Politica
September 20 2022
Quando due mesi fa cominciò la campagna elettorale in tanti, tantissimi (soprattutto a sinistra) avevano agitato lo spettro delle ingerenze sul voto. Ovviamente si parlava di ingerenze russe, ed ovviamente a favore del centrodestra.
Oggi, a pochi giorni dal voto, possiamo tranquillamente affermare che si, le ingerenze ci sono state; ma al contrario di quello che pensavano i soliti soloni le intromissioni estere sul nostro voto sono arrivate dagli Stati Uniti e dalla Germania. La prima sotto forma di un misterioso dossier buttato lì (poi un giorno capiremo da chi) che annunciava la lista di partiti e politici anche italiani che hanno ricevuto soldi da Mosca. Poi, dopo le smentite arrivate da Roma e Washington ai più alti livelli sulla presenza di figure italiane nel documento, Draghi compreso, ecco che spuntava il «ci sarà un secondo dossier, in futuro…» che sa tanto di minaccia vera e propria contro l’esecutivo che verrà.
Ieri, poi ecco muoversi l’Europa, o meglio, una parte di essa. Prima la stampa: Financial Times e The Guardian che, senza troppi giri di parole, hanno scritto che «se Giorgia Meloni salisse al potere alla testa di una coalizione di estrema destra, le conseguenze economiche e sociali potrebbero essere terribili».
L’ultima stoccata poi da Berlino dove Enrico Letta (senza bus elettrico) si è recato per chiedere appoggio ed aiuto internazionale alla Germania, ed ecco servito l’endorsement del Cancelliere tedesco Scholz e del leader del suo partito, l’Spd: «Sarebbe davvero un segnale importante se a vincere fosse Enrico Letta e non Giorgia Meloni che guida un partito post fascista che porterebbe l’Italia in una direzione sbagliata». Tanto per capirci, la direzione giusta per noi Scholz la conosce così bene tanto da essere il vero freno al tetto del prezzo del gas che Draghi da mesi chiede a Bruxelles.
Immaginate ora se queste ingerenze invece che di provenienza occidental-europea e contro la Meloni fossero arrivate da Russia e Cina contro il Pd. Sarebbe stato un continuo stracciarsi le vesti con appelli e fiaccolate pro democrazia davanti al Quirinale. Oggi invece nulla, va tutto bene. Anzi, hanno perfettamente ragione, pensano Letta e soci.
Sono decenni che raccogliamo evidenze sul doppio pessimo di una certa parte politica ed una certa stampa; uno più, uno meno, non fa molta differenza anche perché abbiamo imparato che solitamente tutto questo succede quando il Nazareno è nei guai.
La differenza però con le parole di altri è enorme. Draghi ha ripetuto che «l’Italia è una democrazia forte…. che ce la farà a superare le difficoltà quale sia il prossimo governo». Alle parole del nostro premier aggiungiamo quelle del primo ministro finlandese, Sanna Marin: «Gli italiani sono liberi di votare chi vogliono».
La bellezza del buon senso. Capita la differenza?