AAF Archives, 301 Bomb Group
PROLOGO
Già nell'estate del 1943 gli Alleati erano stati a Roma. Questa visita avvenne però dal cielo. La mattina del 19 luglio 1943 oltre 500 bombardieri B-17 e B-24 del 301° e 357° Bomb Group partiti dalla Tunisia sorvolarono il territorio laziale seguendo il Tevere e imperversando a più ondate sopra Roma. Furono particolarmente colpiti il quartiere di San Lorenzo, dove sorge il cimitero del Verano ,che fu sventrato dalle esplosioni. Quel giorno furono colpiti anche il Prenestino, il Casilino, Il Tuscolano e il Nomentano.
Nello scatto, ripreso dal vano bombe di un B-17 del 301 Bomb Group, si distinguono chiaramente la zona di Piazza Bologna e, appena sopra, il cimitero del Verano.
▲ Wikimedia, Getty Images, AAF Archives
Più di 1000 furono le vittime civili delle bombe del 19 luglio.
Terminata l'incursione, Papa Pio XII si recò presso le macerie della Basilica di San Lorenzo per confortare la popolazione romana. Poco prima si era recato in visita il re, che a differenza del Pontefice, era stato duramente contestato. Mancano 5 giorni alla fatidica riunione del Gran Consiglio del Fascismo che destituirà il duce e alla quale seguirà l'arresto e la prigionia.
Foto da sx in alto e in basso: le bombe esplodono sullo scalo ferroviario di Roma Tiburtina e sul quartiere di San Lorenzo. A dx dall'alto: Un B-17 del 301 Bomb Group in Tunisia, un cartellino dell'USAF con i dati del raid su Roma
▲ Mondadori Portfolio
Nei giorni successivi alla caduta del regime le sorti di Roma sono in mano a Pietro Badoglio, il quale interverrà subito a sedare le manifestazioni di giubilo per la caduta del fascismo imponendo coprifuoco e legge marziale. Dall'altra parte rassicurava Hitler sulla fedeltà all'alleato germanico e sul proseguimento della guerra al fianco di quest'ultimo.
Nella foto: la folla festante abbatte i simboli del regime fascista all'indomani dell'annuncio della caduta di Mussolini.
▲ Getty Images (2), Wikicommons
Sperando in una "neutralizzazione" dell'Italia, il maresciallo D'Italia cercò di rassicurare i tedeschi e nel contempo mantenere aperte le porte a una pace separata con gli Alleati. Questa politica attendista però non fece altro che peggiorare la situazione, che chiuse di fatto Roma in una morsa. E' appena il 30 di luglio quando Hitler approva l'operazione Alarico, finalizzata all'occupazione tedesca dei territori italiani. Il 10 agosto, due divisioni di paracadutisti tedeschi giunge alle porte di Roma. Siamo all'epilogo dei 45 giorni di Badoglio. Il 13 agosto Roma è nuovamente colpita dal cielo.
Nella foto: la notizia della caduta del Fascismo sulla stampa estera, Dino Grandi, Pietro Badoglio e il capo di Stato Maggiore Generale Mario Roatta.
▲ Bundesarchiv
il 27 agosto Badoglio manda il generale Castellano in Sicilia a trattare la resa con gli anglo-americani, che sarà ratificata a Cassibile il 3 settembre. La guerra al fianco dei tedeschi era finita. Cominciava il martirio della guerra civile, con i parà tedeschi pronti in assetto da battaglia, a una manciata di chilometri da Roma.
Nella foto, parà tedeschi della 2a Divisione muovono verso la Capitale.
▲ Wikicommons
Il re e Badoglio avevano in fretta abbandonato la città ma Roma, a detta di molti, avrebbe potuto essere protetta dall'avanzata dei tedeschi. A difesa della Capitale era rimasta schierata la divisione corazzata "Centauro", nata dalla disciolta divisione "M". Le forze dell'esercito italiano erano per organico largamente superiori a quelle tedesche, che erano tuttavia più organizzate e meglio dirette. Sta di fatto che nei giorni successivi all'armistizio di Cassibile la città di Roma fu lasciata indifesa dall'avanzata delle truppe tedesche, fatta eccezione per la divisione "Granatieri di Sardegna", dei Carabinieri e alcuni contingenti della Polizia dell'Africa Italiana (PAI).
Già la mattina del 9 settembre una divisione di paracadutisti tedeschi lasciava l'aeroporto di Pratica di Mare per convergere su Roma. In due giorni la Capitale era in mano agli ex alleati dopo una serie di scontri a fuoco presso la Magliana, dove ci fu il primo caduto. I parà tedeschi dilagarono per tutta la giornata del 9 settembre stritolando le difese italiane senza ordini. Il 10 settembre, al prezzo di oltre 1000 caduti tra militari e civili, la città eterna cadde in mano nazista. Nella foto, l'estrema difesa di Roma da parte dei Granatieri di Sardegna presso la Porta San Paolo, 10 settembre 1943.
▲ Mondadori Portfolio
Al clima di repressione violenta operata dalle SS di Kappler si affiancano i reparti autonomi di polizia repubblicana comandati da Pietro Koch e la sua banda, che operò la sua azione di tortura dalle stanze delle pensioni Oltremare e Jaccarino. Tra gli "ospiti" di Koch fu anche il regista Luchino Visconti, che due anni più tardi firmerà il documentario sulla fucilazione del Koch avvenuta il 5 giugno 1945.
Nella foto: celebrazioni di autorità tedesche e della RSI presso l'Altare della Patria. in prima fila, con la giacca chiara, è riconoscibile il sottosegretario Francesco Maria Barracu. Sarà uno dei gerarchi catturati a Dongo il 28 aprile 1945.
▲ Bundesarchiv, Mondadori Portfolio
IL TERRORE.
Senza ordini superiori, con i ranghi allo sbando e le ultime difese neutralizzate dalla Wehrmacht presso la porta di San Paolo, Roma cade in mano tedesca alle ore 16 del 10 settembre 1943.
Nei giorni immediatamente successivi alla resa, tutte le divisioni italiane sono disarmate e dal 23 settembre la città è presidiata dalle autorità della neonata Repubblica Sociale. Al comando della SichereitDienst (SD) o Gestapo vi è Herbert Kappler, che inizierà una vasta azione di persecuzione degli antifascisti attivi dopo il 25 luglio e soprattutto degli ebrei, operazione culminata con il rastrellamento dell'ex ghetto di Roma all'alba del 16 ottobre 1944. Più di mille furono i cittadini di religione ebraica che partirono dalla stazione Tiburtina alla volta di Auschwitz. Solo in 16 faranno ritorno.
Foto: carri armati della divisione corazzata SS-Panzergrenadier "Reichsfuhrer SS" per le vie del centro di Roma; un blindato leggero della Wehrmacht e vittime civili dell'estrema difesa di Roma.
▲ Bundesarchiv, Wikicommons
Istantanee dalla Capitale sotto l'occupazione tedesca. Dall' alto a sx: soldati tedeschi dopo l'esecuzione sommaria di una donna accusata di aver avuto contatti con la Resistenza; ufficiali tedeschi e italiani passano in rassegna il battaglione "Barbarigo" della Decima Flottiglia MAS; soldati tedeschi caricano un'opera d'arte imballata e destinata alla Germania; Ufficiali tedeschi posano con un dipinto trafugato; Panzergrenadier all'Altare della Patria; due ritratti di Marò della RSI.
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Intanto, il 22 gennaio 1944 gli Alleati attuarono la cosiddetta operazione "Shingle",e sbarcarono in forze ad Anzio e Nettuno mantenendo in seguito la "testa di sbarco" sulle coste laziali, avvicinandosi in modo sensibile alla Capitale. Nella foto, una fase delle operazioni.
▲ Getty Images, Mondadori Portfolio (2) National Archives
Dall'alto a sx: "artiglieria fantoccio" nei pressi di Anzio, utilizzata dagli Alleati per confondere i tiri dei tedeschi; fucilieri britannici in posizione tra le dune; Junio Valerio Borghese in visita alle posizioni di artiglieria italo tedesche; Il generale Alexander discute con il responsabile delle operazioni della testa di sbarco, generale Lucian Truscott.
▲ Bundesarchiv
Mentre gli alleati difendevano Anzio dagli attacchi dell'artiglieria tedesca, a Roma si consumava una delle pagine più tragiche del periodo dell'occupazione nazifascista. Il 23 marzo 1944 una bomba nascosta dai partigiani dei GAP in un carretto della nettezza urbana esplodeva nella centralissima via Rasella, lasciando a terra i cadaveri di 33 soldati tedeschi di origine altoatesina della divisione di polizia militare "Bozen". Kappler applica la rappresaglia rastrellando 335 italiani, molti dei quali detenuti prelevati dalle carceri di Regina Coeli. Altri furono inclusi nella lista per delazione; altri ancora furono indicati a Kappler dallo stesso Pietro Koch. Il massacro si consumò dall'alba al tramonto del 24 marzo presso le cave abbandonate sulla via Ardeatina.
Nella foto la fase del rastrellamento in seguito all'attentato.
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Siamo all'aprile 1944. Il comandante della 5a armata Usa generale Mark Clark torna per un periodo negli Stati Uniti, dove apprende le notizie sull'imminente sbarco in Normandia. Torna in Italia con l'idea fissa di entrare in Roma prima del D-Day. Alla corsa contro il tempo concorrono anche gli inglesi di Alexander, ansiosi di entrale nella Città Eterna per primi. Poco dopo iniziano i preparativi strategici per lo sfondamento del sistema difensivo tedesco a sud di Roma, la linea Gustav.
▲ Mondadori Portfolio, IWM
Maggio 1944. Inizia l'attacco finale delle forze Alleate alla linea difensiva Gustav con un incessante e preciso tiro di artiglieria contro i presidi tedeschi da parte della 5a armata americana di Mark Clark. GLi uomini del generale cominciano l'avanzata dagli avamposti campani, affiancati dal Corpo di Spedizione francese del generale Juin. Dopo il completamento della prima fase, entrarono in gioco le forze britanniche della 8a armata di Harold Alexander, che iniziarono l'avanzata lungo la direttrice del fiume Liri. Il 23 maggio le forze Alleate uscirono dalla testa di sbarco di Anzio, fino ad allora tenuta sulla difensiva, per potersi congiungere alle forze che avanzavano verso la linea Gustav.
Nelle foto dall'alto a sx: un militare della 5a Armata statunitense aiuta un bimbo ad attraversare un ponte provvisorio nella campagna laziale; Bombardamenti della RAF sulle postazioni tedesche della linea Gustav; un medico americano è aiutato da un collega tedesco prigioniero nella cura di un ferito; L'8a Armata britannica a meno di 60 Km da Roma.
▲ IWM (2)
Vita e morte sulla strada per Roma: a sinistra, soldati alleati in relax nelle retrovie; a dx una famiglia di contadini laziali in preghiera sulla tomba di un soldato inglese.
▲ Getty Images, National Archives, Mondadori Portfolio
La terza fase vide così l'avanzata da Anzio verso Cisterna e Velletri, attraversando la via Appia.Comincia la convergenza delle truppe americane con quelle inglesi verso l'autostrada n.6, spazzata dalle difese tedesche per mano degli incursori americani della 1a Special Service Force. Aspettando un contrattacco tedesco per proteggere la ritirata verso nord, Clark anticipò l'attacco finale lungo la "ruote n.6" , la via Casilina, che giunge nell'area urbana di Roma da Centocelle. Dal fianco destro, dopo aver neutralizzato le difese tedesche, giungono nei pressi della Casilina anche le truppe marocchine del Corpo di Spedizione Francese, che seminarono il terrore e operato stupri e saccheggi ai danni della popolazione civile durante la loro avanzata verso la Capitale.
Da sx in alto: Carristi tedeschi si preparano allo scontro con gli americani nella difesa della ritirata; controlli a un posto di blocco tedesco alle porte di Roma; quel che rimane di due pezzi contraerei tedeschi da 88mm sulla Casilina.
▲ Mondadori Portfolio
I più gravi scontri con i tedeschi si registrarono a pochi chilometri dall'obiettivo, nel area di Valmontone. Qui Kesselring concentrò le forze per cercare di rallentare l'avanzata alleata, che tuttavia continuò suppartata dall'azione delle divisioni corazzate americane. Valmontone è conquistata il 2 giugno, metter i tedeschi riescono a ripiegare verso nordest dalle vie di fuga lasciate aperte dagli Alleati (decisione che in seguito aprirà una polemica sul mancato annientamento delle forze di Kesselring che potranno ripiegare e riorganizzarsi a nord).
La mattina del 4 giugno 1944 Roma fu raggiunta dagli specialisti del 1° Special Service Force e da elementi della 3a e 88a divisione di fanteria americane.
Entro 4 giorni gli anglo-americani conquistavano le posizioni strategiche del porto di Civitavecchia e dell'aeroporto militare di Viterbo, lasciando dietro di sè 15,000 tedeschi morti, 35.000 feriti e 24,000 prigionieri.
Nella foto le avanguardie dell'esercito americano poco dopo essere entrati in Roma oltrepassano un blindato tedesco in fiamme.
▲ Mondadori Portfolio, Getty Images, Wikicommons
ROMA LIBERATA
Il 3 giugno Kappler fugge dai locali di via Tasso, distruggendo la documentazione e unendosi al flusso dei tedeschi in ritirata. Alle 23,15 dello stesso giorno Radio Londra aveva trasmesso alla resistenza la parola in codice "elefante" che annunciava alla resistenza romana l'imminenza dell'attacco finale verso la città. Le ultime resistenze tedesche si concentrano nelle periferie allo scopo di coprire la ritirata.
E’ proprio il 4 giugno che si consuma l’ultima strage nazista di Roma. Le SS in fuga da via Tasso portano con sè un certo numero di detenuti politici, partigiani ed ebrei per la deportazione in Germania. Su uno dei camion vi sono 14 prigionieri, tra cui il sindacalista Bruno Buozzi e un soldato inglese. L’autocarro imbocca la Cassia e si ferma in un casale per la notte, in località La Storta. Senza che si sappiano le motivazioni all’origine dell’ordine tutti i prigionieri sono fucilati all’alba del 4 giugno, proprio mentre i primi Rangers entravano in Roma.
Nelle foto dall'alto a sx: un camion dell'esercito americano supera il relitto di un panzer tedesco sulla via Casilina; ingresso trionfale del generale Mark Clark in Roma; la folla festante sventola la bandiera americana in piazza Venezia; il papa Pio XII incontra la popolazione e le autorità alleate il 5 giugno 1944.
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Il 5 giugno gli angloamericani dilagano nelle strade della Capitale e lo stesso generale Clark raggiunge il Campidoglio assieme agli altri vertici militari. Poco dopo Pio XII si affaccia al balcone in Piazza San Pietro per salutare la popolazione in giubilo. Poco dopo viene dato l’annuncio della nomina del comandante del CLN Ivanoe Bonomi quale successore di Badoglio alla guida del governo del Regno del Sud.
Nelle foto dall'alto a sx: il generale Clark in un momento di riposo dopo l'ingresso in Roma; religiose distribuiscono i primi aiuti alimentari alla popolazione; sacchi di farina donati dall'esercito americano vengono scaricati da un autocarro; soldati inglesi in licenza nel centro di Roma.
▲ Getty Images, Mondadori Portfolio
Il 4 giugno fu anche il giorno della fuga dell’ex questore repubblichino, Pietro Caruso. Questi si insediò a Roma nel gennaio 1944, dopo essere stato questore a Verona durante il processo ai firmatari dell’ordine del giorno Grandi.
Fu incaricato dalle SS di Kappler di fornire una lista di detenuti per la fucilazione alla Fosse Ardeatine. Poco dopo la fuga al volante della sua Alfa Romeo, fu coinvolto in un incidente stradale dove rimase ferito. Fu catturato poco dopo dai partigiani presso l’ospedale di Viterbo e tradotto a Roma. Il processo contro di lui si tenne a Regina Coeli nel settembre 1944, di fronte a una folla incontenibile ed inferocita che cercò di linciarlo. Non essendo Caruso a portata, la folla se la prese con l’ex direttore del carcere, Donato Caretta il quale fu linciato e affogato nel Tevere. Il suo cadavere verrà appeso al portone di Regina Coeli ed esposto alle sevizie della folla. Per Pietro Caruso invece, la fine giunse il 22 settembre 1944 quando sarà fucilato presso il forte Bravetta.
Nelle foto dall'alto a sx: partigiani romani catturano un ex funzionario della RSI e lo trascinano sotto la minaccia delle armi per interrogarlo. In basso a dx: 22 settembre 1944: il plotone di esecuzione schierato per la fucilazione dell'ex questore Caruso al forte Bravetta.
▲ IWM
Una nave della marina degli Stati Uniti durante le operazioni di sbarco di mezzi al porto di Civitavecchia, occupato dagli Alleati nelle ore successive all'ingresso in Roma.
▲ IWM
A Roma ritorna la vita, dopo 8 lunghi mesi di occupazione nazifascista. Nella foto: un aviere inglese della RAF, con uno spartito di J.S.Bach sottobraccio, si gode le meraviglie della Città Eterna in una giornata tersa dell'estate del 1944.
▲ La mattina del 4 giugno 1944, dalla via Casilina, i primi Rangers americani raggiungevano Roma. In poche ore liberavano la "città aperta", conquista di enorme valore propagandistico per gli Alleati a soli 2 giorni dal D-Day