Musica
June 15 2014
Una vita, edito da Arcana, è la prima completa ed esauriente narrazione (a cura del giornalista Paul Rees) delle vicende umane e artistiche di uno dei più grandi vocalist di sempre: Robert Plant. Dagli esordi nei folk club all’inizio degli anni Sessanta ai trionfi con i Led Zeppelin, fino alla riaffermazione come artista solista.
Qui, di seguito, un estratto del libro: un racconto staordinario che svela ogni dettaglio della vita di Plantdopo il grave incidente in auto a Rodi nel 1976.
...Per via delle ferite riportate da Plant, gli Zeppelin furono costretti ad annullare il tour di due mesi nell’America del Nordche avevano programmato nell’estate 1975, e con esso anche una serie di show in Europa e in Estremo Oriente.
Non che la band avesse intenzione di starsene con le mani in mano. Alla fine di settembre, tutti e quattro, Grant compreso, andarono a Los Angeles, per iniziare a lavorare al nuovo album.
Ognuno di loro prese in affitto un’ampia casa sulla spiaggia nell’elegante colonia di Malibu Beach, a un’ora di macchina dal centro. Poiché ancora non poteva muoversi, Plant si portò dietro Benji LeFevre nelle vesti di “bambinaia”.
Come parte della riabilitazione, i medici gli avevano detto di praticare sedute quotidiane di fisioterapia, anche se in realtà lui fece prima ad abituarsi alla routine di essere di nuovo on the road con gli Zeppelin.
Racconta LeFevre: "Non credo si rendesse conto della potenziale irreversibilità di certe lesioni e del fatto che alcune parti del suo corpo rischiavano di non tornare a funzionare correttamente. Andavamo in macchina a Hollywood per la fisioterapia, e poi i medici ci assegnavano alcuni esercizi che avremmo dovuto fare insieme una volta a casa. In più di un’occasione mi ritrovai a dirgli: “Credo che dovremmo piantarla con tutta questa droga. Di certo non ti aiuta. Perché non ci tiriamo una bella striscia dopo aver fatto gli esercizi anziché prima?”.
"Mi sembrava di essere sua moglie, cazzo. Ci facevamo anche qualche bella risata, ma era comunque dura, poco ma sicuro. Senz’altro impa- rammo a conoscerci. Lui non era in grado di fare niente da solo. Io lo spingevo sulla sedia a rotelle, lo sollevavo e lo portavo in braccio. Do vevo infilarlo nella vasca e pure lavargli il pistolino".
Era un’esistenza instabile e precaria, proprio come essere in tour senza l’appiglio offerto dalla sicurezza di avere un concerto ogni sera. Come ogni altra volta in cui se ne andava da casa per stare con la band, essere tutto preso dalla sua condizione permise a Plant di separare la sua vita in due parti ben distinte: in una era una rockstar, nell’altra un padre di famiglia, e nessuna si incrociava mai con l’altra, neanche adesso, a distanza di così poco tempo dall’incidente automobilistico.
"Be’, direi che è vero. E più lo fai, più ti viene naturale farlo», dice Le Fevre. "In altre parole: “Sì tesoro, ti chiamerò ogni giorno. Ti amo da morire”. Poi, appena metti il naso fuori dalla porta, tutto diventa: “Oh, yeah!”. In realtà non parlava molto di Maureen, era una cosa strana".
Il solo fatto di trovarsi a Los Angeles andò ad alimentare quell’atmosfera della serie “Tutto è permesso”, e gli Zeppelin continuarono ad attirare a sé come una calamita le realtà più folli e scatenate che animavano la città. Kim Fowley, fricchettone e habitué della scena di Hollywood, ricorda di aver preso l’auto una volta ed essere andato a un party presso la casa di Plant a Malibu, durante quell’estate così lunga e caliginosa.
Come mi ha raccontato Fowley: "Vivevo con ogni genere di lesbica e ninfomane all’epoca. Io e una ragazza con cui abitavo, Denise, ci eravamo scopati una splendida bionda assatanata, Linda. In macchina con me c’erano queste due tizie e un’altra bomba sexy di nome Robyn".
"Arriviamo a casa di Robert, un posto veramente enorme sulla spiaggia, e lo troviamo lì con cinquanta, sessanta donne. Hai presente quella foto di Hendrix con tutte quelle tipe nude? Immagina una cosa del genere, ma nel soggiorno di un appartamento. Robert se ne stava lì seduto a bersi un Napoleon. Era lui l’oggetto sessuale, non le ragazze. Loro erano lì che aspettavano di essere scelte...
"Fondamentalmente era un essere umano davvero eccezionale. È sveglio e in gamba, ma in modo diverso rispetto a Page, che non possiede tutte queste carte da giocare. Robert riesce a trasmettere la sua intelligenza col suo taglio di capelli, il suo sorriso e la sua spavalderia. Come Errol Flynn o Douglas Fairbanks, che sono tutti dei gran fanfaroni".
Come ricorda LeFevre: «Una sera, io e Robert rientrammo a casa e trovammo le luci accese. Entrai a controllare e ci trovai due tizie seguaci di Charlie Manson che se ne stavano lì sedute con la testa rasata e i tarocchi sparsi sul pavimento. A quel punto pensai: “Ora ho capito”. Ecco perché quelli che gravitavano intorno al gruppo destavano una tale preoccupazione".
Sullo sfondo di questa realtà, il disco progrediva lentamente e in modo incerto. Non c’era più alcuna riserva di canzoni dalla quale attin- gere, poiché la band l’aveva prosciugata per realizzarePHYSICAL GRAFFITI. Per la prima volta dopo diversi anni, Plant e Page dovettero scrivere un intero set di pezzi nuovi assieme. Il problema era che, nonostante vivessero praticamente gomito a gomito, i due si vedevano a malapena.
Page era scomparso all’interno della villa che aveva preso in affitto, e teneva sempre le tende chiuse in modo da non lasciar entrare il minimo raggio di luce. In pratica, viveva da recluso...
Anche Bonham se ne andò alla deriva sul Sunset Strip. Una sera fu coinvolto in un litigio con l’assistente di Kim Fowley, Michelle Myer, presso il Rainbow Bar & Grill, dove Bonham si risentì per il modo in cui lei gli aveva sorriso. In seguito, alcuni testimoni raccontarono che il batterista le aveva dato un pugno mettendola al tappeto, anche se Fo- wley disse che in fondo fu più una specie di incontro di wrestling. "E credimi", aggiunge Fowley, "Michelle era in grado di difendersi da sola, specie da uno ridotto uno straccio per via di quanto aveva bevuto".
In qualche modo, si materializzarono sette pezzi nuovi, tutti quanti scritti da Page e Plant, con un’unica eccezione. La band si riunì presso i SIR Studios di Hollywood per dargli una forma più precisa. Bonham e Jones contribuirono al brano più breve, Royal Orleans, che finì per sembrare una sorta di jam a cui era mancato un centro gravitazionale intorno a cui fare orbitare i vari movimenti. Più in generale, quello fu il tono dell’intero album.
Alla fine di ottobre gli Zeppelin lasciarono il caldo della West Coast per il freddo morso dell’inverno tedesco. Nei Musicland Studios di Monaco di Baviera trascorsero appena diciotto giorni, poi dovettero lasciare spazio agli Stones, i quali si recarono là per realizzare BLACK AND BLUE. Arrivato in città, Plant rifiutò di alloggiare nell’albergo che Cole aveva prenotato per la band, affermando che le stanze erano troppo piccole, e si trasferì all’Hilton.
Page non se ne andava mai dallo studio. Alla fine riuscì a strappare tre giorni in più a Mick Jagger ma, nonostante questo, lui e l’ingegnere del suono Keith Harwood dovettero lavorare ventiquattr’ore su ventiquattro. Ormai avevano tutti i nervi a pezzi. Poiché doveva cantare da seduto, Plant si sforzava con tutto sé stesso di incamerare più aria possibile per riuscire a tenere le note più lunghe e acute. Non era l’unico ad avere problemi. Nessuno di loro poté na- scondersi dalla dura realtà che la band non sembrava altro che un’ombra di ciò che era stata un tempo.
© Paul Rees 2013, Estratto da Robert Plant. Una vita di Paul Rees, Arcana edizioni 2014