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May 22 2023
Il giordano Abu Anzeh Saleh, rappresentante dell’Fplp in Italia, arrestato il 13 novembre 1979 a Bologna e condannato assieme a 3 esponenti dell’Autonomia romana, Daniele Pifano, Giorgio Baumgartner, Luciano Nieri, intercettati la notte fra il 7 e l’8 novembre 1979 a Ortona, in provincia di Chieti, mentre trasportavano 2 lanciamissili Sam Strela 7 di fabbricazione sovietica, sarebbe stato brutalmente pestato il 30 marzo 1981, fino al punto di rompergli una costola, da agenti penitenziari all’interno del supercarcere dell’isola di Pianosa, dove era stato inaspettatatamente trasferito da Trani prima di essere portato a Roma. E, forse, non fu l’unico passaggio intermedio segreto nel tortuoso e finora sconosciuto percorso carcerario che portò Abu Anzeh Saleh verso la libertà.
Lo rivelano alcuni dei 163 documenti inediti declassificati dal governo Meloni contenuti in un corposo dossier, di 429 pagine, ora in possesso di Panorama.it , rintracciato nei giorni scorsi presso l’Archivio Centrale dello Stato, a Roma, dalla ricercatrice Giordana Terracina.
Le carte, raccolte cronologicamente e che comprendono lo scambio di carteggi, cablogrammi e messaggi di ogni genere fra l’allora capocentro del Sismi a Beirut, colonnello Stefano Giovannone, incaricato di tenere i rapporti con la variegata galassia di organizzazioni palestinesi, e i vertici dei Servizi segreti italiani, si fermano poche ore prima della strage di Ustica, la mattina del 27 giugno 1980, per poi riprendere, curiosamente, un paio di mesi dopo, a settembre 1980, saltando, quindi, a piè pari anche il periodo della strage di Bologna.
Aldilà di questa “cesura” temporale perlomeno curiosa e non credibile su due delle stragi più gravi della Repubblica italiana - 81 morti a Ustica, 85, e forse anche 86, a Bologna - la circostanza del pestaggio di Saleh a Pianosa assume particolare rilevanza per due motivi.
Innanzitutto non era mai emerso che Abu Anzeh Saleh, per il cui rilascio anticipato l’Fplp minacciò ripetutamente e in maniera crescente lo Stato italiano, a ridosso della strage di Bologna, di compiere attentati contro gli interessi italiani, fosse stato detenuto a Pianosa.
Saleh che, dopo aver studiato a Perugia, si era trasferito a Bologna dove risulta, dai documenti ufficiali mai smentiti, essere stato protetto dal Pci, una volta arrestato, il 13 novembre 1979, per la vicenda dei missili, era stato trasferito nel carcere di massima sicurezza di Trani. E lì era rimasto detenuto fino a quando - questo si sapeva - venne deciso il suo trasferimento a Roma. E li, poi, una volta condannato, fu rilasciato per tornare, quindi, in Medioriente a luglio 1983.
In una celebre intervista del 2009 rilasciata al mensile “Arab Monitor”, lo stesso Saleh ricostruisce così questo passaggio carcerario senza menzionare, chissà perché, la sua detenzione all’isola di Pianosa e quel celebre, indimenticabile, supercarcere denominato Alcatraz: “E’ venuto Domenico Sica a interrogarmi. Ero appena stato trasferito da Trani a Regina Coeli…”.
Perché Saleh non parla di Pianosa? Perché omette di citare quel carcere che, chiunque c’è stato, ricorda per tutta la vita come una delle sue peggiori esperienze?
Ma c’è un altro aspetto che desta particolare curiosità. Ed è il pestaggio brutale al quale Saleh sarebbe stato sottoposto a Pianosa.
In un appunto su carta intestata del Servizio per le informazioni e la sicurezza militare “per il direttore del Servizio” datato 20 maggio 1981 e che ha, per oggetto, “Operazione Strela”, dal nome dei missili scoperti a Ortona per il traffico dei quali il giordano era stato arrestato assieme ai tre autonomi romani, si legge: “(Omissis) si è recato a Beirut per incontrare esponente (Mario) del Fplp che aveva sollecitato colloquio. Mario ha riferito che al Fronte risulta che il 30 marzo scorso (quindi il 30 marzo 1981, ndr) Abu Anzeh Saleh sarebbe stato duramente picchiato a Pianosa riportando contusioni e forse la frattura di costole”.
Perché Saleh viene pestato? E perché finora non era mai emerso nulla al riguardo?
L’appunto scoperto ora dopo la declassifica della documentazione rimasta seppellita, per anni, sotto il marchio “Segretissimo”, rivela che “l’avvocato Zappacosta, difensore del giordano, (Zappacosta era, prima di tutto, l'avvocato di fiducia dell'ambasciata libica a Roma, ndr) avrebbe presentato ai primi di questo mese, probabilmente il 9 maggio, istanza per la concessione della libertà provvisoria ma che questa, pur rientrando nel diritto dell’imputato, non sarebbe stata concessa”.
Si può solo immaginare, se fosse vera questa circostanza del pestaggio ad Abu Anzeh Saleh, come l’avrebbe presa l’Fplp che minacciava, ogni giorno, ritorsioni contro lo Stato italiano per l’arresto del giordano chiedendone la liberazione anticipata assieme alla restituzione - o alla monetizazione con 60.000 dollari - dei missili Strela sequestrati a Ortona.
Tant’è che l’appunto per il direttore del Sismi prosegue con frasi di questo tenore: “Si chiedono notizie sui due fatti, oltre che sollecitazioni affinché sia concessa la libertà provvisoria o, in caso di impedimento di legge, venga spostato in un altro carcere. (Omissis) rappresenta che il Fronte ha confermato le minacce espresse in relazione alla vicenda dei missili e che una risposta immediata (entro domani mattina) a quanto si chiede renderebbe meno critica la situazione”.
In un altro appunto “Urgentissimo” sempre del 20 maggio 1981 in cui si parla di “Operazione Saquila” si legge: “Mario ha ieri sera chiesto urgenti elementi da sottoporre vertici Fronte in riunione prevista venerdì sera o sabato mattina circa circostanze in cui Abu Anzeh Saleh avrebbe riportato 30 marzo scorso in penitenziario Isola Pianosa frattura una costola e lesioni interne asseritamente ad opera di agenti di custodia”.
Non solo. Da Beirut il capocentro Sismi “Bermude” colonnello Stefano Giovannone, cerca di tradurre in parole, sempre nello stesso appunto del 20 maggio, la pressione che sente fortissima su di sé da parte dell’Fplp ricordando come Abu Anzeh Saleh sarebbe dovuto essere stato rilasciato, “in libertà provvisoria su cauzione”.
Sono giorni pesantissimi per l’intelligence italiana costretta a a fronteggiare e interpretare le ripetute, crescenti, minacce di attentati contro l’Italia da parte del Fronte Popolare di liberazione della Palestina.
“Mario habet soggiunto – scrive con grande preoccupazione Giovannone nel rapporto codificato “Segretissimo” ed oggi desecretato – che persistenti e notoriamente chiamate in causa a Fplp effettuate negli ultimi mesi dalla stampa e radiotelevisione italiana in relazione a fatti gravissimi di portata internazionale quale strage di Bologna, rifornimenti armi a organizzazioni terroristiche italiane e addestramento loro elementi e relative operazioni nonché citazioni strumentali affermazioni attentatore Pontefice, hanno indotto la base della leadeship Fplp che esista, da parte italiana, deliberata volontà nuocere causa palestinese”.
“Ritardate o insoddisfacenti risposte ai due quesiti sopra – mette in guardia Giovannone con riferimento al presunto pestaggio di Abu Anzeh Saleh a Pianosa e al mancato rilascio il libertà provvisoria dietro cauzione – avranno notevole peso nel determinare il clima in cui Fplp seguirà impostazione e conclusioni prossimo processo Aquila e darà corso a decisioni che, mi dicono, già predisposte e tali da comportare gravi notevoli problemi al nostro Paese anche se Olp dovesse intervenire per evitarle”.