Lifestyle
October 11 2012
La 26enne Lindsay Lohan finisce di nuovo sotto i riflettori, questa volta per aver litigato ferocemente con la mamma, con tanto di rissa in pubblico e accuse pesantissime nei confronti di Dina Lohan, tipo che era strafatta di coca e che è una scansafatiche che le ruba i soldi. E il padre/marito, che avrebbe potuto forse calmare le acque, ha invece gettato benzina sul fuoco.
Tutto comincia alla fine di una serata di gozzoviglie trascorsa da madre e figlia in un locale di Manhattan. A un certo punto le due cominciano a discutere animatamente a causa di un prestito non restituito (Lindsay Lohan sostiene che Dina le deve 40mila dollari). Vola un'accusa, poi un'altra e la cosa termina a suon di graffi e tirate di capelli. Scena cui assistono alcuni passanti, prontamente intervistati dai tabloid di mezzo mondo.
Il peggio deve ancora arrivare, però: Lindsay telefona infatti al padre Michael per raccontargli quello che sta succedendo. Lui, che con la moglie ha avuto una relazione travagliata terminata con il divorzio, ha evidentemente molti sassolini nella scarpa e invece di fare da paciere spara a zero sulla ex. TMZ entra in possesso della registrazione della telefonata e diffonde i dettagli del dialogo:
Lei: "Mi ha detto delle cose disgustose! Dice che per lei sono morta!"
Lui: "È una persona orribile, Lindsay"
Lei: "Le chiedevo di restituirmi i soldi che le ho prestato. Le dicevo: Dammi i 40mila che ti ho dato!"
Lui: "Hai prestato 40mila dollari alla mamma?!"
Lei: "Ne aveva bisogno per non perdere la casa"
Lui: "È una sporca contaballe! Ti sta mentendo, Lindsay, ti sta mentendo"
Lei: "Papà, è piena di cocaina. Mi ha aggredito lasciandomi un taglio sulla gamba. In questo momento è indemoniata!"
Alla fine della serata pare che Lindsay Lohan abbia sporto denuncia per violenza domestica nei confronti di mammina, anche se apparentemente le due donne si sono riappacificate. Secondo il New York Post, che ha ripreso la notizia della rissa, probabilmente la denuncia sarà ritirata.
Non è la prima volta che i genitori di una star di Hollywood si comportano in modo disdicevole; per esempio il giovanissimo Macaulay Culkin dovette ricorrere alla legge per impedire ai suoi di dilapidare i soldi che stava guadagnando in qualità di bambino prodigio.
Ma il caso di Lindsay Lohan è aggravato dal fatto che lei sta ormai percorrendo una parabola personale discendente ed è passata dall'essere il viso pulito e sorridente di casa Disney a entrare e uscire dai tribunali e dalle cliniche di disintossicazione.
È infatti il 1998 quando Genitori in trappola esce nelle sale cinematografiche incassando un sacco di quattrini e facendole vincere, a soli 12 anni, lo Young Artist Award. Sulla scorta del successo, Disney, che aveva prodotto la pellicola, le fa firmare un contratto per recitare come protagonista in altri tre film, coronando così una carriera iniziata quando aveva tre anni (come modella per Calvin Klein e Abercrombie) e proseguita a 10 come attrice di soap opera.
Nel 2006 Lindsay Lohan è uno dei volti più noti di Hollywood e per cercare di scrollarsi di dosso l'immagine Disney, che limita le proposte di lavoro che riceve, va in cerca di ruoli più maturi. Lavora così con i registi Robert Altman (Radio America), Emilio Estevez (Bobby, storia dell'omicidio di Robert Kennedy) e J.P. Schaefer (Chapter 27, storia dell'assassino di John Lennon). Presto però la vita privata comincia ad andare a rotoli, portando con sé la carriera.
Mentre sono in corso le riprese di Donne, regole... e tanti guai! (2007), la Lohan viene ricoverata in ospedale, ufficialmente per "temperatura alta e disidratazione", scrive People. Tempo una manciata di giorni e viene resa pubblica una lettera del produttore James G. Robinson che la definisce "irresponsabile e non professionale" e che la accusa di arrivare spesso in ritardo sul set o addirittura di non arrivarci proprio. E aggiunge: "È noto a tutti che la vera ragione del cosiddetto esaurimento è da cercare nelle nottate di feste folli".
Tempo una manciata di settimane e nessuno prova più a difendere l'indifendibile: Lindsay Lohan entra in riabilitazione per combattere l'alcolismo e nell'aprile del 2007 i produttori e il regista del film The Edge of Love decidono di sostituirla con una collega per contenere i rischi che le riprese siano incasinate e che la compagnia di assicurazione chieda cifre colossali per tutelarsi dai colpi di testa dell'attrice. È un pessimo segno.
Purtroppo, però, quelli di The Edge of Love ci hanno visto giusto: a maggio del 2007 Lindsay va a sbattere con l'automobile e viene accusata di guida in stato di ebbrezza. Le ritirano la patente, ma lei torna al volante, si fa beccare e si ritrova con una triplice accusa: guida senza patente, sotto l'influenza di alcol (ancora) e in possesso di droga (cocaina).
Mentre entra e esce dagli istituti di riabilitazione, e mentre perde alcuni lavori importanti, i film che riesce a portare a casa ricevono una pessima accoglienza di pubblico e critica. Il nome del mio assassino (2007) viene massacrato, incassa una miseria e le fa vincere un Razzie Awards come peggiore attrice. Voci di corridoio affermano che a Hollywood farà fatica a trovare lavoro se prima non dimostra di essere affidabile e pulita.
Gli anni successivi procedono difficili, tra perenni problemi di alcol, tentativi nel mondo della moda (esito disastroso) e pellicole che invece del debutto in sala vengono spedite direttamente su piccolo schermo: succede con Incinta o quasi (2009) e giustamente Variety sottolinea che "per la star è una battuta d'arresto".
Nel tentativo di tenere viva la sua carriera, Lindsay Lohan viaggia parecchio, ma questo la porta a violare i termini del regime di semilibertà che i giudici le hanno comminato in seguito alle guide in stato d'ebbrezza. Risultato: nuovi processi e nuove pene, che questa volta comprendono anche qualche ora di permanenza in carcere. Anche perché ogni volta che le fanno un test finisce che le trovano alcol o droga nel sangue, e dunque la legge comincia a non essere più clemente.
Ciliegina sulla torta: il 9 febbraio 2011 viene formalmente accusata del furto di una collana e condannata a 120 giorni di prigione (ne sconta solo 35 e passati ai domiciliari) più 480 ore di servizi per la comunità, che però non svolge secondo le richieste del tribunale ritrovandosi così con nuove sentenze sulle spalle e un regime di semilibertà esteso fino a maggio del 2014.
Di fronte a un panorama come questo, non è certo un segno rassicurante trascorrere una serata folle con la mamma cocainomane e poi azzuffarsi con lei per questione di soldi. Né avere un padre che getta benzina sul fuoco, magari anche a ragione, ma certamente senza la diplomazia che in questo caso sarebbe stata utile.