Economia
April 03 2018
"La promozione dell'inclusione sociale e la lotta alla povertà rappresentano uno degli snodi fondamentali di qualsiasi programma di governo. L'Italia ha bisogno di un sostanziale cambio di passo dopo un quinquennio di sperimentazioni culminate nel Rei e nel primo piano di interventi contro la povertà. Il cambio di passo deve consistere in una strategia più complessa, che parta da una analisi fine della sua dimensione e delle sue caratteristiche e individui successivamente non un solo intervento ma un mix di interventi, perché oggi la povertà colpisce differenti fasce sociali del nostro Paese".
A parlare è Paolo Reboani, esperto di lavoro e welfare, dirigente generale al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con compiti di analisi, studio e consulenza, intervenendo nel dibattito sulle misure per la lotta alla povertà di LabItalia.
Secondo Reboani, che in passato è stato anche presidente di Italia Lavoro nonché consigliere economico di numerosi governi, "in un quadro politico complesso quale quello che ci ha restituito la consultazione elettorale, è d'obbligo vedere possibili punti di convergenza su singole politiche”.
"La ricomposizione della frattura sociale dell'Italia e il recupero al lavoro e alla società dei quasi 13 milioni di persone che vivono in uno stato di povertà deve rappresentare una delle priorità di azione del nuovo governo sul lato economico, insieme alla riduzione della tassazione e a uno strutturale abbassamento del costo del lavoro. Ecco perché - osserva Reboani - il solo reddito di cittadinanza non è sufficiente e anzi rischia di produrre forti disincentivi al lavoro, di cui al momento non si sente il bisogno, e una poco efficiente distribuzione delle risorse. Inoltre, così come per il Rei, non occorre dimenticare le complessità burocratiche e i costi amministrativi che questi interventi comportano".
"Alla luce di queste considerazioni - sottolinea - una strategia contro l'esclusione sociale deve prevedere certamente un sostegno al reddito, collegato all'obbligo di ricercare un lavoro per coloro che sono in povertà, sono senza lavoro e però possono lavorare. Un intervento che deve prevedere l'azione della rete pubblica di orientamento al lavoro così come quella delle agenzie private e il fattivo contributo dei sistemi di welfare locale".
"In contemporanea, occorre disegnare un'azione di assistenza (sanitaria, economica e sociale, anche abitativa) per gli anziani, le persone in difficoltà coloro che non possono più lavorare. Questo intervento deve prevedere la stretta cooperazione tra il sistema pubblico di welfare e il sistema privato di rete di volontariato e assistenza", aggiunge.
"Inoltre, è necessario un intervento di assistenza sociale, anche di carattere alimentare, per le povertà estreme, quelle che popolano le nostre periferie più degradate, dove l'intervento pubblico si è progressivamente ritirato e solo è rimasto il volontariato, cattolico o laico. Le esperienze, efficienti, sul territorio non mancano, come il Reddito di autonomia della Lombardia, e le suggestioni della campagna elettorale sono state numerose", sostiene l'esperto.
"In campagna elettorale - ricorda Reboani - si è molto evidenziato il tema delle coperture, di quanto costa un intervento di questo tipo e dell'impatto che può avere sui conti pubblici. Giuste considerazioni che devono essere tenute in conto nell'elaborazione di una strategia siffatta. Nondimeno, è altrettanto doveroso sottolineare che un intervento sulla povertà, proprio per le dimensioni che affronta, rappresenta una politica strutturale e un investimento di lungo periodo per il Paese".
"Si tratta di un importante concetto di investimento sociale - dice - che può essere utilmente elaborato e di cui anche l'Unione europea deve tenere conto, particolarmente ora che sta elaborando le nuove linee del bilancio comunitario. Così come ne deve tenere conto la nostra contabilità pubblica. Peraltro, lavorando sul bilancio pubblico, risorse utili per la partenza di questa strategia possono essere trovate, di carattere strutturale, capaci di dare sostegno nel tempo. La paura dei disavanzi è necessaria ma non deve divenire un ostacolo quando si tratta di sviluppo e coesione sociale".
"Uno sforzo di questo tipo, però, necessita - avverte - di una struttura amministrativa diversa. L'Italia deve avere, in generale, una struttura di responsabilità politica e amministrativa che sappia produrre risultati e sappia rispondere alle attese dei cittadini. Anche qui, gli esempi sono differenti a livello europeo e pertanto si può ipotizzare la possibile creazione di una apposita figura ministeriale specificamente dedicata all'attuazione della strategia contro la povertà, eventualmente anche elevandola a rango di ministro, e ragionare sulla possibile scomposizione e ricomposizione di direzioni ministeriali".
"Non si possono più governare i fenomeni del XXI secolo con strutture che hanno le loro origini nel secolo precedente, soprattutto quando i bisogni, le fragilità e le opportunità del Paese sono mutate", conclude Reboani.