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I 100 mln per LeBron James non sono una follia ma una cosa logica per l'Nba che funziona

La notizia del rinnovo record di LeBron James con i Los Angeles Lakers può impressionare solo a una lettura superficiale. E' vero che i 97 milioni di dollari di minimo garantito per il prossimo biennio, cui si aggiunge un'opzione per la stagione 2024/2025, rappresentano una cifra alta anche per il dorato mondo della NBA, ma si inseriscono in un tessuto virtuoso in cui chi guida la lega ha creato e potenziato con il passare degli anni un'autentica macchina da soldi. E, dunque, non deve sorprendere se i primi ad essere ricoperti d'oro sono proprio i diretti interessati, star del parquet che hanno ormai una dimensione non solo sportiva.

LeBron James è al momento l'icona della NBA, così come i Los Angeles Lakers restano la franchigia più conosciuta nel mondo anche se lontani dai fasti degli anni '80 e dei primi Duemila. Il fascino della divisa viola e giallo è unico, slegato anche dai risultati sul campo che nel quadriennio di LeBron in California hanno toccato l'apice nel 2020 devastato dal Covid, con la conquista del titolo, ma hanno anche registrato la delusione di due mancate qualificazioni ai playoff.

La firma sul biennale rende LeBron James (38 anni da compiere il prossimo mese di dicembre) il giocatore più pagato di sempre nella storia della NBA: chi tiene calcoli e statistiche, che negli Stati Uniti sono il pane per milioni di sportivi, si spinge a 532 milioni di dollari complessivamente intascati dalle franchigie per cui ha giocato. Una montagna di denaro cui vanno aggiunti i contratti pubblicitari e tutto quanto ha sfruttato l'immagine del campione.

Sembrano cifre senza senso, invece sono parte dello star system rappresentato dallo sport professionistico nordamericano in genere e dal basket in particolare. Nell'arco di tempo della carriera di LeBron, per esempio, il valore della NBA è cresciuto a ritmi pazzeschi e non accenna a rallentare. Nel 2021 il fatturato complessivo ha sfondato la soglia dei 10 miliardi, cancellando definitivamente anche l'influenza del Covid e guadagnando un 20% rispetto al 2019. Le arene sono piene, il merchandising (gestito centralmente dalla stessa NBA) va a gonfie vele e le emittenti di tutto il mondo si contendono i diritti tv anche dove per entrare nel mercato è stato necessario un periodo di investimento a perdere come in Cina.

Uno spettacolo globale alimentato da grandi giocatori e grandi personaggi. LeBron James ne è l'apice, ma va sottolineato come un rigido sistema normativo vincoli le franchigie a dei massimi salariali, governi l'equilibrio competitivo favorendo le peggiori nelle chiamate dei nuovi talenti e garantisca a chi si affaccia stipendi minimi impensabili altrove: 898.310 dollari se si arriva senza esperienza precedente, oltre 1,4 milioni dopo il primo anno. Nessun paragone, insomma, con il calcio europeo e italiano. Dove ingaggi esagerati circolano e spesso sono a fondo perduto, nel senso che bruciano gli introiti (anche quelli ricchi) generando perdite e debiti. La distanza tra gli Stati Uniti e il Vecchio Continente nello sport si misura anche così. E a proposito di LeBron James, non solo Los Angeles avrebbe potuto girargli il sontuoso prossimo stipendio. Anche questa è una verità non da poco.

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