Lo sciopero dei portuali inguaia Kamala Harris

È una vera e propria bomba quella che è stata lanciata, poche ore fa, sulla campagna elettorale americana. Il sindacato dei portuali, l’International Longshoremen's Association, ha avviato un maxi sciopero, per chiedere aumenti salariali e maggiori garanzie contro il lavoro automatizzato. Si tratta della prima serrata che questa organizzazione attua dal 1977: una serrata che coinvolgerà circa 45.000 operai in 36 porti della costa orientale. Secondo JP Morgan, questo sciopero potrebbe arrivare a costare fino a cinque miliardi di dollari al giorno. La questione è scottante e rischia seriamente di danneggiare Kamala Harris che, ricordiamolo, è vicepresidente in carica degli Stati Uniti. Joe Biden cercherà prevedibilmente di muoversi per danneggiarla il meno possibile. Il punto è che l’inquilino della Casa Bianca si trova in un dilemma fondamentalmente insolubile.

Nel primo scenario, Biden potrebbe sospendere lo sciopero, invocando il Taft-Hartley Act. Tuttavia, se agisse in questo modo, passerebbe per antisindacale e, come tale, potrebbe essere etichettata la sua vice. La Harris, dal canto suo, non può permettersi di irritare i colletti blu, visto che già il potente sindacato degli autotrasportatori le ha voltato le spalle alcuni giorni fa, annunciando di non voler dare endorsement ad alcuno dei candidati presidenziali. Ricordiamo che, dal 2000, gli autotrasportatori avevano conferito sistematicamente il loro appoggio ai candidati dem e che, poche ore fa, hanno espresso solidarietà ai colleghi portuali.

Nel secondo scenario, Biden potrebbe decidere di non far nulla e lasciare che lo sciopero abbia luogo. In questo caso però il presidente si troverebbe ad affrontare rilevanti problemi in relazione alle catene di approvvigionamento: una situazione che potrebbe fare impennare i prezzi alle porte del periodo natalizio. Anche in questo caso, i rischi politici sarebbero elevati, visto che la Harris si ritroverebbe a dover difendere le scelte della propria amministrazione davanti all’assai probabile irritazione dei consumatori.

È chiaro che un dilemma, sotto certi aspetti, si profila anche per Donald Trump: il candidato repubblicano dovrà infatti fare attenzione a non alienarsi il crescente sostegno dei colletti blu e, al contempo, quel mondo imprenditoriale che, invece, non guarda con grande simpatia a questo sciopero. Al netto dei rischi, però, il tycoon ha almeno dalla sua parte il fatto di non essere attualmente al governo: una circostanza, questa, che rende maggiormente vulnerabile la Harris. Una Harris che, come già accennato, sia in termini politici che di immagine sta incontrando sempre maggiore difficoltà nei suoi rapporti con la working class. Va detto che la vicepresidente non ha mai brillato rispetto a questo importante segmento elettorale: tuttavia sembra proprio che il suo vice, Tim Walz, non la stia aiutando sufficientemente con i colletti blu. A circa un mese dal voto, la candidata dem dovrà affrontare forse lo scoglio più arduo di tutta la sua campagna elettorale.

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