Lifestyle
November 30 2012
Loro Piana, azienda nata nel 1924 per produrre tessuti di alta gamma, è oggi uno dei marchi più lussuosi del made in Italy, percepito in tutto il mondo allo stesso modo in cui noi lo conosciamo: abbigliamento “casual”, esclusivo e low profile, nonostante mercati e clienti stiano rapidamente cambiando gusti e latitudini. L'80% della proprietà, a sopresa e smentendo le voci di chi immaginava uno sbarco in borsa, è stata appena ceduta al gruppo Lvmh per 2 miliardi. Il restante 20% passerà di mano entro tre anni. La famiglia resterà alla guida proprio per garantire la continuità di gestione, per evitare che il prestigio passi di mano.
Noi avevamo incontrato Pier Luigi Loro Piana quando ancora il passaggio in mani francesi sembrava lontano.
L’immersione nel mondo sottilmente sofisticato della maison Loro Piana inizia alle 9 del mattino a un tavolino dell’albergo della caraibica Virgin Gorda, dove il dottor Pier Luigi pernotta qualche giorno con famiglia e amici. L’occasione è la terza edizione della Loro Piana superyacht Regatta, organizzata alle Isole Vergini britanniche con lo Yachting Club Costa Smeralda, che qui ha aperto un’importante dependance. Di bianco vestito, con signorile semplicità, accoglie le visite della stampa mentre la moglie Laura, a poca distanza, segue personalmente il placement della cena che si terrà in serata e il figlio Franco saluta per precedere il padre al timone della regata.
Loro Piana è oggi uno dei marchi più lussuosi del made in Italy, percepito in tutto il mondo allo stesso modo in cui noi lo conosciamo: abbigliamento casual, tanto esclusivo quanto low profile, nonostante mercati e clienti stiano rapidamente cambiando gusti e latitudini. La sensazione, rispetto a un brand tanto understatement, è quasi quella che sia il cliente a doverlo andare a cercare, piuttosto che il contrario. "È vero solo in parte" racconta Pier Luigi Loro Piana, amministratore delegato dell’azienda insieme al fratello Sergio, con cui alterna, ogni tre anni, anche la carica di presidente. "La nostra è una comunicazione che non si vede ai più: facciamo in modo di esserci dove ci interessa, tra le persone che ci capiscono e conoscono. Ci sta a cuore puntare a un ritorno molto mirato".
Ecco dunque perché la famiglia ha scelto di sponsorizzare eventi elitari come le regate a Porto Cervo e Virgin Gorda, o il Concorso Ippico di Piazza di Siena, a Roma: "Sono realtà in cui lo sport si pratica davvero. È come se creassimo un club esclusivo intorno agli amanti di queste due discipline. Spettatori e partecipanti, quasi sempre clienti, sono professionisti che conoscono tutte le regole del gioco". Dentro e fuori la gara.
"Il mondo, negli ultimi anni, è molto cambiato", prosegue, "nessuno va più a messa la domenica in giacca e cravatta, né parte per il weekend vestito come per un consiglio d’amministrazione".
E aggiunge: "Per questo, negli anni 90 ci siamo inseriti nel settore dell’abbigliamento casual e sportivo, dove esisteva un grande vuoto, tecnicizzando e innovando capi e materiali classici. Il nostro scopo è unire tecnica ad eleganza". Spiega: "Non vogliamo essere alla moda, né produrre capi che possano mai diventare riconoscibili. I fenomeni stagionali stufano velocemente, come accadde, alcuni anni fa, con la celebre e adorata giacca Barbour che tutti avevamo e tutti ci siamo tolti".
Mentre racconta, tasta i suoi vestiti, gesticola e spiega che ogni tessuto messo in commercio viene personalmente provato, nella vita quotidiana e anche in barca, come sta facendo, con tutto il suo equipaggio, in questi giorni di gara. "Le mie regate sono laboratori continui: la cerata che utilizzo abitualmente, in lana e seta, è frutto di tanti anni di esperimenti".
Appassionatissimo di mare e vento, sostiene che la vela sia il più selezionato dei contesti sportivi: "Questo ambiente è essenziale e senza fronzoli, si vince attraverso la ricerca colta di soluzioni tecniche ben calibrate e poche parole". Nel suo team, nel ruolo di tattico, vanta, per l’occasione, nientemeno che Francesco De Angelis, suo vecchio amico prima ancora di diventare il timoniere di Luna Rossa.
Nel frattempo, tra una bolina e l’altra, il mercato cambia. Il mondo è più grande, i ricchi hanno nuovi gusti e sono altrove, come testimonia la scelta del principe Karim Aga Khan di aprire qui, nel mare dei Caraibi, una sede dello Yachting Club Costa Smeralda, da lui fondato e presieduto. Loro Piana però non ha paura che i nuovi clienti possano volere altri prodotti: "Non cambieremo stile. Anzi, ciò che è elegante per noi lo sta diventando per nuovi mercati importanti, come Cina e Russia: sono molto più rapidi a comprendere il lusso di quanto non lo siano i consumatori europei".
La qualità, insomma, continua a fare la differenza. "Non si creda che l’eleganza, come noi la intendiamo, sia un concetto solo europeo: i nuovi clienti la riconoscono e si fidelizzano rapidamente». E racconta come la più grossa rivelazione sia arrivata da Hong Kong: "È stato un ingresso timido, per testare un mercato che credevamo difficile, anche per via del loro clima; in pochi anni, invece, abbiamo aperto cinque negozi che danno grandi soddisfazioni".
La Cina compensa dunque l’assestamento vissuto dal mercato europeo, tuttavia ancora il più importante per un’azienda che nel 2012 ha registrato un fatturato di 630 milioni di euro, con un aumento del 13 per cento sul 2011.
"Le nuove regate punteranno quindi verso i mari asiatici e sud americani, dove dobbiamo iniziare a presentarci" anticipa Loro Piana. I piani per organizzare gare veliche in Cina, avviati già nel 2006, non sono ancora stati definiti; per quanto rigurda il Brasile, invece, è quasi chiusa la trattativa: "Ci hanno contattato da Rio de Janeiro per sponsorizzare una regata da quelle parti e direi che siamo a buon punto...".
Nuovi mari, altri viaggi. Mentre parla, il dottor Pier Luigi si appassiona si diverte, si emoziona. Il piglio del manager si sovrappone a un certo fascino da esploratore. Come quando racconta del suo viaggio in Myanmar, nel 2010, alla scoperta del fiore di loto. "Un colto amico giapponese mi regalò un taglio di questo tessuto, morbidissimo e mai conosciuto prima, fatto con i fili del fiore di loto, che cresce sul lago Inle in Birmania". Loro Piana, con la moglie, partì alla ricerca di questi pochi artigiani tessili, custodi di un segreto antico e mai sviluppato: "Li ho praticamente adottati. Oggi sono diventati una piccola comunità produttiva che fila in esclusiva per noi". Ogni partita arriva poi in Italia, dove vengono realizzati tutti i capi del gruppo. Sull’argomento, l’industriale si scalda. "In tanti, per tanti anni, abbiamo lavorato duro per consolidare l’immagine di ciò che viene fatto nel nostro Paese: guai a chi lo abusa e svilisce con prodotti non all’altezza della qualità e dello stile che abbiamo l’onore ma anche l’onere di rappresentare".
Si coglie la passione dell’uomo: certamente quella dell’imprenditore a capo di 2.533 dipendenti, ma anche e soprattutto quella di chi sa di essere la sesta generazione di un’azienda dal fortissimo imprinting familiare. "Se ne sono dette di tutti i colori su queste realtà, tipicamente italiane, ma sono convinto che essere al comando di qualcosa che ti appartiene sia un vantaggio che dà maggiore motivazione". Quanto al futuro dell’azienda, oggi in mano a lui, al fratello e alla sorella, dice: “Stiamo verificando le diverse attitudini di ognuno dei nostri figli, tutti di età diverse, per valutare chi e come potrà partecipare a gestire il successo del gruppo”. Poi conclude: "La finanza e l’organizzazione si possono comprare pagando i migliori manager, ma l’amore per una storia che è la tua non si trova sul mercato".
Le cose, purtroppo, sono andate in modo diverso. Ma chi lo ha conosciuto sa che non sono stati solo i soldi dei francesi
a fargli cambiare rotta.