Economia
June 04 2018
Tra le prime e più difficoltose sfide davanti a cui si troverà il nuovo governo del presidente Giuseppe Conte, ci sono senza dubbio quelle di carattere economico. Un dossier questo, il cui contenuto è in sostanza integralmente riassunto nel Def, il Documento di economia e finanza.
E se è vero che tecnicamente è stato presentato dal vecchio esecutivo, quello guidato da Paolo Gentiloni, non bisogna dimenticare che ha ottenuto già il via libera delle nuove commissioni speciali, e la prossima settimana arriverà nelle aule di Camera e Senato. Questo significa che la nuova maggioranza Lega-M5S dovrà ora definitivamente far suoi questi impegni, magari in parte rivedendone qualcuno, per poi passare la patata bollente al governo, che dovrà attuarli.
E stiamo parlando di questioni non da poco, che vanno dalla sterilizzazione dell’aumento dell’Iva, alla definizione futura del rapporto deficit-Pil fino alla determinazione degli investimenti per le opere infrastrutturali. Vediamo allora nel dettaglio questo “menù economico” sul quale il nuovo governo giallo-verde sarà chiamato a prendere decisioni molto delicate.
Come accennato, un primo significativo banco di prova per il nuovo esecutivo Conte sarà quello dell’Iva. Come noto, se non ci saranno interventi correttivi, tra il 2019 e il 2020 scatteranno rialzi delle aliquote sia massima sia agevolata, che saliranno rispettivamente al 25% e al 13%.
Per evitare tutto ciò sono necessari 13 miliardi per il 2019 e altri sette nel 2020 per un totale di circa 20 miliardi. Finora i governi che si sono succeduti dal 2011 in poi, anno nel quale sono stati decisi questi sostanziosi incrementi, sono sempre riusciti a evitare il salasso utilizzando le risorse più diverse, fino a chiedere a Bruxelles di agire sul livello deficit-Pil.
Una procedura quest’ultima sulla quale è prevedibile che d’ora in avanti però la Commissione europea non sarà più disposta a chiudere un occhio. Dunque toccherà a Conte, e in particolare al ministro dell’economia Giovanni Tria, trovare una soluzione.
E proprio il ministro dell’economia Tria, in un suo recente intervento sui media, quando era ancora solo un economista dell’Università Tor Vergata, aveva ventilato la possibilità di dar seguito al programma sulla flat tax proprio utilizzando come copertura il sopra citato aumento dell’Iva.
Insomma, in questo modo il governo prenderebbe due piccioni con una fava: per un verso infatti deciderebbe di non sterilizzare gli aumenti delle aliquote Iva (anche se bisogna capire cosa ne penseranno in materia i due leader di governo, ovvero Di Maio e Salvini, che in campagna elettorale hanno comunque assicurato che l’Iva non sarebbe aumentata), e per un altro troverebbe i soldi per realizzare, almeno in parte e in una forma ancora embrionale, il citato programma sulla flat tax. Staremo a vedere.
Altro tema caldo nell’agenda del governo, anch’esso contenuto nel Def, riguarda gli impegni con Bruxelles sul rispetto dei vincoli di bilancio. L’obiettivo annunciato è quello di portare il livello deficit-Pil dall’1,6% di quest’anno allo 0,8%. Un dato questo che però tiene conto anche dei 13 miliardi che sarebbero stati incassati con l’aumento dell’Iva, un mantra questo che come si vede rientra un po’ in tutti gli argomenti.
Sul fronte invece del disavanzo, l’impegno è quello di abbatterlo come minimo di altri 10 miliardi, un dato che difficilmente sarà possibile raggiungere se non ci sarà nuova crescita o se non si effettueranno radicali politiche di spending review. Il rischio è che il rapporto debito-Pil ricominci a crescere dopo che negli ultimi tempi, seppur di poco, era comunque calato.
Si tratta di un altro fronte molto delicato, sul quale in questi anni la Commissione europea ci ha concesso sostanzialmente di sforare. Per capire di cosa stiamo parlando, basti pensare che ad esempio per coprire le agevolazioni fiscali concesse finora alle popolazioni del Centro Italia colpite dal terremoto, entro la fine dell’estate, sarà necessario trovare circa 600 milioni di euro.
E non va meglio se il discorso si sposta sull’emergenza immigrazione, per la quale è previsto uno stanziamento di circa 5 miliardi di euro. Il nuovo ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha già annunciato di voler ritoccare al ribasso questa voce di spesa, ma bisognerà attendere provvedimenti pratici per capire davvero se si tratta solo di un annuncio propagandistico o di una vera volontà politica che naturalmente andrà supportata con coperture adeguate.
In questo caso la partita politica potrebbe risultare ancora più complicata dal fatto che sulle grandi opere le posizioni di Lega e M5S non sempre coincidono. Intanto però partiamo ancora una volta dai numeri: gli impegni del Def fissano in circa 133 miliardi le risorse per la costruzione di grandi infrastrutture, dei quali 98 già disponibili e 35 ancora da trovare.
Dalle decisioni che in materia prenderà il governo Conte, dipende il futuro di opere ritenute molto strategiche: si va dalla Tav Torino-Lione al gasdotto Tap nel Salento, e ancora dal terzo valico ferroviario Milano-Genova all’ampliamento dell’autostrada che collega sempre il capoluogo ligure, fino a un altro tratto di ferrovia al Alta Velocità, quello tra Brescia e Verona.