Politica
November 22 2024
La nuova Commissione è fatta. Il prossimo 27 novembre in occasione della plenaria di Strasburgo riceverà l’ok definitivo dal Parlamento e potrà cominciare a lavorare. Se così si può dire. Il fuoco incrociato tra i due vice presidenti esecutivi, Raffaele Fitto e Teresa Ribera, è cessato soltanto alle 23 di mercoledì sera, ma la maggioranza Ursula ne è uscita, oltre che rotta, senza un pezzo: quello dei Verdi, i quali hanno deciso di sfilarsi e non votare il pacchetto la prossima settimana. Infatti fino a mercoledì sera sono girate lettere bollenti tra socialisti, Renew e i sinistri di Left. Primo aspetto: il continuo attacco da parte del Pd nei confronti di Fitto. Attacco che nemmeno l’intervento di Sergio Mattarella è riuscito a far rientrare. Nella lettera inviata dal gruppo S&D e Renew alla Commissione si legge espressamente la condanna della scelta del nostro ministro nel ruolo di vice esecutivo. The Left si è spinta, sempre per attaccare Fitto, a definire il processo di valutazione dei commissari una farsa. Risultato? Il Pd ha confermato la propria posizione anti Italia pur non riuscendo a sbloccare in nessuna direzione l’impasse. Blocco che alla fine si è superato con l’intervento dell’altra gamba, quella del Ppe. Che a sua volta ha chiesto di far approvare una clausola per costringere la spagnola Ribera alle dimissioni in caso di accuse formali della giustizia iberica sulla gestione dell’alluvione di Valencia.
Nella prima metà di mercoledì, infatti, a Bruxelles gli occhi sono stati tutti rivolti al parlamento di Madrid, teatro dell’audizione della verità per Ribera. Accusata dal Partido popular di essere «una ministra in fuga» davanti ai fatti. La vicepremier si è difesa strenuamente, assicurando di aver lavorato «dal primo minuto per risolvere i bisogni e le urgenze» e rispendendo le accuse di malagestione al mittente. Poi un messaggio sul futuro: «La risposta al cambiamento climatico non è fanatismo». Argomentazioni che hanno irritato ancora di più gli oppositori di centrodestra, portando l’intera famiglia del Ppe a chiedere la clausola di salvaguardia. Insomma, fuoco alle polveri. Fino alle 23. Poi la pace. Svelando il vuoto sotto le trattative.