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July 30 2012
Toglie il sonno a Mario Monti, fa litigare l’Abc della politica (Alfano, Bersani e Casini), avvicina il Pdl alla Lega. Alla fine, potrebbe essere il vero motivo per cui anticipare la scadenza elettorale e andare a votare a novembre, con tanti saluti alla stabilità invocata dall’Europa e il con il benservito ai tecnici.
Chiamatela legge elettorale, da sempre croce e delizia dei partiti, pretesto per conciliaboli e segrete alleanze, formula per eleggere la reietta “casta” e che sotto il sole estivo rischia di tenere aperte le stanze di Montecitorio con l’auspicio (di Napolitano?) di cambiare la riforma del sistema ideato da Roberto Calderoli nel 2005 e che il politologo Giovanni Sartori etichettò con l’epiteto “Porcellum”.
Un sistema che ha fatto impallidire i costituzionalisti stranieri e infuriare gli elettori italiani. E pensare che il fine era la stabilità politica. In realtà la legge la prevedeva. Un premio su scala nazionale alla coalizione vincente a cui vengono attribuiti 340 seggi alla Camera e un premio di maggioranza (su base regionale) per quanto concerne il Senato. Peccato che ci fosse quella postilla che poi si è rivelata, a detta di molti, la vera arma di Grillo, ovvero l’impossibilità di esprimere le preferenze e che ha lasciato ai partiti la possibilità di allestire liste bloccate con personaggi equivoci. Niente voto al deputato prescelto, insomma, e fiducia negli uomini desiganti dai segretari e dai capibastoni locali.
E si sa che il mestiere dell’italiano è sempre guardare al di là delle Alpi, ai francesi per primi, agli inglesi per invidia, ai tedeschi come severità, agli spagnoli come cugini di indolenza.
Ma sarà vero che gli altri sistemi siano modelli? Vale la pena osservarli.
La Francia finora ha votato con un sistema a doppio turno per eleggere 577 deputati all’Assemblea nazionale e 315 al Senato. I collegi sono assegnati con l’uninominale. Come dire, a sedersi è quel deputato che ottiene il 51 per cento dei voti. Se non dovesse ottenerlo al primo turno, nessun problema, c’è il secondo.
In Inghilterra, gli inglesi la fanno veloce. Nessun doppio turno e seggio a chi ottiene anche un solo voto in più. E’ un sistema bicamerale imperfetto (le due camere hanno diverso potere). 651 collegi per tanti rispettivi deputati. Discorso diverso per la camera dei lord, dove ci si siede per onore e titoli.
Più difficile essere elettori tedeschi in Germania. Tuttavia è il loro, il modello che anche in Italia viene sempre invocato e preso a mo’ d’esempio, per via del ruolo che riserva ai territori e che ben si conforma con il nostro paese dai cento campanili. Si tratta di un sistema misto, metà proporzionale e metà maggioritario. Anche in Germania, due camere (la Alta e la Bassa). Ogni elettore che si accinge a votare per la Camera Bassa è chiamato a esprimere due preferenze: una per la lista e un’altra per il candidato al collegio uninominale. 598 i seggi disponibili che vengono così ripartiti: 299 con sistema maggioritario e i restanti con sistema proporzionale con uno sbarramento del cinque per cento. Per la Camera Alta, invece, i rappresentanti non sono altresì che i componenti dei governi regionali ( su questa falsariga venne approvato il senato federale, bandiera della Lega Nord)
Chi invece si è completamente affidato a un sistema proporzionale è la Spagna. Vale ripetere che il proporzionale, è stato per oltre cinquant’anni il sistema italiano, modello che viene ritenuto dai partiti centristi quello che permette la maggiore rappresentanza possibile, anche alle minoranze, ma che ha avuto come difetto l’instabilità dei governi. Ma la Spagna appunto. Come si vota? Proporzionale con sbarramento esiguo del 3 per cento (in Italia sopravviverebbero i partiti come Rifondazione comunista, Verdi, Destra di Storace…). Ogni collegio elegge un numero di deputati a secondo della grandezza dei deputati. E’ evidente che maggior numero di deputati avrà il partito vincente e quello che giunge secondo. Di fatti, nel tempo, il sistema spagnolo si è tramutato in un sistema quasi bipartitico.
Esempi, modelli, saranno presi sul serio? Per il momento è il vero tormentone dell’estate politica che non va in ferie (tra l’ira di molti onorevoli costretti a rimanere a Roma) e che si barcamena a smussare gli spigoli per un accordo. Per il voto manca solo un quid. Elettorale.