Via dalla pazza Londra

Ogni giorno, alle 18.30, alla vecchia stazione ferroviaria di Euston a Londra scoppia il caos. È la principale porta di accesso alle Midlands Occidentali, Galles e Scozia, collega la capitale con Manchester, Liverpool, Birmingham e Glasgow, in Scozia, ma non regge all’aumento dei treni ad alta velocità e gli utenti devono sopportare continue cancellazioni e cambi di orario. «La vede questa marea di gente che spinge e corre verso i binari?» dice a Panorama Francesca, consulente nella City, pendolare da una vita. «Ormai è da mesi che è così e peggiorerà. La situazione è insostenibile, ma il mio lavoro è qui, altrimenti me ne sarei già andata».

Welcome to London, da cui tutti scappano. Il racconto di Francesca è la parabola della capitale britannica oggi, in cui i disagi nei trasporti pubblici rappresentano soltanto la punta dell’iceberg di una crisi ben più ampia, che spazia dai prezzi altissimi delle case a una «gentrificazione» sempre più spinta che affama la media borghesia spingendola in zone sempre più distanti dal centro, fino a una criminalità spicciola che non risparmia neppure i quartieri residenziali di una città dove le ville di lusso a Chelsea si spartiscono il territorio con le tendopoli degli homeless, come raccontato anche da Panorama nei numeri scorsi. Se avete visitato una delle capitali europee più belle del mondo otto, nove anni fa, sappiate che adesso non esiste più. Sebbene il numero di residenti totali non sia sostanzialmente cambiato negli ultimi dieci anni - in base al più recente censimento del 2021, gli abitanti sono 8.799.800 con un’indicazione di crescita dello 0,74 rispetto al 2011 - i dati statistici raccolti e le cronache quotidiane fotografano una realtà profondamente mutata sia a livello locale sia nazionale, e un esodo mai registrato prima. A restare sono i lati opposti della «medaglia»: i più fortunati e quelli che non lo sono mai stati. Moltissimi migrano, chi può lascia del tutto la città, chi non può, ma non riesce a permettersi il quartiere di una volta, abbandona il centro. C’è chi lo fa perché dopo la Brexit e la pandemia, il Regno Unito e la sua capitale non sono più il bengodi del periodo ante referendum del 2016 e chi viene sospinto progressivamente nelle periferie-dormitorio della «Greater London», la cintura di sobborghi dove sempre più residenti si sono spostati perché i prezzi delle abitazioni e della vita in generale sono più accessibili. In dieci anni l’area metropolitana di Westminster ha perso il 6,9 per cento della sua popolazione, altre zone periferiche l’hanno vista aumentare anche del 13 per cento. Londra non sembra essere più la meta accogliente della Cool Britannia propagandata da Tony Blair, ma non è neppure diventata quella metropoli restituita ai suoi abitanti, promessa dai governi conservatori negli ultimi 14 anni. Per le famiglie è impossibile acquistare un’abitazione e i giovani single che lavorano in centro non riescono a permettersi più di una stanza in affitto in un casa condivisa. In aree ancora libere dalla piccola criminalità come Wimbledon, il costo mensile di una camera singola, in un appartamento occupato da una famiglia, si aggira intorno alle mille sterline, circa 1.200 euro.

«Sono stato anche fortunato a trovarne una abbastanza grande» spiega sollevato Michael, neolaureato in scrittura creativa e impegnato per un paio di mesi su un set cinematografico in Surrey, a 40 minuti di macchina da Wimbledon «di solito quelle che mi offrivano erano semplicemente un letto buttato nell’angolo del soggiorno di casa…». Le fotografie delle stanze improbabili, offerte nei sobborghi più appetibili sul sito Spareroom.co.uk, sono eloquenti. E noi che pensavamo che lo scantinato della casa della matrigna di Harry Potter, dove dormiva il futuro maghetto più famoso del mondo, fosse soltanto un’invenzione letteraria... Ovviamente non sono soltanto le stanze in affitto ad aver subito rincari, anche il costo della vita è aumentato molto di più in confronto alla media salariale, soprattutto dopo la Brexit. Secondo una ricerca di Cambridge Econometrics, le conseguenze del divorzio dall’Europa - che stanno emergendo con chiarezza soltanto negli ultimi due anni - per il cittadino londinese sono state decisamente peggiori che nel resto dell’Inghilterra. All’inglese medio l’uscita dall’Unione è costata, nel 2023, circa duemila sterline annue rispetto al 2022, al londinese 3.400, circa quattromila euro.

A una situazione residenziale difficile si aggiunge quella di una piccola criminalità dilagante che nessun governo è riuscito a contenere anche perché il numero degli agenti nelle forze di polizia è sempre più ridotto rispetto a un fenomeno in fortissima crescita. I casi più eclatanti di aggressioni al pubblico subite in pieno giorno davanti alle stazioni della metropolitana da parte di componenti di qualche gang oppure per mano di squilibrati finiscono anche sui siti dei media ufficiali, ma quelli riportati su portali minori come MyLondon e affini sono molti di più. Su Nextdoor.co.uk, che raccoglie le comunicazioni di chi abita nei singoli villaggi londinesi, offre uno spaccato di vita del centro della capitale e delle sue periferie che di certo i turisti non immaginano. Due settimane fa un uomo «intorno ai 60 anni» è stato bastonato a morte, tra le 8 e le 8 e 30 del mattino, di fronte a una scuola elementare di Richmond, proprio mentre i bambini stavano entrando nell’istituto. Immediatamente si è scatenato il tam-tam da tastiera tra le mamme della zona che si erano viste arrivare una mail da parte del preside, in cui si diceva che «se suo figlio ha assistito a quest’evento traumatizzante, abbiamo uno psicologo di sostegno».

Nel 2023 i crimini «da coltello» a Londra erano aumentati del 21 per cento e rimangono in rialzo anche per il 2024, anzi aree suburbane come Croydon, già definita «la zona più pericolosa della capitale», sono tormentate da una vera guerriglia, con zone off limits, infestate dalle gang. Ma l’esodo delle famiglie è inevitabilmente collegato anche a quello - molto più stutturale - delle tante aziende che, dopo pandemia e Brexit, si sono trasferite verso Paesi più accoglienti, dove si trova la manopera scippata ai londinesi dalle regole anti immigrazione imposte dopo il 2016 e dove l’incertezza per i futuri investimenti è meno pesante. Il sindaco della City, Sadiq Khan, alla guida della capitale anche sotto i governi conservatori, aveva previsto che l’uscita dall’Europa sarebbe stata una iattura. «Inutile nascondersi dietro un dito» spiegava quest’estate, commentando i dati della chiusura di centinaia di locali dovuta sia alla pandemia sia alla carenza di lavoratori nel settore dell’intrattenimento, «la Brexit non sta funzionando e ha conseguenze pesantissime su settori essenziali per la città». Per risollevare le notti di una città che va a dormire troppo presto - ormai durante la settimana tutti i ristoranti chiudono alle 23 e se si fa tardi non resta che mangiarsi un panino nei fast food - otto anni or sono il sindaco aveva assoldato come consulente l’influencer Amy Lamé, la «zarina della notte», che ha gettato la spugna proprio un mese fa, dopo aver portato a casa uno stipendio annuo di 132 mila sterline, ma scarsissimi risultati. Le industrie del settore scommettono piuttosto su città quali Bristol, nell’ovest dell’Inghilterra, affollate di ventenni e trentenni, che la preferiscono per i locali vecchi e nuovi alla noiosa Londra o le risorte Manchester e Liverpool, più vivaci e divertenti, sicuramente meno care.

I dati raccolti sul campo rivelano che qui la vita notturna è di gran lunga molto più attiva e prolungata di quella londinese, ormai riservata a una striminzita quota di anzianotti benestanti che si accontentano di sorseggiare un gin nel vecchio club cittadino, aperto ora anche alle signore, o di tornare a casa presto, dopo una cena veloce post teatro. Intendiamoci, Londra rimane una delle metropoli più visitate al mondo, ma il suo indice di produttività decennale è 0,2 per cento, contro l’1,4 di New York e la percezione (alimentata dalle offerte differenziate sui siti delle compagnie di voli low-cost) che persino i visitatori comincino a disertarla a favore di mete europee dove, per arrivare, non servono né passaporto né impronte biometriche come Parigi, Amsterdam, la stessa Roma, è tangibile. Londra non è l’Inghilterra, si dice per spiegare che la capitale è un mondo a sé e non rappresenta tutte le anime di questo Paese. Ma è lei ad averlo reso grande. Per riportarlo a galla, bisogna cominciare da qui.

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