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May 22 2014
"Il mondo sta per finire", sostiene con voce quasi spiritata Wolfgang, il padre protagonista de Le meraviglie, che guarda attorno a sé le paillette della tivvù che iniziano a contaminare anche la vita agreste che aveva ritagliato per sé e per la propria famiglia. Ma come puoi spiegarlo a un'adolescente in fiore, alle prese coi primi turbamenti amorosi e le prime ambizioni? Come puoi trattenerla alla tua quotidianità di sudore nei campi e giornate a smielare i favi, anche se tutto quello che hai e fai tu l'hai fatto per lei?
È un sinuoso e strattonato rapporto padre-figlia, quello che Alice Rohrwacher disegna con delicatezza nel suo nuovo film. Ed è anche una storia di passaggio all'età adulta. Si chiama Gelsomina la giovane protagonista e ha il volto della brava Maria Alexandra Lungu, genuinità pura. Il padre è Sam Louwyck, ballerino, coreografo e attore fiammingo.
In un angolo di campagna del Centritalia, probabilmente nel viterberse, tra Lazio e Umbria, probabilmente nei primi anni '90 (visto che la hit preferita di Gelsomina è T'appartengo di Ambra Angiolini), vive questa famiglia sui generis che parla con marcato accento locale ma a volte anche in tedesco e in francese. Si aggrappa con ostinazione a uno stile di vita semplice e legato alla terra, che forse già non c'è più, ed è composta anche dalla madre Angelica (Alba Rohrwacher), dall'ospite Cocò (Sabine Timoteo) e da altre tre figlie: Marinella (Agnese Graziani), Caterina e Luna.
Intelligente e sensibile, anche se screziato da pennellate un po' troppo oscure nella seconda parte che ne minano la compiutezza, Le meraviglie di Alice Rohrwacher è un film dai forti connotati autobiografici (dal 22 maggio al cinema con Bim Distribuzione).
Ecco 5 motivi per vederlo.
1) La nostra unica rappresentante a Cannes
Ad oggi è forse più famosa Alba Rohrwacher, sua sorella attrice e di due anni più grande. Ma Alice sta iniziando a "imporre" il suo nome. È lei infatti l'unica rappresentante italiana in concorso al Festival di Cannes. Seppure Le meraviglie sia un film piccolo e semplice, nel senso però positivo delle parole, ha affascinato la Croisette. Che addirittura vinca la Palma d'oro? Probabilmente no, ma essere accostata a registi come Cronenberg e i fratelli Dardenne vale una vittoria.
2) La natura nella sua autenticità, prima che la perdessimo
Alice ci mostra la natura e la campagna nel suo aspetto più concreto e vero. Altro che approdo bucolico di contemplazione e agreste serenità, come immagina oggi l'abitante di città che vuole rifuggire il cemento. La natura di Wolfgang e della sua famiglia piena di donne è libertà, è correre a piedi nudi, è dormire all'aria aperta, è fare il bagno al lago. Ma è anche assiduo lavoro quotidiano, è sveglia presto ogni mattina, è l'ossessione di cambiare il secchio del miele, è togliersi ogni giorno i pungiglioni dalla schiena. È un mondo che a un certo punto abbiamo rifuggito e a volte anche deriso, abbandonando campi e casolari.
Alice lo ricostruisce com'era, bellezza ma anche tanta fatica, poco prima che finisse, prima che una procace donna vestita da fata, Milly Catena (Monica Bellucci), arrivasse con il suo concorso tv "Le meraviglie". O forse quel mondo era già finito.
Alice lo ricostruisce rievocando la sua infanzia: lei è figlia di madre ternana e padre tedesco, apicoltore.
3) Un rapporto padre-figlia di sotterranei equilibri
Wolfgang è un padre perennemente arrabbiato, la sua presenza stizzita e cruda è quasi angosciante. Eppure è un padre che ama le sue figlie, di figli maschi mancati. E soprattutto ama Gelsomina, la primogenita, l'erede. A lei trasmette i segreti dell'apicultura, da lei si fa togliere i pungiglioni dalla schiena. È lei a svolgere i lavori nel magazzino della smielatura. Per certi versi è lei il capofamiglia. Ma quando arriva Martin, un ragazzino protagonista di un programma di rieducazione, l'equilibrio sembra rompersi... Ora c'è un maschio in famiglia. E intanto Gelsomina cresce ma Wolfgang non lo vuole accettare. Gelsomina non vuole più un cammello, il suo sogno da bambina, ma il padre non lo sa capire.
Le meraviglie descrive questo equilibrio che ha sobbalzi ma radici profonde con attenzione di sguardo, in particolari che racchiudono al tempo stesso poesia e visione documentaristica (Alice nel 2006 ha realizzato una parte del documentario collettivo Checosamanca).
4) Uno sguardo acuto sull'adolescenza
Già in Corpo celeste, sua opera prima presentata nella Quinzaine des réalisateurs del Festival di Cannes 2011, Alice aveva dimostrato la sua abilità nel mostrare solitudini, sogni e dissidi di una ragazzina in crescita. Con Le meraviglie la regista ci consegna un altro sensibile affresco d'adolescenza. Un'adolescenza anni '90, con la maglietta rimboccata dentro i pantaloni un po' alti e sulle note (nascoste) di Ti appartengo.
5) Una nuova voce dal bel futuro davanti
Corpo celeste ce l'aveva già segnalata. Ora con Le meraviglie è arrivata la conferma che Alice Rohrwacher è una giovane regista (classe 1981) da tenere d'occhio. Ci voleva una nuova voce nel cinema italiano. Ed è ancor più bello sapere che quella che è arrivata è femminile.
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