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June 07 2017
Il 6 giugno la proposta di legge elettorale "alla tedesca" è arrivata in Aula, di fronte a una platea semideserta di soli 29 deputati. Entro venerdì 9 giugno la Camera dovrebbe dare il via libera definitivo (il Pd apre anche a uno slittamento al 13 giugno dopo che il M5S ha frenato sull'accordo e ha deciso di consultare con un voto online gli iscritti), per passare poi al Senato.
"Una legge funambolica", la definisce l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, uno dei senatori a vita che sarà chiamato a votarla. La sua è solo l'ennesima delle voci contrarie alla nuova legge elettorale.
Ecco chi è contro e paventa futuri scenari politici difficili se non drammatici. Non ci sono solo i piccoli partiti che temono la soglia di sbarramento del 5%, ma pure alti nomi vicini all'area dem e opinionisti.
Durante la presentazione di un libro sull'Europa a Palazzo Giustianiani a Roma, Giorgio Napolitano ha mostrato tutte le sue perplessità, etichettando come "extra-costituzionale" il patto tra Pd, FI, M5S e Lega che ha portato al testo di legge elettorale ora in esame: "Quattro leader di partito che calcolano esattamente le proprie convenienze", il suo tagliente punto di vista.
La conseguenza più plausibile secondo l'ex capo dello Stato? Rendere ancora più difficile la governabilità del Paese. Sull'ipotesi calda di elezioni anticipate è sibillino: in tutti i Paesi democratici si vota a fine legislatura. Messaggio più che chiaro, forse diretto al suo successore al Quirinale (lo scioglimento anticipato delle camere è potere in mano a Mattarella).
Anche Romano Prodi, che le settimane scorse aveva benedetto Matteo Renzi invitandolo ad andare avanti sulla legge elettorale, ora scuote la testa. "Non è la legge che volevamo", dice a Cartabianca su Rai 3.
Sposa le osservazioni di Napolitano, critica la stretta di mano tra Pd e Berlusconi e definisce il voto anticipato un "vulnus", una ferita da evitare.
Anche se Laura Boldrini, presidente della Camera dei deputati, ripete che l'ok alla legge elettorale non equivarrebbe automaticamente alle elezioni anticipate, la possibile "morte assistita" del governo Gentiloni è l'incubo di molti. Anche dell'ex premier Enrico Letta, che vive un triste déjà-vu e si scaglia contro chi gli diceva - a torto - di stare sereno: "Le elezioni anticipate per i capricci di uno che vuole tornare a fare il presidente del Consiglio il prima possibile sono qualcosa che non aiuta". Touché.
Angelino Alfano, leader di Ap e ministro degli Esteri, continua il botta e risposta a distanza col segretario Pd Matteo Renzi, reo - a suo dire - di voler buttar giù dalla sedia Gentiloni, spazzando via l'ennesimo governo.
Dal suo canto la nuova legge elettorale avrebbe "palesi ragioni di incostituzionalità". Sotto il suo mirino due punti: i collegi elettorali designati con il censimento del 1991 ("il Paese non è più quello del 1991") e la possibilità che il vincitore di un collegio possa non essere eletto in Parlamento, scavalcato dal vincitore del listino proporzionale.
Dalla schiera dei piccoli partiti, che rischiano di rimanere fuori dal Parlamento a causa della soglia di sbarramento del 5%, si levano altre proteste.
La deputata Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, parla di legge che ci consegnerà a un governo di inciuci, "in piena continuità con quelli di Monti, Letta, Renzi e Gentiloni".
Il Mdp si sente sicuro di superare il 5%, ma ciò non distoglie le preoccupazioni di Pier Luigi Bersani, secondo cui l'Italia "rischia di andare nella palude".
Sotto l'occhio del ciclone anche la norma che impone solo ad alcune forze politiche l'obbligo di raccogliere le firme per presentare i candidati. Domenico Menorello, il deputato del gruppo parlamentare Civici e Innovatori, pensa ironicamente a un un emendamento per far raccogliere le firme ad agosto a bagnini e gestori di rifugi montani. Anche Bersani, scherzando, non vede l'ora di mettersi "in calzoncini con il notaio a raccogliere le firme per la riviera romagnola".
Frammentazione e instabilità totale saranno i frutti di questa legge elettorale, secondo alcune delle previsioni più cupe. Dalle pagine del Corriere della Sera, il giornalista Angelo Panebianco parla di legge dannosa, con i 5 Stelle che gioveranno dell'instabilità politica per allargare i loro consensi: "La proporzionale non è in grado di fermare i partiti antisistema". Il suo nerissimo vaticinio? Potrebbe generarsi un sistema di azioni e reazioni da provocare, in pochi anni, la dissoluzione della democrazia.
Per la legge elettorale partorita da Renzi & Co. Marco Taradash, già deputato radicale e di Forza Italia, usa l'inquietante soprannome di Weimarellum, con chiaro richiamo all'instabilità stile Germania di Weimar, pre-Hitler. L'unica sua certezza? Che con questa legge non ci sarà un governo dopo il voto.
È un "rebus" proporzionale, quello che si attiverebbe, secondo Roberto D'Alimonte sul Sole 24 Ore. "Entreremo in una fase di grande incertezza. Maggioranze fragili e eterogenee". L'Italia non è più un Paese per il proporzionale.