fuoco ben più attrezzate.