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February 28 2018
Non è facile comprendere la logica del meccanismo con cui è calcolata la parte variabile della retribuzione dei dirigenti di prima fascia dell’Agenzia delle entrate. In breve: la regola è che il totale dei loro premi di risultato è pari all’8% del monte complessivo dei premi dei colleghi di seconda fascia (ovviamente molto più numerosi) da loro stessi nominati.
Da dove deriva una regola tanto bizzarra? “A delineare il meccanismo” spiega il responsabile nazionale del settore fiscale del sindacato Dirpubblica “è il decreto emesso ogni anno dal ministero dell’Economia, i cui dettagli sono poi fissati nei successivi accordi sindacali fra l’amministrazione e le sigle confederali e autonome più rappresentative”.
Del tutto assente in queste intese è la distinzione fra i dirigenti veri e propri, divenuti tali dopo aver vinto un concorso, e quelli nominati in seguito a procedure discrezionali non sottoposte ad alcun reale controllo pubblico. Differenza non da poco: i primi sono attualmente all’incirca 300 mentre i secondi, con tutte le infornate di posizioni operative assegnate all’interno e i reclutamenti effettuati con le chiamate dirette dall’esterno ammontano a più 1.200. Con i “montepremi” da destinare alle performance di entrambe le fasce dirigenziali che lievitano in proporzione.
La conseguenza paradossale è che le poche decine di dirigenti di prima fascia ricevono un premio in denaro per ogni incremento delle posizioni dirigenziale di fascia inferiore (di cui, lo ricordiamo, sono direttamente responsabili), comprese quelle avvenute in violazione dell’articolo 97 della Costituzione. È un meccanismo ragionevole? “Secondo noi assolutamente no” replica il dirigente della Dirpubblica “tant’è che abbiamo cercato in tutti i modi di farlo cambiare. Ma nonostante la sentenza della Corte Costituzione che definisce illegittime le leggi emanate dai diversi governi per sanare le promozioni effettuate senza concorso, nessuno ci ha dato retta”.
Ammesso che sia giusto legare la retribuzione dei vertici al numero dei dirigenti loro sottoposti, sarebbe almeno opportuno premiare la capacità di tenere effettivamente i concorsi previsti dalla legge a svantaggio, anche dal punto di vista retributivo, della pessima abitudine di fare i dirigenti in modo discrezionale.