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January 14 2013
Un conto è chiedere giustizia, un conto è pretendere di fare giustizia.
Lo stupro è un reato infame, convenite con me. A Bergamo una ragazza di 24 anni, per di più incinta, è stata stuprata mentre si recava al parcheggio della sua macchina. Il colpevole viene individuato in un cittadino kosovaro che, su ordine del giudice, viene colpito dalla misura cautelare degli arresti domiciliari. A richiederla al gip è il pm Gianluigi Dettori.
Quello che segue è un copione già visto. La folla si accalca sotto l’appartamento del presunto stupratore. Arrivano persino i tifosi atalantini che inneggiano alla morte del kosovaro. “Datelo a noi“, recita uno degli striscioni. Si sfiora il vero e proprio linciaggio, lo sgabello di un bar viene ripetutamente scaraventato contro il portone dell’abitazione, tanto che, è notizia di oggi, i magistrati stanno valutando l’ipotesi di trasferire l’accusato in un luogo diverso.
La politica non censura la china pericolosa imboccata dalla piazza. Al contrario, la accarezza e la fomenta. I leghisti fanno a gara di celodurismo con i tifosi calcistici. Il sindaco del Pdl Franco Tentorio dichiara: “Se per un violentatore non si aprono le porte del carcere, cresce l’insicurezza”.
Nessuno di loro è sfiorato dall’idea che il pm, che ha richiesto i domiciliari, non abbia fatto altro che attenersi alla legge. Codice di procedura penale alla mano. Nessuna forzatura, nessuna torsione del diritto, solo la nuda applicazione della norma scritta. Il carcere preventivo è extrema ratio, cui ricorrere quando ogni altra misura risulti inadeguata. Le manette senza condanna, quelle che oggi tengono sequestrati nelle galere italiane oltre 27mila detenuti, sono uno strumento di cautela delle indagini, non la sistematica anticipazione di pena verso presunti innocenti, come accade in Italia.
Il facchino kosovaro andrà in carcere se e quando la sentenza accerterà la sua colpevolezza. Nell’attesa gli arresti domiciliari sotto la sorveglianza della polizia sono ritenuti una misura adeguata a impedirgli di fuggire o di reiterare il reato. Una volta tanto che un pm agisce nel sacro rispetto della legge in nome del popolo sovrano, il popolo si ribella e scende in piazza coi forconi. Forse perché di sovrano non è rimasto più nulla, solo un belato che si leva confusamente.