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August 13 2018
Peggio che ai tempi del Watergate. Il clima che si respira oggi a Washington a Carl Bernstein e Bob Woodward ricorda molto da vicino l'atmosfera del 1974 quando il Presidente Nixon fu costretto a rassegnare le sue dimissioni dopo essere stato travolto da quello che è passato alla storia come lo scandalo Watergate.
A portare alla luce quello che era accaduto due anni prima nel corso della campagna elettorale erano stati proprio i due giornalisti del Washington Post Bernstein e Woodward.
Si tratta di una complessa storia di spionaggio, intecettazioni e tentativi di alterare l'esito elettorale da parte del partito repubblicano con uomini al soldo del Presidente Nixon che si sono introdotti presso la sede del comitato elettorale democratico (che si trovava, per l'appunto al sesto piano del Watergate Hotel di Washington) per scattare foto e collocare microspie in grado di svelare la strategia politica democratica e individuare eventuali falle che avrebbero favorito i repubblicani per la rielezione di Nixon.
Dopo due anni di indagini e un numero crescente di persone coinvolte nell'inchiesta la Commissione Giudicante per la Camera dei Rappresentanti votò a favore dell'impeachment di Nixon con l'accusa di aver ostacolato il corso delle indagini.
Si tratta - in piena guerra del Vietnam - di uno dei più grandi scandali politici della storia non solo americana, ma mondiale.
Secondo i due reporter che hanno portato alla luce la vicenda grazie anche all'appoggio di misteriose fonti sempre più vicine al Presidente tra cui la celebre "Gola profonda", quello che sta succendendo oggi in America è se possibile ancora peggio.
In una recente intervista rilasciata al GuardianBernstein, 74 anni, e tutt'oggi autorevole voce della CNN (di recente è stato lui a curare il caso dell'avvocato Cohen e delle registrazioni delle conversazioni avute con il Presidente Trump e sottratte al suo studio nel corso delle perquisizioni ordinate dalla procura di New York) ha spiegato: "Questo è peggio del Watergate nel senso che il sistema ha funzionato ai tempi del Watergate, ma non è ancora chiaro se il sistema stia funzionando nella situazione attuale.
Nessun presidente ha fatto qualcosa di tanto grave come Trump per mettere a tacere la stampa americana e il suo esercizio del primo emendamento come se i giornalisti fossero nemici del popolo".
I parallelismi tra il Watergate e il cosiddetto Russiagate non mancano come sottolinea ancora Bernstein: "Ovviamente - ha sottolineato sempre al Guardian - ci sono delle somiglianze, non ultima quella dell'intento di minare il processo elettorale. In entrambe poi si parla di coperture e sono coinvolti procuratori distrettuali".
"Penso - ha concluso il reporter - che sia un momento molto pericoloso per gli Stati Uniti d'America perché abbiamo un Presidente che non è interessato allo stato di diritto e alla verità".
Woodward, 75 anni e per mezzo secolo reporter del Washington Post, sta ultimando un libro in cui sposa in pieno le tesi pessimiste del suo collega e amico.
Il titolo tradotto in italiano è: Paura: Trump alla Casa Bianca e il riferimento è a una chiacchierata fatta con il Presidente nel 2016 quando Trump, alla vecchia penna del Post, aveva confessato: "Il vero potere passa attraverso il rispetto. Il vero potere, vorrei non dover utilizzare questa parola, nasce dalla paura".
Quello che sta per essere pubblicato è il diciannovesimo e attesissimo libro di Woodward e si tratta, a detta del giornalista, "Della straziante testimonianza dei primi 18 mesi dell'amministrazione Trump".
Woodward, così come Bernstein, fa parte di quella categoria di giornalisti in via d'estinzione affamati di notizie di prima mano, coloro che collezionano taccuini fitti di testimonianze e interviste (davvero) esclusive.
Eppure entrambi ammettono che a 44 anni di distanza dal Watergate, e nonostante il moltiplicarsi di possibilità informative date dallo sviluppo del web e dalla globalizzazione dell'informazione, fare il mestiere del giornalista è più difficile oggi che allora perché la ricerca della verità deve essere filtrata da un numero impressionante di fake news, false piste e persone che raccontano tutto e il contrario di tutto per denaro o interesse.
Il prossimo saggio di Woodward, spiega la casa editrice Simon & Schuster che è pronta al lancio di quello che sarà un sicuro best seller attinge a "Centinaia di ore di interviste con fonti di prima mano, note di riunioni contemporanee, file, documenti e diari personali".
Bernstein oggi non esclude di poter tornare a collaborare in futuro con il suo vecchio collega e chissà che proprio i due veterani dell'informazione fatta alla vecchia maniera non riescano a gettare luce sui farraginosi contorni del Russiagate.